Il cammino del mago

Titolo: Seconda Fondazione - L'altra faccia della spirale (Second Foundation).
Scrittore: Isaac Asimov.
Genere: fantascienza.
Editore: Mondadori.
Anno: 1953.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.



Seconda Fondazione, il cui titolo italiano alternativo è L’altra faccia della spirale, è il terzo romanzo dedicato da Isaac Asimov al Ciclo della Fondazione, une delle più belle opere narrative di tutti i tempi (e il parere è non solo mio, ma di personaggi molto più autorevoli).

I primi due libri erano Prima Fondazione e Fondazione e Impero, e in ambo i casi si trattava di romanzi di grande spessore, in cui lo scrittore dava il meglio di sé.
Anche se, a onor del vero, Asimov ha fatto seguire a questi romanzi due prequel, scritti molto più tardi, ossia Preludio alla Fondazione e Fondazione anno zero.

Come ho già riportato nelle precedenti recensioni, la fantascienza di Asimov non corrisponde al tipico, e anche piuttosto impreciso, cliché della fantascienza, fatta di razze aliene, battaglie intergalattiche, e in definitiva tutta azione e poco cervello (sintesi forse un po’ rude, ma piuttosto efficace), ma, al contrario, punta tutto sugli aspetti culturali, economici, religiosi, diplomatici, etc.

In una parola, più che fantascienza dovrebbe essere definita fantapolitica.

Nel primo libro avevamo assistito alla nascita della "psicostoria", scienza perfezionata da Hari Seldon grazie alla quale lo storico era in grado, tramite un complesso insieme di calcoli matematici e di infinite variabili, di prevedere le linee tendenziali di sviluppo storico, economico, culturale e politico.
In previsione del crollo dell’Impero Centrale, Seldon aveva inviato su Terminus, pianeta ai margini della galassia, un manipolo di scienziati, ufficialmente impegnati nella redazione di una Enciclopedia Galattica, ma di fatto immersi nei calcoli della psicostoria (o psicostoriografia).
In tali calcoli, tuttavia, sfocianti ognuno in una cosiddetta “Crisi Seldon”, in cui l’ologramma di Seldon appariva per dare consigli sugli aspetti salienti del periodo storico in questione, si era inserita una variabile imprevista: il Mulo, che, grazie ai suoi poteri psichici, stava per mandare all’aria tutto il progetto di Seldon.

In questo terzo libro, Seconda Fondazione, il Mulo sta cercando proprio la Seconda Fondazione, sfuggita al suo primo attacco, e invia Han Pritcher, un uomo da lui condizionato mentalmente, per scoprirla e distruggerla.
Tuttavia, nel mentre gli uomini della Fondazione hanno sviluppato anch’essi dei poteri particolari in vista dello scontro finale contro il Mulo…

Ancora una volta, Isaac Asimov fa centro, confezionando un’opera di grande bellezza, densa al contempo di pura narrazione e di contenuti concettuali.
I temi, come detto, sono quelli dei massimi sistemi: la cultura, la società, l’economia, la politica.

Quando la qualità (dello scritto) incontra la quantità (del successo di pubblico ma anche della critica).

Fosco Del Nero


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Titolo: L’anno del contagio (Doomsday book).
Scrittore: Connie Willis.
Genere: fantascienza, storico, drammatico.
Editore: Editrice Nord.
Anno: 1992.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Oggi presento un altro romanzo di genere fantastico, e in particolare appartenente al sottogenere della fantascienza dei viaggi nel tempo.
Si tratta di L’anno del contagio, di Connie Willis, scritto nel 1992 e vincitore, l’anno seguente, dei premi Hugo, Nebula e Locus.
Un curriculum mica da poco… vediamo se se lo è meritato…

Il libro è ambientato nel 2054, in un futuro, non troppo distante dunque, in cui è stata elaborata la tecnologia dei viaggi nel tempo.
Le macchine del tempo sono utilizzate, tuttavia, esclusivamente a scopi di ricerca, tanto che ne detengono l’utilizzo facoltà e organizzazioni di studio.

La protagonista della storia è Kivrin Engle, una ragazza ricercatrice che lavora al Brasenose College di Oxford e che ha sempre sognato di tornare indietro nel Medio Evo.
Il suo sogno si realizza con il viaggio di studio programmato per il 1320, il quale, tuttavia, per errore viene diretto al 1348, ossia nel pieno svolgimento della Morte nera, una drammatica epidemia di peste.

