Il cammino del mago

Titolo: Invasione anno zero - dell’invasione 1 (In the balance - Worldwar series 1).
Scrittore: Harry Turtledove.
Genere: fantascienza, ucronia.
Editore: Editrice Nord.
Anno: 1994.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Oramai molti anni fa avevo letto il Ciclo della Colonizzazione di Harry Turtledove, una quadrilogia di romanzi che vede come scena il pianeta Terra e la difficile convivenza tra gli esseri umani e la cosiddetta “razza”, una specie rettile la quale in precedenza aveva invaso il pianeta, convinta di conquistarlo e colonizzarlo facilmente, salvo poi scontrarsi con la resistenza umana.

Al tempo, quando lessi la quadrilogia di Colonizzazione, sapevo che c’era stata una precedente quadrilogia, quella di Invasione, che non avevo mai letto e il cui primo romanzo recensisco quest’oggi.

Il titolo del suddetto libro, pubblicato nel 1994, è Invasione anno zero.
Ecco la sua trama sommaria: durante lo svolgersi della Seconda Guerra Mondiale, quando gli esiti dello scontro erano ancora incerti, una razza aliena invade il pianeta Terra con lo scopo di conquistarlo e di sottomettere l’intera umanità, facendola entrare nel suo Impero.
Il conflitto bellico, alleanze e inimicizie, perde immediatamente di significato e gli esseri umani iniziano a lottare contro quel nemico comune… pur con qualche eccezione alla regola.

La “Razza”, come essa definisce sé stessa, è una specie di rettili alti circa un metro e mezzo, fisicamente meno forti ma tecnologicamente più avanzati rispetti agli esseri umani… tuttavia il divario avrebbe dovuto essere assai più netto: gli alieni, una razza metodica e precisa ma assai lenta nell’evoluzione e nei cambiamenti, si aspettavano di dover liquidare rapidamente una civiltà basata ancora sulle armi bianche, e non una serie di nazioni ben strutturate, ben armate e capaci di apprendere velocemente dalla tecnologia nemica.
Nonostante vi sia ancora una certa superiorità in favore dei rettili, dunque, gli umani ovunque vendono cara la pelle…

… e Harry Turtledove è particolarmente bravo a disegnare una sorta di mosaico narrativo composto da tante singole immagini, provenienti da numerose zone del mondo, compresa la “zona” dei rettili, per cui si finisce persino per provare simpatia (praticamente per tutti!), com’è sempre quando un buon narratore descrive con sagacia un certo punto di vista.

Invasione anno zero peraltro propone anche alcuni personaggi storici, come Churchill, Molotov e Hitler, ma propone soprattutto personaggi comuni, di varie età e culture, che affrontano a loro modo la questione dell’invasione.

Il libro conta circa 530 pagine ed è dunque piuttosto abbondante, come lo sono tradizionalmente i romanzi di Turtledove, ma si legge facilmente e con piacere… altra cosa tipica dei buoni narratori.
Anche se, a dir la verità, forse avrei potuto risparmiarmi questo romanzo e questo primo ciclo; non tanto perché sapevo già cosa sarebbe successo (non nei dettagli, ma grossomodo), quanto perché i libri di Turtledove, per quanto ben scritti, tendono ad assomigliarsi parecchio… almeno quelli dei suoi cicli di fantascienza ucronica dedicati agli alieni della “Razza”.

Tutto ciò detto, la valutazione di Invasione anno zero è discreta/buona.

Fosco Del Nero


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Titolo: Donna per caso (The accidental woman).
Scrittore: Jonathan Coe.
Genere: commedia.
Editore: Feltrinelli.
Anno: 1987.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


Fino a questo momento avevo letto un solo romanzo di Jonathan Coe, ossia I terribili segreti di Maxwell Sim; quest’oggi bisso con Donna per caso.

Se I terribili segreti di Maxwell Sim mi era piaciuto in modo più netto, tanto da guadagnarsi una buona valutazione (qua da me 7 è un ottimo voto), Donna per caso non ottiene il medesimo buon esito, fermandosi a un più moderato 6: la sufficienza è conquistata, ma di stretta misura, e senza entusiasmare mai…

… un po’ come la protagonista del libro.

Andiamo dunque alla trama sommaria di  Donna per caso, libro del 1987 che mi pare sia il romanzo d’esordio di Coe, allora dunque autore meno esperienziato rispetto a quello incontrato ne I terribili segreti di Maxwell Sim: Maria è una ragazza che avrebbe tutti i numeri per sfondare in ogni ambito, visto che bellezza, intelligenza ed educazione non le mancano. Tuttavia, vive la vita in un modo stranamente abulico, senza desideri né passioni, praticamente lasciandosi andare, come una sorta di spettatore poco interessato. Questo in ogni ambito, relazioni sentimentali e sessuali comprese.

Peraltro, il personaggio di Maria non è l’unico elemento originale del testo, visto che il narratore si mette in mezzo quasi fosse un personaggio della storia, con numerosi commenti, a tratti simpatici, a tratti utili solo a sospendere la partecipazione del lettore alle vicende del narrato.

Tolti questi due elementi, di discreta originalità ma non certo imperdibili, in  Donna per caso non c’è nulla di interessante: personaggi ed eventi sono solo un contorno utile a descrivere l’abulia di Maria e, per quanto il romanzo, un romanzo breve di circa 120 pagine, sia ben scritto, rimane essenzialmente una cornice ben fatta con un soggetto curioso ma, come detto, affatto imperdibile.

In effetti, forse la valutazione sufficiente è finanche generosa…

In conclusione, Jonathan Coe  si conferma autore interessante e originale (anche ne I terribili segreti di Maxwell Sim vi erano trovate originali, e maggior vivacità e umorismo, se ricordo bene), ma  Donna per caso vien messo da parte. 

Fosco Del Nero


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Titolo: Appuntamento con la M.O.R.T.E. - Dimensione avventura 4 (Appointment with F.E.A.R.).
Scrittore: Steve Jackson.
Genere: librogame, supereroi.
Editore: E.L.
Anno: 1985.
Voto: 8.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Ritemevo già Steve Jackson il miglior autore di librogame per via di quel capolavoro che è la collana di Sortilegio, e ancora non conoscevo altri suoi librogame di spessore: da piccolo avevo giocato La rocca del male ma quel garbuglio sulla traduzione italiana me lo aveva sempre fatto guardare di sguincio, mentre non avevo mai giocato Appuntamento con la M.O.R.T.E., libro discretamente raro e anche costoso nel mercato dell’usato, il quale per l’appunto mi ha confermato il buon Jackson al primo posto assoluto.

Appuntamento con la M.O.R.T.E. è il quarto libro della serie Dimensione avventura, da lui ideata insieme a Ian Livingstone: il primo libro era per l’appunto La rocca del male, il secondo La foresta maledetta (di Livingstone, suppongo) e il terzo il I viaggiatori dello spazio (di Steve Jackson, ma meno riuscito di quello recensito ora).

