Il cammino del mago

Titolo: Il dominio della regina (A feast for crows - Book fourth of a song of ice and fire).
Scrittore: George G. Martin.
Genere: fantasy, epico.
Editore: Mondadori.
Anno: 2005.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Se devo essere onesto, gli ultimissimi romanzi de Le cronache del ghiaccio e del fuoco mi stanno piacendo meno dei primi della (fortunata) saga di George Martin, e forse questo Il dominio della regina, che è l’ottavo libro, è quello che di tutto il lotto mi è piaciuto di meno.

Come sempre, preciso peraltro che la numerazione italiana non è la medesima originale, visto che la Mondadori ha scelto di dividere in due o persino in tre parti i romanzi di Martin e pubblicarli così “scomposti”; scelta discutibile, è chiaro, ma tant’è.

Forse è anche questo a giocare un ruolo negativo nel livello di coinvolgimento del lettore, che magari da un lato si trova “in medias res”, o dall’altro vede interrotte le vicende sul più bello (laddove lo scrittore non le aveva interrotte affatto).

Ad ogni modo, veniamo a Il dominio della regina, romanzo del 2006: nonostante la morte del re adolescente Jeoffrey e del reggente Tywin Lannister (delle quali entrambe peraltro è stato accusato Tyrion, rispettivamente figlio e zio), le cose sembrano mettersi bene per casa Lannister, soprattutto grazie alle alleanze con Alto Giardino e con Dorne.

I vari pretendenti al trono di spade, difatti, sono tutti morti (Robb Stark, Renly Baratheon, Balon Greyjoy) o comunque deboli e lontani (Stannis Baratheon, Daenerys Targaryen).

Tuttavia, nuove macchinazioni e nuove alleanze rimettono tutto in gioco, rimescolando le carte come tipico di George G. Martin e delle sue Cronache del ghiaccio e del fuoco.

Da segnalare inoltre che in questi ultimi episodi, questo in particolare, lo scrittore introduce nuovi punti di vista, sia perché alcuni protagonisti erano morti, sia perché Martin si concentra ora su questo, ora su quel personaggio (ce ne sono tanti persino tra i principali, mentre i secondari nemmeno si contano, tanto che l’appendice finale con tutti i personaggi è lunga svariate decine di pagine!)… e magari anche per introdurre nuove “scenografie” (come le Isole di Ferro o la stessa Dorne).

Alla fine della fiera, i punti di vista-personaggi prevalenti sono Samuel, Cersei, Jaime, Brienne, mentre gli Stark, partiti con i galloni di buoni, sono quasi del tutto fuori gioco, perché deceduti (Ned e Robb sono morti, Catelyn quasi) o perché fuori scenario (Arya, Sansa, John, Bran, Rickon, per non parlare di Catelyn, che forse è sia fuori scenario sia morta…).

Insomma, con Martin di sicuro non ci si annoia, ma la mia sensazione è che Il dominio della regina, prima parte del quarto romanzo originario, non sia la sua produzione migliore.

Il giudizio sull’intero ciclo fantasy finora tradotto in italiano tra l’altro non tarderà ad arrivare,visto che ormai mi manca solo un libro, ossia L’ombra della profezia.
E devo sottolineare che non di tutti gli scrittori si arriva a leggere l’ottavo libro di una serie letteraria, per cui onore a George Martin e alla sua capacità di trascinare il suo lettore nel suo mondo fantstico.

Fosco Del Nero


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Titolo: L’amore qualunque cosa significhi (Whatever love means).
Scrittore: David Baddiel.
Genere: commedia, sentimentale, drammatico.
Editore: Barbera Editore.
Anno: 1999.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


La recensione odierna è dedicata a un libro che attendevo con ansia di leggere: L’amore qualunque cosa significhi.

Un po’ il titolo e un po’ la copertina rosata con in bella vista un’immagine fumettosa di una ragazza darebbero a intendere che si tratti di una commedia femminile in stile I love shopping (genere che peraltro mi diverte molto), mentre si tratta al contrario di una commedia al maschile, sia perché chi la ha scritta è un uomo, sia perché l’impronta è molto maschile.

