Titolo: Il padrone di casa.
Scrittore: Alberto Samonà.
Genere: psicologico, drammatico, epistolare.
Editore: Robin Edizioni.
Anno: 2008.
Voto: 3.5.
Dove lo trovi: qui.
La recensione di oggi si riferisce a un libro italiano, tanto nello scrittore quanto nella casa editrice: il primo è Alberto Samonà, e la seconda è Robin Edizioni.
Si tratta di un libro abbastanza corto (circa 140 pagine), che, pur piccolo come formato, si presenta bene d’aspetto.
Si presenta bene anche l’eloquio dell’autore, il quale, a un primo impatto, poi consolidato nel corso della lettura, mostra una buona capacità di linguaggio, anche se, in alcuni punti, mostra dei vistosi errori, gravi sia per chi scrive, sia per chi (non) corregge.
Ad esempio: “un eco lontano”, “il novantanove per cento dei miei comportamenti sono”, “ti accennerò di un’altra esperienza”, “si sono fatti simpatia”, pronomi personali messi male, virgole messe male, etc.
Quello che stupisce, peraltro, è la presenza di tali errori pacchiani all’interno di un testo linguisticamente molto curato.
Tuttavia, si tratterebbe di un peccato veniale, se non fosse accompagnato dal principale difetto del libro: è noioso.
Il padrone di casa, in sostanza, è un romanzo epistolare composto da dodici lettere, che il protagonista, un esimio studioso di esoterismo, religioni e filosofie, sull’orlo di una sorta di crisi esistenziale indirizza a una sua amica lontana, tale Anna, al ritmo di una al mese.
In tale missiva mensile, egli le racconta i suoi pensieri e gli eventi che scandiscono la sua vita.
Più i primi che non i secondi, a dire il vero, posto che il tutto assume una dimensione molto razionalizzante, e al contrario poco orientata sia al fare (azioni per migliorare la propria vita) che al sentire (esperienze di tipo estatico-spirituale).
In pratica, per tutte le dodici lettere non si fa che assistere al monologo del protagonista, discorso privo peraltro di concetti importanti… curiosamente, il romanzo somiglia a ciò che il protagonista critica della sua vita: il vuoto ricoperto da una vacua e patinata apparenza.
Al poco o nullo divertimento della lettura si aggiungono anche degli stati d’animo molto negativi… e inoltre ci si chiede quanto sia realistico che una persona scriva per un anno intero ad un’altra che non si degna di risponderle, come per l’appunto fa Anna.
La quale, peraltro, dopo un anno lo fa, scrivendogli esattamente quello che ho pensato io durante le 140 pagine: "le tue sono masturbazioni mentali prive di senso, tanto i giudizi su te stesso, quanto quelli sugli altri".
Impossibile non vedere l'ironia paradossale della cosa.
Insomma, Il padrone di casa di Alberto Samonà non mi è piaciuto affatto: come romanzo d’intrattenimento non è valido, perché non intrattiene ma annoia, mentre come libro di sviluppo personale o di ricerca spirituale manca totalmente di spunti utili.
Il suo autore comunque scrive bene, per cui potrebbe risultare più efficace con qualche altro genere.
Fosco Del Nero
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