Dopo I viaggiatori dello spazio, librogame appena decente, mi ero già accostato all’idea che Jackson rendesse bene solo nell’ambito del fantasy, quando mi ritrovo davanti ad Appuntamento con la M.O.R.T.E., che a dirla tutta per qualità tiene testa a Sortilegio e ai suoi quattro titoli, per quanto con stile e ambientazione completamente diversi.

Si passa dall’avventura fantasy al genere metropolitano dei supereroi, col protagonista della storia che è tale Falco d’Argento, supereroe in incognito di Titan City, alle prese con tanti lestofanti di seconda e terza fascia, ma anche con supercriminali (quelli dell’associazione M.O.R.T.E., che in realtà in lingua originale era F.E.A.R., ossia “paura”) i quali stanno progettando nientemeno che una sorta di colpo di stato globale (un tema abbastanza attuale, peraltro).

Ecco così che il protagonista dovrà districarsi tra la sua vita normale come Jean Lafayette, la sua vita da supereroe come Falco d’Argento, che impedisce rapine e furti, e la missione principale di sventare il suddetto colpo di stato.

Lo schema di gioco è molto semplice, e la linea direzionale degli eventi è univoca, ma con tante possibili diramazioni al suo interno, tanto che trovare “la retta via”, come da tradizione dei librogame di Steve Jackson, non sarà facile (a volte è persino impossibile, come nel caso de La rocca del male!).
Il che non è un problema, poiché il libro si fa leggere bene ed è molto rigiocabile.

Insomma, Appuntamento con la M.O.R.T.E. entra di diritto nel novero dei migliori librogame che ho mai letto.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il volto verde (Das grune gesicth).
Scrittore: Gustav Meyrink.
Genere: fantastico, grottesco, esoterico.
Editore: Adelphi.
Anno: 1917.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Di recente ho letto e recensito un romanzo di Gustav Meyrink: Il golem.
Dal momento che il primo esperimento è andato a buon fine, persino ottimo, propongo un altro suo libro: Il volto verde.

Ecco in grande sintesi la trama di quest’altro libro dello scrittore austriaco, altrettanto famoso quanto il primo recensito: siamo in Olanda, ad Amsterdam e, manco a dirlo, siamo al centro di eventi strani e bizzarri. Rituali vudu, aggressioni e assassinii, personaggi curiosi, oscillanti tra magia e conoscenze esoteriche. Il protagonista della storia è Fortunat Hauberrisser, un austriaco che ancora conosce poco la città olandese e che gira per negozi sconosciuti, ma che ha già qualche amico, come il Barone Pfeill. Nel giro di breve tempo, l’uomo s’avventurerà in una bottega contenente strani prodotti, la “Bottega delle meraviglie di Chidher Grün”, e in cui entrano altrettanto strani personaggi, come lo zulu Usibepi o il professor Arpád, uno slavo.
Di mezzo ci sarà anche una donna, Eva, di cui l’uomo si innamorerà perdutamente.

Tutto ciò, tuttavia, è solo la cornice; esattamente come ne Il golem, per quanto in modi assai diversi in quanto ad ambientazione, eventi e personaggi, il punto focale di quest'altro romanzo di Meyrink è il percorso interiore del protagonista, iniziazione dopo iniziazione. Obiettivo finale: addirittura l’immortalità. 
Quanto alla vita e alla sessualità terrena, quella non gli è nemmeno consentito consumarla; lo attende qualcosa di più: diventare un uomo dei due mondi, quello terreno e quello spirituale al contempo.

Un programma non da poco, che il lettore impreparato non potrà che mancare, per carenza di conoscenze di base o di concentrazione; di fatto, Il volto verde non è un libro per tutti…
… e ciò suppongo che valga per tutti i romanzi di Meyrink, i quali peraltro sono relativamente pochi.

In mezzo a tale ambizioso programma, tuttavia non scevro da picchi letterari e colpi di scena, numerosissime citazioni esoterico-spirituali, che a tratti arrivano persino a valanga, col rischio di lasciare annoiato il lettore non interessato a tali temi, abbacinato il lettore novizio e piacevolmente colpito il lettore più smaliziato e abituato alle discipline evolutivo-esoterico-spirituali.

Promossi Il golem e Il volto verde, nel blog, prima o poi, comparirà qualche altro libro di Gustav Meyrink; forse Il domenicano bianco o La notte di Valpurga

Fosco Del Nero


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Titolo: Stranalandia.
Scrittore: Stefano Benni.
Genere: fantasy, umoristico.
Editore: Feltrinelli.
Anno: 1984.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


Era da molto che non leggevo un romanzo di Stefano Benni, autore che in passato ho apprezzato molto a cominciare dal fantastico Terra!, per proseguire poi con i meno fantastici ma ugualmente godibilissimi EliantoIl bar sotto il mareBar sportLa compagnia dei Celestini e Saltatempo.

Deciso a leggermi qualcos’altro di suo, mi son preso un altro paio di suoi libri: uno è Stranalandia e l’altro è Baol.

Stranalandia, tuttavia, non è un romanzo, ma una sorta di esperimento di scrittura: il buon Senni si è immaginato un contorno letterario piuttosto agile, sotto forma di isola deserta piena di animali particolari, e poi lo ha riempito presentando di volta in volta le creatura che abitano nella suddetta isola di Stranalandia, a cominciare dall’unico essere umano, Osvaldo, talmente tanto unico ch’è anche l’unità di misura di tutto quanto.

Ogni descrizione, sempre piuttosto breve, è accompagnata da un’illustrazione, di discreta grandezza giacché il libro è stato stampato in un formato un poco più ampio del classico 14x11, utile a visualizzare la strana creatura di cui si parla.

Ecco così che il libro, di circa 100 pagine, di cui quasi la metà illustrate, si legge assai velocemente, in un paio di sedute; chi sta cercando un romanzo vero e proprio è dunque meglio che lasci perdere.
Chi invece sta cercando una lettura leggera e agile, può prendere in considerazione questo Stranalandia

… il quale è condito, ma non sarebbe neanche il caso di dirlo, del solito umorismo di Benni, oscillante tra ironia e satira sociale.
Certi animali, in effetti, son veri e propri atti d’accusa alla società odierna, per quanto atti d'accusa umoristici e leggeri.

Detto questo, Stranalandia non è certamente un testo imperdibile, né nello scritto né nelle illustrazioni, per cui i miei libri preferiti di Benni rimangono altri (Terra! al primo posto ed Elianto al secondo).

Fosco Del Nero


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Titolo: Galassia che vai (The great explosion).
Scrittore: Erik Frank Russell.
Genere: fantascienza.
Editore: Mondadori.
Anno: 1962.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Di Erik Frank Russell avevo letto Schiavi degli invisibili, un romanzo non molto noto in generale, ma che ha guadagnato una certa notorietà nel mondo esistenzial-spirituale per via del suo contenuto, il quale ricalcava la testimonianza di un medium di allora e che non si discostava poi molto dagli insegnamenti di Castaneda su volador e dintorni.