Anzi, a dirla tutta l’autore del libro è David Baddiel, di cui avevo già recensito l’esilarante È ora di dormire, che non avevo esitato a definire una sorta di I love shopping al contrario, ossia una commedia brillante assolutamente al maschile, per l’appunto.

Ergo, mi attendevo da questo suo nuovo libro, che segue di tre anni il precedente (tra l’altro, David Baddiel è molto noto nei paesi anglosassoni per via di alcuni show televisivi di successo), un prodotto molto simile…

… trovandomi in questo assai deluso.

Difatti, L’amore qualunque cosa significhi, pur non disdegnando alcuni spunti ironici, mantiene un profilo più basso, meno da commedia brillante e più da romanzo sentimentale, fino ad arrivare in pieno nel genere drammatico nella parte finale del libro, assolutamente triste.

Ad ogni modo, ecco in sintesi la trama di L’amore qualunque cosa significhi: Joè è sposato da tempo con Emma; i due, molto felici in passato, stanno attraversando un periodo di crisi, tanto che lei finisce per cominciare una relazione con Vic, il migliore amico di Joe.
Il quale, da canto suo, una notte finisce nel letto di Tess, la ragazza di Vic.

I rapporti tra di loro si intrecceranno in modo bizzarro, e sfortunatamente molto triste...

Come detto, mi attendevo una cosa e ne ho avuto un’altra, e questo è colpa non dello scrittore, ma di chi ha confezionato il prodotto (copertina, commenti, quarta di copertina, etc).

Il libro in sé può certamente essere apprezzato, magari soprattutto da chi ama drammi e storie intense, pur non disprezzando ogni tanto qualche puntata di ironia, visto che David Baddiel ce l’ha nel sangue (e per questo ho adorato È ora di dormire!).

Da sottolineare inoltre che chi ama Londra e la cultura inglese troverà molti riferimenti alla vita di quelle latitudini (musica, tv, etc), al contrario incomprensibili per chi non ha tale esperienza personale.

Il mio giudizio finale sul romanzo è un 6 stretto, ben lontano dalla valutazione entusiastica di È ora di dormire, che sarà certamente il libro di David Baddiel che rileggerò in futuro (e difatti l’ho già letto più di una volta).

Fosco Del Nero


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Titolo: Il portale delle tenebre (A storm of swords - Book three of a song of ice and fire).
Scrittore: George G. Martin.
Genere: fantasy, epico.
Editore: Mondadori.
Anno: 2000.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


E siamo a quota sette.
Su nove, peraltro, quindi non mi è rimasto molto da leggere de Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George Martin, dal momento che ho già letto (e recensito) Il trono di spadeIl grande invernoIl regno dei lupi e La regina dei draghi e Tempesta di spadeI fiumi di guerra e, per l’appunto, Il portale delle tenebre.

Questo piccolo elenco già basterebbe a sottolineare come il ciclo fantasy di Martin mi sia piaciuto molto, e continui a piacermi, nonostante, dovendo essere sincero, gli ultimi due libri a mio avviso sono stati un poco inferiori ai precedenti.
Ma forse tale sensazione dipende anche dalla divisione arbitraria dell’editore italiano, la Mondadori, che ha scelto di suddividere i romanzi originari in due o tre parti; gli ultimi due libri che ho letto, difatti, erano in realtà la seconda e la terza parte del terzo libro originario.

Ad ogni modo, andiamo a vedere dove eravamo rimasti…
Dopo le morti di due dei suoi contendenti (Renly Baratheon e Robb Stark) e la sconfitta di un altor rivale (Stannis Baratheon), re Joffrey sembra ormai saldamente seduto sul suo trono di spade, come sempre assistito dalla madre Cersei e dal nonno Tywin.
Con lo zio Tyrion, invece, pare essersi creato un rapporto di rivalità.