Per curiosità, mi sono procurato un altro romanzo di Russell, per vedere se si trattava di un caso isolato o se tutti i suoi testi, comunque testi di fantascienza, avessero dei contenuti “particolari”.

Il nuovo candidato è Galassia che vai, romanzo breve del 1962 più aderente ai canoni della fantascienza classica, visto che di mezzo ci sono colonizzazioni, viaggi interstellari e varie civiltà, ma che comunque non disdegna qualche puntatina nel mondo spirituale.

Ecco la sinossi: grazie alla cosiddetta propulsione Blieder, sono ora possibili i viaggi interstellari, tanto che l’umanità, alle prese con una certa sovrappopolazione, si disperde su vari pianeti. In verità, più che di civilizzazione si è trattato di condanna o di esilio di volontario di svariati gruppi dissidenti… i quali vengono poi lasciati a sé stessi.
Salvo poi, secoli dopo, andare a vedere che ne è stato di quelle antiche colonizzazioni. La spedizione terrestre, così, guidata da un ambasciatore ma con la protezione-scorta militare per ogni evenienza, si reca su quattro pianeti: un’ex colonia penale, un pianeta colonizzato da salutisti-naturisti, un altro colonizzato da musulmani e buddhisti e uno da seguaci della dottrina gandhiana.

Già la scelta dei gruppi originari fa ipotizzare uno svolgimento del testo in salsa satirica, come di fatto poi è.
Nel dettaglio, si rivelano assai interessanti alcuni scambi di battute e divergenze di opinioni tra quello che era il modo di pensare “normale” degli inviati terrestri e la deriva presa dalle varie civiltà… per larghi tratti molto più sana ed equilibrata della mentalità normo-terrestre, quantomeno in relazione sia al mondo salutista che a quello gandhiano.

Tanto che molti soldati, nella storia, diserteranno una volta visto che in un certo posto si viveva effettivamente molto meglio.

A testimonianza di quanto detto, copio un dialogo tra un terrestre e una donna del quarto pianeta visitato… un dialogo parecchio attuale, data la deriva che viceversa ha preso il nostro pianeta e la nostra “democrazia”.

“Intendo dire che molto probabilmente Gandhi è stato eliminato dai vostri testi di storia. Avrebbe potuto farvi venire idee pericolose. Così non potete sapere quello che non avete avuto la possibilità di studiare.”
“Vorresti dire che i testi di storia terrestri sono censurati? Non ci credo.”
“È un vostro diritto. Siamo liberi, no?”
“Fino a un certo punto”.
“Fino a quale punto?”
“Un uomo ha dei doveri. E non ha il diritto di rifiutarli.”
“No?”, lei inarcò le sopracciglia, “E chi definisce i doveri, lui stesso o qualcun altro?”
“In genere i suoi superiori.”
“I superiori”, disse lei con incredibile disprezzo, “Nessun uomo è superiore a un altro. Nessuno ha il diritto di definire i doveri altrui. Se sulla Terra qualcuno esercita questo potere impudente, è solo perché degli idioti, che amano la loro catena e baciano le loro manette, gliel’hanno permesso.”

Concluso questo dialogo-siparietto, vi saluto.
Se m’imbatterò in altri romanzi di Frank Russell, li leggerò.
La valutazione di Galassia che vai, pur non trattandosi di un romanzo imprescindibile, è discreta.

Fosco Del Nero


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Titolo: I viaggiatori dello spazio - Dimensione avventura 3 (Starship traveller).
Scrittore: Steve Jackson.
Genere: librogame, fantascienza.
Editore: E.L.
Anno: 1983.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


I viaggiatori dello spazio di Steve Jackson è il terzo librogame della serie Dimensione avventura, e segue La rocca del male (dello stesso Steve Jackson) e La foresta maledetta (di Ian Livingstone).

Se la collana è la medesima, la quale come noto tra gli appassionati è una collana di tipo generalista, con un regolamento di fondo condiviso ma ambientazioni e storie a sé stanti, senza che vi sia dunque una saga intera come ad esempio in Lupo solitario, in Sortilegio o in Oberon, i generi sono diversissimi tra loro: si è partiti con l’horror de La rocca del male, si è proseguito con il fantasy avventuroso de La foresta maledetta e ora si approda alla fantascienza con I viaggiatori dello spazio.

Una fantascienza largamente ispirata al modello di Star trek, occorre dire, con tanto di nave spaziale che scende sui vari pianeti, il comandante che di volta in volta per le varie discese si porta appresso lo scienziato, il medico o delle guardie e ovviamente svariati scenari, tanto di tipo naturale quanto di tipo culturale e tecnologico, con l’equipaggio della nave ansioso di ritornare nel proprio universo dopo che il malaugurato ingresso in un buco nero lo aveva trasportato in un altro universo…
… nel quale per l’appunto occorre indagare al fine di trovare informazioni utili al “ritorno a casa”.

In tutto ciò, I viaggiatori dello spazio propone un regolamento sì semplice, ma un poco diverso rispetto ai volumi che lo avevano preceduto, pur lasciando sempre ampio spazio alla scelta del lettore.

Da questo punto di vista va tutto bene, e anche la varietà di situazioni proposte è sufficiente.
Devo però sottolineare come il libro risulti poco brillante proprio in ciò che solitamente è il punto di forza di Steve Jackson, Sortilegio in primis, ossia l’ambientazione del narrato.
Forse il buon Jackson si trova più a suo agio con il genere fantasy che con quello fantascientifico, col tutto che risulta un po’ piatto e freddo.

Anche le illustrazioni, altro punto di forza di altre produzioni di Steve Jackson (la serie Sortilegio ma lo stesso La rocca del male), risultano qui un po’ insipide, tanto che il risultato finale de I viaggiatori dello spazio è un librogame che non arriva nemmeno alla sufficienza, o che al massimo la strapperebbe davvero risicata.
Al prossimo librogame di Dimensione avventura, che sia di Jackson, di Livingstone o di qualcun altro.

Fosco Del Nero


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Titolo: Tenebre - Le cronache di Corus 1 (Scepters).
Scrittore: L.E. Modesitt Jr.
Genere: fantasy.
Editore: Armenia.
Anno: 2004.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui


Dopo la parentesi con Il golem di Gustav Meyrink, sono tornato alla trilogia de Le cronache di Corus, di cui mi mancava l’ultimo libro.
Così, dopo Il talento di Alucius e Tenebre, ecco recensito anche Scettri.

I due romanzi precedenti si erano guadagnati delle discrete valutazioni… per fortuna, giacché avevo comprato in blocco tutta la trilogia di L. E. Modesitt Jr., spinto da alcuni pareri entusiastici trovati online.
La mia valutazione non è stata entusiastica, ma sufficientemente buona da completare la lettura della trilogia, da suggerirla a mia volta.

Cominciamo con la trama sommaria di Scettri: Alucius, il talentoso pastore del Nord è nuovamente chiamato all’azione, dapprima a sopprimere una rivolta nelle terre orientali, capeggiata da un misterioso profeta, poi a difendere Lanachrona a sud-ovest da un nuovo assalto della Matride, e infine a sbrogliare tutta la matassa degli Ifrit, i misteriosi abitanti di un altro mondo, ch’erano in verità già stati su Corus in passato, per via di alcuni collegamenti su cui Alucius dovrà indagare.
Nel mentre, la moglie Wendra aspetta un figlio, senza contare anche  i problemi che affliggono le Guardie del Nord, mal gestite dal Colonnello Weslyn.

Scettri ha una trama molto ricca, nella quale si sciolgono tutti i nodi intrecciati nel precedenti due volumi, nonché nell’abbrivio di questo; non a caso, il libro è nettamente più lungo dei suoi predecessori, con le sue 700 pagine: in verità, si tratta di un romanzo alquanto ponderoso, che per fortuna si legge bene sia perché è scritto bene, sia perché è interessante nel suo incedere.

In ciò, anzi, ho avuto sensazioni migliori rispetto al libro precedente, Tenebre, con cui invero avevo un po’ faticato, pur senza trovarlo sgradevole. 
Ma forse era solo il periodo ed è stata una cosa soggettiva; magari in futuro avrò l’occasione di rileggermi la trilogia de Le cronache di Corus. In ogni caso, L. E. Modesitt Jr. è promosso, come autore, con buoni voti.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il golem (Der golem).
Scrittore: Gustav Meyrink.
Genere: fantastico, grottesco, esoterico.
Editore: Newton.
Anno: 1914.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui


Non avevo letto niente di Gustav Meyrink, se non fosse qualche raccontino grottesco-orrorifico quando ero ragazzino… ma era inevitabile che ci arrivassi, prima o poi, considerando i temi della sua narrativa, ch’è sì narrativa con tanto di trama, ambientazioni e personaggi, ma che è altrettanto esoterismo, dal momento che i suoi testi son parecchio pregni di simbolismi e temi esistenziali.

Partiamo dalle basi: ho letto il libro edito dalla Newton e contenente, oltre al Golem, una ricca introduzione sulla figura di Meyrink, nonché due brevissimi racconti: La morte violetta e La storia del leone Aligi.
Quasi tutto lo spazio è tuttavia dedicato a Il golem, per cui trascurerò i due racconti, i quali in effetti son poca roba rispetto al romanzo in questione… pur proponendo temi interessanti anch’essi (uno è il classico racconto del leone che si crede una pecora, per quanto con una morale differente; l’altro un originale racconto di un’epidemia planetaria partita dal Tibet).

Ecco la trama sommaria de Il golem: le vicende prendono il via quando un uomo, a Praga, scambia per errore il suo cappello con quello di tale Athanasius Pernath, un intagliatore di prete preziose che vive nel ghetto ebraico della città… come conseguenza, il primo uomo vive come in un sogno un passato periodo della vita di Pernath, indotto in ciò dal suo cappello e da qualche fluido magico-mnemonico.
Il lettore si troverà così immerso egli stesso nel ghetto ebraico, con tutti i suoi personaggi e le sue credenze, tra cui quella del golem, un essere mitico che comparirebbe in taluni momenti e che sarebbe portatore di sventura, tant’è che tutti lo temono.
Oltre a Pernath, l’uomo che ha confuso i cappelli, e con lui il lettore del libro, conoscerà il perfido Wassertrum, il buon Hillel e sua figlia Miriam, lo studente Charousek, la Contessa Angelina e altri ancora… soprattutto personaggi sporchi e infidi, dall’assassino al poliziotto.
In effetti, tutta Praga, e non solo il ghetto ebraico, è dipinta con toni lugubri e oscuri, e con un lessico a dir poco vivido: forse Meyrink è l’autore che ho letto che più si distingue in questo senso.

Altro fattore per cui si distingue è la ricchezza di contenuti e di simbolismi: la kabbalah, i tarocchi, principi esistenziali, magia, esoterismo.
In particolare, i tarocchi hanno largo spazio ne Il golem, sia gli arcani maggiori citati direttamente (il Bagatto, l’Appeso), sia gli altri giacché, tra quelli citati e i vari simboli della storia, in pratica compaiono quasi tutti i ventidue archetipi, se non proprio tutti.

Più in generale, tuttavia, il racconto ammicca al percorso di risveglio dell’essere umano: in esso viene descritta la classe umana più miserevole, quella che sta a mezza via e quella che è già risvegliata; in mezzo a ciò, c’è la storia del golem, l’“uomo meccanico”, come viene definito da Meyrink. Tutto piuttosto chiaro, dunque, e peraltro anche kabbalah e tarocchi sono strumenti evolutivo-spirituali.

A tal proposito, cito una frase estrapolata dal libro, una per tutte, che ben esemplifica l’essenza vera del testo: “Quando un uomo si alza dal letto, è convinto di aver dismesso il sonno come se fosse un vestito; e non sa di essere vittima di un sonno ancora più profondo di quello da cui si è appena destato. Non c’è che un vero risveglio”.

Personalmente non amo molto i toni cupi e le descrizioni delle bassezze umane, tuttavia con Il golem Meyrink si è guadagnato la lettura di almeno un altro suo libro: forse Il domenicano bianco, forse La notte di Valpurga o forse Il volto verde, tutti romanzi famosi.

Fosco Del Nero


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Titolo: Tenebre - Le cronache di Corus 2 (Darknesses).
Scrittore: L. E. Modesitt Jr.
Genere: fantasy.
Editore: Armenia.
Anno: 2003.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


Tenebre, il secondo libro de Le cronache di Corus, scritto da L. E. Modesitt Jr. nel 2003, ha vissuto un destino strano, perlomeno da me: arrivato come seguito di un romanzo promettente, e secondo di una trilogia, presumevo che sarebbe filato piuttosto liscio e in fretta: non perché il libro sia breve, con le sue circa 500 pagine, ma perché L. E. Modesitt Jr. sa scrivere bene, perché il mondo è tratteggiato con un buon dettaglio descrittivo, perché i personaggi sono caratterizzati bene, e perché la storia è interessante.

Eppure, ci ho messo un secolo a finirlo, e anzi gli son passati davanti svariati libri, e non solo libri. Forse è stato sfortunato, per così, dire, visto che, a lettura iniziata, mi sono arrivati due libri di Aivanhov che non vedevo l’ora di leggere (1000 pagine tra l’uno e l’altro), e poi uno di Dion Fortune, e poi un videogioco, e poi mi son messo a rileggermi i testi di chiromanzia.
Insomma, Tenebre ha aspettato pazientemente che tornassi su di lui per terminarlo.