Peraltro, l’alleanza con Frey e Bolton da un lato, e il matrimonio con Margaery Tyrell sembrano rafforzare in modo definitivo la posizione dei Lannister di Castel Granito, ma come sempre c’è qualche colpo di scena dietro l’angolo…

Colpi di scena che coinvolgono, come da trazione con George Martin, parecchi altri personaggi: Arya Stark, Sansa Stark, Bran Stark, John Snow, Daenerys Targaryen, Stannis Baratheon, etc.

Sfortunatamente, tra un libro e l’altro si sono persi parecchi personaggi principali, che Martin aveva caratterizzato talmente bene che, “buoni” o “cattivi” che fossero, fa comunque dispiacere perdere.
Anzi, è da sottolineare che lo scrittore americano è talmente bravo a caratterizzare i personaggi che alcuni tra i più interessanti figurano proprio tra le fila dei cattivi.

Anzi, il tutto è talmente tanto intrecciato e interconnesso che si perde ben presto la contrapposizione di partenza buoni-cattivi e si finisce per seguire le vicende del singolo personaggio e del singolo punto di vista.

Altro elemento notevole di Martin è proprio il saper utilizzare uno stile narrativo assai differente a seconda del punto di vista specifico, e ne vengono usati parecchi, tanto che a tratti pare di leggere diversi testi, o comunque diverse “memorie”, seppur della medesima storia.

La valutazione de Il portale delle tenebre o dei singoli altri libri (o parti di libro, come abbiamo detto) lascia comunque il tempo che trova, visto che, senza dubbio alcuno, Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George G. Martin sono un’opera fantasy-epica di grande spessore, assolutamente consigliata.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il volo del drago (Dragonflyight).
Scrittore: Anne McCaffrey.
Genere: fantascienza, fantastico.
Editore: Editrice Nord.
Anno: 1968.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Di recente ho provato a interrompere il monopolio delle mie letture di George Martin (con le sue Cronache del ghiaccio e del fuoco) con Abarat di Clive Barker, con risultati solo sufficienti.

Stavolta ci ho riprovato un classico della letteratura fantastica: Il volo del drago, romanzo con cui Anne McCaffrey ha inaugurato il Ciclo dei Dragonieri di Pern.

Si tratta peraltro di una scrittrice capace di vincere sia il premio Hugo sia il premio Nebula, ossia i due maggiori riconoscimenti in ambito fantascienza, e anzi la prima donna ad arrivare a tale traguardo.

Da sottolineare come il Ciclo dei Dragonieri di Pern sia stato poi estremamente prolifico, con ben diciotto romanzi e svariati racconti!

Ecco in sintesi l’ambientazione nella quale si svolge il tutto: il pianeta Pern è il terzo del sistema stellare di Rubkat, sistema con una particolarità, ossia un corpo celeste dall’orbita irregolare che si avvicinava a Pern solamente in determinati periodi, molto distanti tra di loro (curiosamente, è la stessa cosa che si dice adesso del nostro sistema solare, con un pianeta molto grande e dall'orbita trasversale che vi giungerebbe solo ogni svariate decine di migliaia di anni).

Tale corpo celeste, detto Stella Rossa, durante il suo passaggio lascia cadere su Pern una pericolosissima forma di vita, i Fili, capace di sterminare letteralmente la vita in una determinata area, rendendola aridissima e inospitale.

Il compito di distruggere i Fili durante le loro apparizioni spetta ai dragonieri e dei rispettivi draghi, concentrati in sei abitazioni-grotte, dette Weyr, deputate per l’appunto a difendere gli uomini e le loro fortezze.

I protagonisti della storia sono Lissa, l’erede della fortezza di Ruatha, e F’lar, dragoniere di grandi capacità, aventi peraltro un rapporto un po' conflittuale, con i conflitti sociali che peraltro rivestono un ruolo assai importante nella narrazione (conflitti tra persone, tra gruppi sociali, tra diverse fortezze, etc).

La parola draghi evoca subito atmosfere fantasy, ciononostante Il volo del drago di Anne McCaffrey tecnicamente è un libro di fantascienza, che peraltro avevo sentito accostare a Eragon di Christopher Paolini per via del rapporto quasi simbiotico tra il drago e il suo cavaliere.