Solitamente, quando ci metto molto a concludere un romanzo, considero ciò una valutazione di per sé, giacché significa che la storia non mi ha catturato. Per Tenebre tuttavia non me la sento di procedere in questo modo, e la valutazione rimane comunque positiva, per quanto un mezzo punto inferiore rispetto al primo libro, Il talento di Alucius.

Mi leggerò senza dubbio anche il terzo e conclusivo libro della trilogia, Scettri, visto che già lo ho, sperando che non gli capitino in mezzo altre cose interessanti…

Ad ogni modo, ecco la trama sommaria di Tenebre: sfuggito alla Matride e tornato a casa, Alucius viene tuttavia presto rimandato sul fronte, e stavolta sul fronte opposto, nel senso che le Valli del Ferro, il suo luogo natale, stringono un patto con Lanachrona, suo nemico militare quando era arruolato per la Matride, e ne divengono una sorta di protettorato, con tanto di milizie che confluiscono nell’esercito del sud, differenziate così in Guardie del Nord (Valli del Ferro) e Guardie del Sud (Lanachrona). Costretto dagli eventi, Alucius continua a fare buon uso del suo talento, tanto da fare rapidamente carriera, guadagnarsi titoli e onori, e persino dar vita a battaglie e vittorie epiche… tanto da rendere ormai tutti quanti certi del fatto che si tratti di una persona “speciale”, che alcuni desiderano ingraziarsi mentre altri sono altrettanto desiderosi di eliminare.
Nel frattempo, la sua amata Wandra lo aspetta a casa, coltivando anch’essa, per quanto in modo differente, il suo talento.

Il romanzo si conclude in modo parziale, lasciando però ampio spazio al seguito, che si prevede sufficientemente interessante. E, nonostante gli inconvenienti di percorso che ho evidenziato, Modesitt Jr. si conferma autore di livello, che sa scrivere bene e che sa dipingere altrettanto bene i mondi che descrive.

Fosco Del Nero


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Titolo: La foresta maledetta - Dimensione avventura 2 (The forest of doom).
Scrittore: Ian Livingstone.
Genere: librogame, avventura, horror.
Editore: E.L.
Anno: 1983.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


La foresta maledetta è il secondo libro della serie di librogame Dimensione avventura, la quale sarebbe l’edizione italiana (parziale) della serie inglese Fighting fantasy.

Dopo La rocca del male di Steve Jackson, libro celebre sia per sua fama sia per contenere un’errore di stampa che in pratica lo rendeva impossibile da terminare, ecco La foresta maledetta di Ian Livingstone
Si passa così dall’autore della fortunata, e secondo molti la migliore in assoluto, serie di Sortilegio, a un autore molto presente nella lunga collana di Dimensione avventura… il cui altro autore spesso presente è lo stesso Steve Jackson, dal momento che i due la hanno co-ideata assieme.

Il genere, de La foresta maledetta ma in generale di tutta la serie, è un fantasy avventuroso e con vaghe tinte horror, anche se più nei titoli che nel tono della narrazione.

La narrazione di questo libro, seppur apparentemente molto ampia, con un’intera foresta da esplorare per trovare le due parti di un manufatto dei nani che è stato rubato dai goblin, in realtà non è così vasta, e il percorso è discretamente obbligato nei suoi binari principali.
L’ambientazione è comunque credibile (si fa per dire) e ben descritta.

Ugualmente ben fatto, nella sua semplicità, ciò che spesso coglie nel segno, è il sistema di gioco: qualche dado, qualche valore, oggetti e scelte, secondo il canone classico dei librogame e senza doversi scervellare per ogni singola cosa.

Belle le illustrazioni, ciò che poi, nella mia opinione, era uno dei valori aggiunti dei librogame rispetto ai libri normali, solitamente privi di immagini: ciò contribuiva, nella fantasia dei ragazzi che eravamo, a generare un intero mondo… e solitamente un mondo nello stile proprio delle illustrazioni presenti nel singolo libro.
In effetti, in generale io sono un grande fan delle illustrazioni, fossero anche solo in bianco e nero com’era per l’appunto nei librogame della E.L.

Se i contorni sono buoni, forse è proprio la storia il punto non dico debole, ma perlomeno non trascendentale de La foresta maledetta: l’avventuriero incontra un nano morente, il quale gli affida una missione… e l’avventuriero ovviamente va a compierla, per poi venire ricompensato (se non muore prima, ovviamente).

Nel complesso, ho gradito sufficientemente La foresta maledetta, ma per fascino e impatto La rocca del male gli sta a mio avviso un gradino sopra… errori di traduzione a parte.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il talento di Alucius- Le cronache di Corus 1 (Legacies).
Scrittore: L. E. Modesitt Jr.
Genere: fantasy.
Editore: Armenia.
Anno: 2002.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Sono sempre alla ricerca di romanzi fantasy di spessore, laddove con “romanzi fantasy di spessore” intendo opere del valore de Lo hobbit, Il magoLa storia infinita, dunque con evidenti tendenze esistenziali, oppure opere fresche e originali quali i libri di Jonathan Stroud o Walter Moers, oppure opere dal grande afflato epico come quelle di George Martin o di Robin Hobb

In tale ricerca, avevo letto online pareri condivisi, ed eccellenti, sulla trilogia de Le cronache di Corus, di L. E. Modesitt Jr., autore che non avevo mai letto: ecco qui dunque la recensione de Il talento di Alucius, il primo libro della suddetta trilogia, scritto nel 2002.

Cominciamo col dire che si tratta di un fantasy classico, e dunque con mappa inventata, popoli inventati, creature soprannaturali e magia: il protagonista, Alucius, è egli stesso portatore di un’energia magica che nella storia è chiamata “talento”, la quale lo rende in grado di creare illusioni, convincere mentalmente le persone e persino danneggiarle a distanza. Tale talento è diffuso specialmente tra i pastori, e Alucius per l’appunto proviene da una famiglia di pastori ed è stato addestrato, sia nelle armi sia caratterialmente, dal nonno Royalt.

Passiamo ora alla trama de Il talento di Alucius: Alucius è un adolescente che vive nella Valle di Ferro, un posto di per sé tranquillo ma ora insidiato dai venti di guerra: la Matride, una sorta di dispotismo matriarcale, la sta infatti insidiando da sud, nell’ottica di costituire una regione grande e potente per contrastare poi il più potente regno di Lanachrona
Alucius, nelle battaglie che ne derivano, viene catturato, portato a meridione, al confine con Lanachrona, e addestrato come soldato della Matride. Il suo talento, tuttavia, di cui nessuno sa niente giacché suo nonno gli ha insegnato a non rivelarlo mai ad anima viva, visto che i “talentosi” erano considerati malissimo e spesso assassinati, lo pone in una situazione di vantaggio, sia nella carriera militare sia umanamente.

Il talento di Alucius è un’opera valida. Intanto, parte da mosse originali, che non sono certo quelle della magia, ma quelle della provenienza pastorale del protagonista, costretto a fronteggiare dapprima strane creature umane e non, nei pascoli di montagna in cui si trova, e poi le milizie umane delle varie sponde. Tutto ciò in un contesto antico di cui si son dimenticate le origini e di cui rimangono solamente le vestigia.

Il protagonista, così, e il lettore con esso, si muove in un mondo di cui non sa molto e in cui deve per forza procedere a tentoni.
Alucius lo fa con discreta disinvoltura, dato il notevole vantaggio di cui gode rispetto agli altri esseri umani. Il lettore lo fa anch’egli con discreto piglio, dal momento che L. E. Modesitt Jr. sa scrivere bene, in modo chiaro e lineare.

Manca un po’ di profondità, forse, e anche un po’ di tensione scenica, ma il panorama generale de Il talento di Alucius è quantomeno discreto, tanto che mi leggerò senza dubbio il suo seguito, Tenebre.

Fosco Del Nero


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Titolo: Ventimila leghe sotto i mari (Vingt mille lieues sous les mers).
Scrittore: Jules Verne.
Genere: avventura, fantastico.
Editore: RBA.
Anno: 1870.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Nonostante la sua ovvia fama, del romanzo e dell’autore, non avevo mai letto finora Ventimila leghe sotto i mari… e forse, da ragazzino, non avevo mai letto niente di Jules Verne. Cosa invero curiosa, data la mia forte predilezione, fin da piccolo, per la narrativa di genere fantastico.

Ho, così, approfittato da grande per colmare questa lacuna, leggendomi, nell’ordine, Il giro del mondo in ottanta giorni, Viaggio al centro della Terra, Cinque settimane in pallone e, per l’appunto, Ventimila leghe sotto i mari.

Il quale, curiosamente, nonostante del suddetto lotto sia il libro più acclamato, quello che ha dato grande notorietà allo scrittore francese, è quello che mi è piaciuto di meno, e nettamente.

Forse perché in esso si elevano a potenza i difetti di Verne come narratore: il tendere a spiegazioni ed elenchi tanto minuziosi quando prolissi; la freddezza con cui, in pieno stile antropocentrico e positivista, viene vista e trattata la natura, animali compresi, considerati come meri strumenti in mano alla razza più potente, ossia l’uomo (ammesso che lo sia, ma questo è un altro discorso); una certa ripetitività dei personaggi, col protagonista studioso sempre ben servito da un impavido e fedele aiutante; la grande lunghezza del testo, lungo 500 pagine e senza che in esso vi fosse una qualche trama oltre al girovagare del Capitano Nemo con il suo formidabile sottomarino.

Ma andiamo per l’appunto alla descrizione sommaria della trama di Ventimila leghe sotto i mari: il Professor Pierre Aronnax s’imbarca insieme al suo assistente tuttofare Conseil su una nave il cui scopo è quello di trovare e abbattere un misterioso mostro sottomarino che a quanto pare sarebbe il responsabile di molti affondamenti. Tra le “armi” a disposizione della suddetta nave, il fiociniere Ned Land
I tre, Aronnax, Conseil e Land, finiranno a bordo, come prigionieri, del Nautilus, un eccezionale sottomarino progettato dall’altrettanto eccezionale Capitano Nemo, e governato da un numero imprecisato di uomini. I tre avranno fin da subito l’intenzione di scappare, ma nel mentre potranno assistere a incredibili scenari subacquei, Atlantide compresa.

Onestamente, Ventimila leghe sotto i mari è piuttosto stucchevole: freddo, cerebrale, avventuroso ma in modo del tutto fittizio, piuttosto stereotipato nei personaggi e privo di scopo… se non quello di elencare milioni di territori, mari, specie acquatiche e via discorrendo, nemmeno fosse un atlante geografico. 
Interessante solamente a tratti, propone bellissime illustrazioni (quelle del testo originale della Collezione Hetzel).

Stanti così le cose, la mia classifica è: Il giro del mondo in ottanta giorni, Viaggio al centro della Terra, Cinque settimane in palloneVentimila leghe sotto i mari… esattamente nell’ordine di lettura. Il che vuol dire o che sono molto intuitivo, compreso il non aver mai considerato Verne quand’ero piccolo, oppure che, a furia di leggerlo, mi ha stufato e mi è piaciuto sempre meno.

Fosco Del Nero


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Titolo: Fiabe - Volume secondo (Kinder – Und hausmarchen).
Scrittore: Jacob e Wilhelm Grimm.
Genere: fiabe.
Editore: Fabbri Editori.
Anno: 1815.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.


Dopo essermi letto Fiabe - Volume primo, primo libro di una mini opera in due tomi pubblicata da Fabbri Editori, ho proceduto a leggermi il secondo, del medesimo formato e dalle caratteristiche simili.

È simile infatti il colore, ma anche il numero di pagine della pubblicazione, circa 500, le quali contengono circa un centinaio tra fiabe e storie varie, laddove il primo volume ne ospitava un poco meno, ossia una novantina.

Questo Fiabe - Volume secondo tuttavia non ospita solo le fiabe della pubblicazione finale dei Fratelli Grimm, ma anche alcune leggende per i bambini, essenzialmente storie a scopo religioso-intimidatorio, e le fiabe espunte dalle prime pubblicazioni dei Grimm, e poi sostituite da altre, a volte completamente diverse e a volte diverse versioni della medesima storia.

Nonostante tale somiglianza di struttura, devo con tutta onestà che avrei potuto tranquillamente risparmiarmi la lettura di questo secondo volumetto, giacché le fiabe più famose, e le più belle e significative, erano tutte comprese nel primo volume, mentre questo rappresenta più che altro un “varie ed eventuali”, comprese quelle espunte, che probabilmente non son state eliminate per mero caso.

In questo secondo testo abbiamo più fiabe, ma mediamente meno lunghe, e assolutamente meno significative quanto a bellezza e contenuti, laddove è notorio che alcune fiabe famose, diventate famose non per coincidenza, hanno significati simbolici di una certa importanza, benché non noti al largo pubblico (si pensi a Cappuccetto Rosso, a Biancaneve o a La bella addormentata nel bosco, tutte contenute nel primo volume).

In ambo i libri peraltro ci son solo le fiabe, nonché qualche notizia biografica su Jacob e Wilhelm Grimm, ma nessun commento alle fiabe in questione, per cui per quelli dovete cercare in altri lidi.

Fosco Del Nero


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Titolo: La rocca del male - Dimensione avventura 1 (The citadel of chaos).
Scrittore: Steve Jackson.
Genere: librogame, avventura, horror.
Editore: E.L.
Anno: 1983.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Riecco un altro librogame: dopo le serie di Oberon, Detectives Club, Sherlock Holmes, Firewolf, Oltre l'incubo, Time machineSortilegioCompactRealtà virtuale (i numeri che possiedo, perlomeno), si comincia con un’altra serie: Dimensione avventura (anch’essa incompleta). 
Il primo libro è il celeberrimo La rocca del male.