Le somiglianze si fermano qui, però, dato che per il resto Eragon è decisamente più parente de Il signore degli anelli che non de Il volo del drago, romanzo che inaugura a dovere un ciclo e si fa leggere con piacere, avendo dalla sua una buona ambientazione, una buona caratterizzazione dei personaggi e qualche spunto interessante, anche se di difficile maneggevolezza (come quello dei viaggi nel tempo).

Anne McCaffrey, tuttavia, non mi ha catturato appieno, perdendo la sfida col “rivale” Martin, e anche, ad essere onesto, con Paolini, il cui Eragon mi aveva coinvolto maggiormente (come il suo seguito, Eldest, naufragando però nel terzo libro, Brisingr), tanto che dubito che, almeno per il momento, proseguirò la lettura della saga fantastica.

Rimane comunque il fatto che Il volo del drago di Anne McCaffrey è un classico della fantascienza, e non a caso, e che vale certamente la pena leggerlo, specialmente se si è appassionati del genere (e se nel mentre non si stanno leggendo le Cronache del ghiaccio e del fuoco di George Martin).

Fosco Del Nero


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Titolo: I fiumi della guerra (A storm of swords - Book three of a song of ice and fire).
Scrittore: George R. R. Martin.
Genere: fantasy, epico.
Editore: Mondadori.
Anno: 2000.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Con I fiumi della guerra siamo a quota sei, dopo Il trono di spadeIl grande invernoIl regno dei lupi e La regina dei draghi e Tempesta di spade.

Mancano ancora Il portale delle tenebre, Il dominio della regina e L’ombra della profezia, e dopo avrò finito i libri de Le cronache del ghiaccio e del fuoco finora tradotti in italiano.

Nell’ultimo romanzo, le vicende belliche sembrano prendere decisamente una certa piega per i Sette Regni, e decisamente a favore dei Lannister, posto uno dopo l’altro cadono tutti i principali nemici del Leone.

Gli Stark, in particolare, continuano a soffrire, chi per una ragione e chi per l’altra (Arya sempre itinerante, Sansa sempre prigioniera a corte, Bran sempre alla ricerca di un posto sicuro, mentre Robb da un lato e Jon dall’alto continuano a combattere le loro difficilissime guerre).

Come il volume che lo aveva preceduto, ma in generale come ci ha abituato George Martin, anche I fiumi della guerra ci mostra tanto azione quanto diplomazia e intrighi di corte, e anzi questi ultimi sono persino superiori, mostrandoci tutta una serie di ingegni maligni votati all’inganno e alle sottili macchinazioni.

Lo stile narrativo è anch’esso il medesimo (se si eccettua una traduzione leggermente differente dai precedenti libri e un po’ troppo piena di termini come “berciare”, “aye”, “putacaso”, prima invece del tutto assenti), davvero incalzante e rapinoso come promette la quarta di copertina, somma di svariati punti di vista utili a dare al lettore un’ampia visione della situazione, nonché ad offrirgli un’ampia gamma di scelta su quale schieramento o singolo personaggio tifare.

Impresa veramente ardua, visto che Martin è talmente bravo a calarci nel punto di vista del singolo protagonista che si finisce quasi inevitabilmente per simpatizzare con esso (persino con presunti cattivi come Tyrion o Jaime Lannister), e che, in fin dei conti, gli interessi di uno sono quasi sempre contrapposti agli interessi dell’altro, che ovviamente non potranno tutti concretizzarsi.

E non lo faranno, anche perché con Martin nulla è scontato, e agli stessi protagonisti, persino ai principali, può capitare qualcosa di brutto…

… anzi, a dirla tutta finora sono morti più buoni che cattivi, altro segno di grande maturità dello scrittore, che ha il coraggio di procedere per la sua strada senza guardare in faccia nessuno, laddove al contrario potrebbe optare per un più facile lieto fine.

Di lieto però ne Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George Martin c’è poco.
In compenso la saga fantasy-epica è pregna di passione, avventura, astuzia, diplomazia, violenza… ma anche sangue, magia, orrore.
Se vi piacciono questi ingredienti, allora comprate Martin senza indugio.

Fosco Del Nero


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