Se l’autore è un nome noto, Steve Jackson, il medesimo realizzatore di Sortilegio (la mia serie preferita di sempre), il libro ha una grande novità… un errore di traduzione che lo rende irrisolvibile.
Adesso la cosa è nota, ma al tempo chissà quanti libro-giocatori onesti e irreprensibili sono stati frustrati dal non esser mai riusciti a completare l’avventura... e io stesso non mi ricordo di averla mai portata a buon fine.

Similmente a Sortilegio, anche La rocca del male si muove in un mondo fantasy, pur se il mondo è ben più limitato rispetto alle ampie lande che hanno reso famoso Steve Jackson: l’avventura infatti si svolge tutta all’interno di una sorta di cittadella, e non a caso in titolo originale era The citadel of chaos, tradotto maldestramente in italiano con La rocca del male, con tanto di copertina horror, secondo la moda di quei tempi di utilizzare titoli e copertine il più possibile spaventevoli al di là del contenuto effettivo del libro.

Finché si rimaneva su un titolo alterato e una copertina un po’ vivace, comunque, non c’era problema; se invece il traduttore si metteva a pasticciare coi nomi di personaggi e i nomi degli oggetti, invece, i problemi aumentavano, da cui la questione dell’irrisolvibilità del libro.

Ed è stato un vero peccato, perché La rocca del male è un signor librogame, dallo stile fantasy-grottesco assai simile a quello di Sortilegio, con ambientazioni, personaggi e illustrazioni all’altezza; memorabili ad esempio i Ganjees, ma anche personaggi come O’Seamus e i Miks, o lo stesso Balthus il Malvagio, il combattimento finale il quale è forse il più sostanzioso tra tutti i finali che mi ricordo.

Il regolamento è semplice ed essenziale, il combattimento quello più classico tra tutti, e in più ci sono in dotazione numerosi incantesimi… che tuttavia non sono da memorizzare come in Sortilegio.
La storia propone molti possibili percorsi, e necessariamente occorre procurarsi determinati oggetti, per cui arrivare alla fine al primo colpo è invero improbabile, ma la varietà di ambienti e situazioni proposti è tale che la rigiocabilità del libro è elevata.

Ancor più dei singoli dettagli, comunque, l’aspetto più importante, e questo vale tanto per la narrazione normale quanto per i librogame, è la qualità dell’atmosfera creata dall’autore: in questo Steve Jackson è molto bravo, e infatti, oltre a Sortilegio, anche La rocca del male si ricorda con piacere.

Fosco Del Nero


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Titolo: Fondazione e Terra (Foundation and Earth).
Scrittore: Isaac Asimov.
Genere: fantascienza.
Editore: Mondadori.
Anno: 1987.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Con Fondazione e Terra mi sono letto l’ultimo libro che mi mancava da leggere del famoso Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov, una delle saghe più famose e apprezzate di tutti i tempi.
Essenzialmente, anni fa mi ero letto i cinque libri centrali, quelli che andavano da Fondazione anno zero a L’orlo della Fondazione, ma mi erano sfuggiti il primo e l’ultimo, che poi erano anche gli ultimi lavori cronologicamente parlando dello scrittore russo-americano, ossia Preludio alla Fondazione, recensito di recente, e Fondazione e Terra, recensito quest’oggi.

Ecco la trama sommaria dell’opera, che rappresenta il seguito diretto de L’orlo della Fondazione, con tanto di stessi protagonisti, ma che in realtà può esser letta come romanzo a sé stante: siamo nell’anno 498 dell'Era della Fondazione, col Piano Seldon giunto grossomodo a metà strada. Il Piano in questione tuttavia è messo in discussione da colui che ha il potere di non farlo avverare, ossia Golan Trevize, al tempo Consigliere di Terminus, pianeta sede della Prima Fondazione, e ciò in barba ai mentalici della Seconda Fondazione nascosti tra i resti di Trantor
Trevize, difatti, ha deciso a istinto per un futuro globale in stile Gaia, un pianeta che vive come fosse un’unica entità, pur incarnata in moltissime creature viventi individuali, tra cui gli uomini. L’idea sarebbe rendere l’intera galassia un’entità vivente tipo il pianeta Gaia, rappresentato nella storia da Bliss, una giovane e piacente ragazza, individualmente innamorata del più attempato Pelorat, uno studioso di antica mitologia.
Nelle vicende entreranno altri personaggi, tra cui l’essere antropomorfo Fallom e l’immancabile robot Daneel Olivaw, protagonista dietro le quinte di tutto il Ciclo della Fondazione nonché del Ciclo dei robot (Abissi d’acciaio, Il sole nudo, etc). A questo punto forse anche del Ciclo dell’Impero, che cronologicamente sta tra le due saghe; tuttavia, non avendo mai letto niente di esso non lo so.

Che dire di Fondazione e Terra?
Da un lato si può valutare il singolo romanzo, e inevitabilmente la valutazione sarà buona: col tempo Asimov ha perso il modo un po’ asettico di scrivere i suoi racconti, quello molto cerebrale e con personaggi freddi e non troppo ben caratterizzati, e ha aggiunto anche questa freccia alla sua faretra… addirittura, con tale romanzo strizza gli occhi a concetti di tipo evolutivo ed esistenziale, pur se lasciandoli in embrione e appena accennati.
Personaggi, dialoghi ed eventi, pur con una lieve stereotipizzazione, risultano efficaci e godibili.

Dall’altro lato si può valutare Fondazione e Terra come conclusione di una delle saghe di maggior fortuna di tutti i tempi… nonostante, paradossalmente, Asimov sia stato in qualche modo forzato a scriverla, sia nei primordi, dato il successo dei racconti originali e le richieste di prosieguo di lettori ed editori, sia a posteriori, quando gli fu chiesto a gran voce, una voce ormai internazionale, di dare esecuzione e completezza al ciclo iniziato decenni prima.
In tal senso, il singolo lettore può rimanere deluso da tale finale, o meno, secondo i suoi gusti. Il libro, peraltro, non presenta un termine vero e proprio, ma anzi si conclude con un dubbio, che anzi lascia lo spazio per ulteriori seguiti… ma Isaac Asimov nel frattempo è morto, per cui niente.

Nel complesso, ho apprezzato Fondazione e Terra come ho apprezzato tutti gli altri romanzi del Ciclo della Fondazione, pur molto diversi tra di loro per genere e struttura, uniti comunque dalla grande visione d’insieme di Asimov. In effetti, questo è uno di quei casi in cui l’insieme vale molto di più della mera somma delle singole parti: se ogni romanzo in sé è valido ma non imperdibile, l’opera nella sua globalità diviene una sorta di manifesto… non privo di insegnamenti di tipo culturale, psicologico, sociale e civico.

Nella storia in questione c’è inoltre un insegnamento ulteriore, per quanto non troppo visibile né riferito a voce alta (forse del tutto involontario): per tutta la saga gli esecutori della Fondazione hanno combattuto contro i suoi rivali, e poi gli esponenti della Prima Fondazione hanno combattuto contro gli esponenti della Seconda Fondazione, e così avanti per secoli, secondo mitizzazione del Piano Seldon o secondo il suo opposto… per poi scoprire che la psicostoria e lo stesso Piano Seldon non erano altro che una possibilità, e anzi il piano di riserva. Insomma, tante battaglie, tanti attaccamenti, tante sofferenze… per nulla di rilevante. Il che è un notevole insegnamento psicologico, se ci si bada.

Fosco Del Nero


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Titolo: Fiabe - Volume primo (Kinder – Und hausmarchen).
Scrittore: Jacob e Wilhelm Grimm.
Genere: fiabe.
Editore: Fabbri Editori.
Anno: 1815.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Pur conoscendo, come tutti, molte fiabe classiche, e anche qualcuna non classica, non mi ero mai approcciato a un testo contenente non solo tante fiabe, ma anche le versioni originali, quelle che rendono la gran parte delle suddette fiabe non adatte ai bambini piccoli, in quanto contenenti molta violenza e parecchie scene crude.

L’ho fatto ora leggendomi Fiabe - Volume primo, il primo di due volumi con tutte le fiabe raccolte nel corso degli anni da Jacob e Wilhelm Grimm, che in seguito sarebbero i famosi Fratelli Grimm.

Il volume, di formato ridotto, è tuttavia discretamente ponderoso con le sue quasi 500 pagine, le quali ospitano novanta fiabe, nonché un’introduzione, la biografia dei due Grimm nonché qualche ricordo a essi legato.

Tra le novanta, alcuni “pezzi grossi”, come: Hansel e Gretel, Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo, I musicanti di Brema, Biancaneve, Pollicino, La bella addormentata. Il grosso, tuttavia, è composto da fiabe poco o affatto conosciute…

… alcune interessanti mentre altre trascurabili, motivo per cui per buoni motivi non sono divenute note col passare degli anni e dei decenni (dei secoli, a questo punto, essendo la raccolta dei Fratelli Grimm datata all’incirca 1910).

Nel gruppone di fiabe sconosciute, ne segnalo una pregna di simbolismi religiosi e cristiani in particolare (ma cristiani più in senso esoterico che non di religione di massa): L’allodola canterina saltellante.

Per il resto, ho gradito la lettura, che ho centellinato leggendomi due o tre fiabe ogni sera prima di andare a dormire (proprio come si fa coi bambini), e mi accingo a iniziare Fiabe - Volume Secondo, abbastanza corposo anch’esso (i due Grimm avevano evidentemente raccolto moltissime fiabe e racconti popolari, tanto che alcuni di essi si somigliano come eventi o come nomi di personaggi, essendo probabilmente variazioni sul tema della medesima morale di fondo).

Fosco Del Nero


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Titolo: Preludio alla Fondazione (Nightfall).
Scrittore: Isaac Asimov.
Genere: fantascienza.
Editore: Mondadori.
Anno: 1988.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Era da molti anni che non leggevo uno dei romanzi del Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov, la saga fantascientifica per eccellenza, e, se alcuni li avevo già letti, segnatamente Prima Fondazione, Fondazione e Impero, Seconda Fondazione, L’orlo della Fondazione e il prequel Fondazione anno zero, non avevo mai letto i due romanzi rimanenti, ossia il sequel Fondazione e Terra e l’altro prequel Preludio alla Fondazione, oggetto della recensione odierna.

Nel dettaglio, Preludio alla Fondazione è stato il penultimo libro scritto da Asimov, essendo datato 1988, ma sarebbe il primo da leggere volendo rispettare la successione cronologica degli eventi… anche se qualcuno suggerisce invece di leggerlo dopo essersi letto il Ciclo della Fondazione classico, per dire così, proprio in qualità di prequel.

Di mio, ho scelto di leggermi tutto il ciclo in ordine di narrazione cronologica, ossia in questo ordine: 
- Preludio alla Fondazione
- Fondazione anno zero
- Prima Fondazione,
- Fondazione e Impero,
- Seconda Fondazione,
- L'orlo della Fondazione,
- Fondazione e Terra.

Veniamo dunque a Preludio alla Fondazione, partendo dalla sua trama: Hari Seldon è un giovane matematico originario del pianeta Helicon, che un giorno si trova sul pianeta Trantor, il centro dell’Impero, a esporre una sua teoria in un convegno scientifico. La teoria in questione è che, tramite opportuni calcoli matematici afferenti all’insieme della civiltà umana, e dunque a storia, economia, politica, psicologia, etc, sarebbe in teoria possibile predire il futuro della storia umana. Egli chiama tale disciplina Psicostoria, evidenziando però che si tratta per l’appunto di una teoria, quasi impossibile da mettere in atto.
Nonostante la difficoltà pratica, la sua idea attrae l’attenzione di svariati personaggi, in primis dell’Imperatore Cleon e del suo consigliere Eto Demerzel, che vorrebbero cooptarne gli studi per il loro tornaconto personale, tanto che l’uomo segue il consiglio di Chetter Hummin e si affida alla sua protezione allo scopo di evitare sia l’Impero sia altri pericoli, di cui a quanto pare il pianeta Trantor, nelle sue varie sezioni, è pieno.
Hummin assegna ad Hari Seldon anche una guardia del corpo nella persona di Dors Venabili, donna dalle mille risorse.

Preludio alla Fondazione, così come Fondazione anno zero, è assai distante dalle trilogia originaria, ossia Prima Fondazione, Fondazione e Impero, Seconda Fondazione, nata sotto forma di racconti brevi aventi avuto talmente tanto successo che Asimov si decise a riunirli per dar vita a romanzi veri e propri.
La differenza tra un romanzo unitario e una somma di racconti è tuttavia evidente, nella narrazione più lunga e avventurosa dei romanzi, quale ad esempio Preludio alla Fondazione, nei quali si fa in tempo a familiarizzare con personaggi e affezionarsi a loro, mentre i racconti che hanno fondato il ciclo proponevano invece più sintesi e panorami che non storie e avventure vere e proprie.

Negli ultimi libri della carriera di Asimov, inoltre, si nota una maggiore umanità nei suoi protagonisti, che viceversa in precedenza apparivano più freddi e distaccati… come peraltro andava di moda nella fantascienza degli anni “50 e “60. 

In generale, Preludio alla Fondazione è un ottimo romanzo, scritto da un autore che sa scrivere, e la cosa non è certo una novità: ha una visione di fondo, ma agisce anche nei dettagli, propone idee e sentimenti, ma anche azione e dinamismo, ha una buona descrizione tanto sensoriale quanto culturale dei posti che introduce.

Pur con la grande eterogeneità che caratterizza il Ciclo della Fondazione, Preludio alla Fondazione è un ottimo inizio allo stesso ciclo… o un approfondimento-prequel qualora lo si voglia leggere a posteriori.
Ora procederò con la Fondazione anno zero, che viceversa avevo già letto da ragazzino.

Fosco Del Nero


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