Kivrin trova alloggio e lavoro come bambinaia nel villaggio di Skendgate nell’Oxfordshire, e vi passa talmente tanto tempo che finisce per costruire forti legami con coloro che ha intorno, specialmente la dodicenne Rosemund, la di lei sorellina Agnes, e padre Roche, il sacerdote del villaggio.

Il tempo è tanto anche perché l’influenza che l’ha colpita al suo arrivo le fa perdere l’appuntamento con il viaggio di ritorno.
Nel mentre, anche nel 2054 si scatena una strana epidemia, che parte proprio dal college, tanto da costringere alla sospensione di studi e lavori; la macchina del tempo viene quindi disattivata…

L’anno del contagio di Connie Willis è proprio un bel romanzo, non c’è che dire.
Il neo principale è una trama forse un po’ prevedibile nel suo incedere, specialmente per il lettore più smaliziato.
Tale fattore, tuttavia, è abbondantemente compensato da un’ottima caratterizzazione storica e dei personaggi, che infatti rimangono impressi a lungo, e a cui ci si affeziona.

Inoltre, la capacità di scrittura di Connie Willis è notevole, e non a caso tale romanzo è stato adornato di premi letterari così importanti (praticamente i massimi premi mondiali per la narrativa fantastica).

Consigliato.

Fosco Del Nero


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Titolo: Amore al cioccolato (Love in Bloom’s).
Scrittore: Judith Arnold.
Genere: commedia femminile, comico, sentimentale.
Editore: Harlequin Mondadori.
Anno: 2002.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Era da un po’ che non leggevo e recensivo una bella commedia femminile in stile I love shoppingDevo comprare un mastinoAl diavolo piace dolce, etc, genere letterario che, ormai lo avrete capito, mi diverte non poco e che quindi leggo spesso con piacere.

Ho dunque cominciato questo Amore al cioccolato, libro della stessa collana, Harlequin Mondadori, di un romanzo che avevo letto in precedenza, Nome e indirizzo: sconosciuti, e che mi era piaciuto abbastanza.

L’inizio della storia è un po’ lento, tanto da farmi dubitare sulle effettive qualità della scrittrice, Judith Arnold, non tanto dal punto di vista meramente linguistico, quanto sul possedere quella vivace ironia necessaria per far funzionare siffatto tipo di narrazioni.

Dopo le prime decine di pagine, tuttavia, il “no” alla domanda di cui sopra diventa velocemente un “sì”, col romanzo che diverte e trascina.

Ecco in breve la trama messa suu da Judith Arnold: il negozio di alimentari di Bloom è un pezzo di New York, tanto da essere passato in poche generazioni dal livello di piccola bottega a quello di grande magazzino del cibo etnico.
Il precedente presidente, tuttavia, Ben Bloom, è morto da qualche mese, e sua madre, Ida, decide di nominare presidente la nipote Julia, figlia di Ben.

Tale nomina coglie di sorpresa svariate persone: Sondra, la madre di Julia, persona capace ma non di sangue Bloom e quindi, per Ida, inadatta per coprire l’incarico, Jay, lo zio di Julia, dedito al sito web dell’azienda, ma troppo poco amante del lavoro, Susie, la sorella di Julia, sorta di poetessa bohemienne che darà una mano alla sorella nel difficile incarico.

Julia, peraltro, non ha mai lavorato nel negozio di famiglia, anche perché è un avvocato.

A renderle le cose ancora più difficili, si metteranno in mezzo un giornalista che vuole scrivere un pezzo sulle presunte difficoltà economiche di Bloom e il commesso del reparto bagels (che non so cosa siano, ma che, a furia di sentire nominare, mi è venuta voglia di assaggiare), di cui si è perdutamente innamorata sua sorella Susie…

Come detto, alla fine della fiera il libro ha divertito e ha coinvolto, e anche parecchio, a dispetto della sensazione iniziale.
Punto forte dell’opera è una notevole caratterizzazione dei personaggi, dipinti in modo tanto cristallino che è facile immaginarseli e vederli in azione (segno di grande maturità narrativa).

In definitiva, Amore al cioccolato di Judith Arnold un buon romanzo di intrattenimento, che piacerà certamente ai fan della commedia al femminile in stile I love shopping.

Fosco Del Nero


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Titolo: Jorian di Iraz - Ciclo di Jorian re di Iraz 1 (The clocks of Iraz- The reluctant king - Book 1).
Scrittore: Lyon Sprague De Camp.
Genere: fantasy, umoristico.
Editore: Editrice Nord.
Anno: 1971.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Da poco ho recensito La torre di goblin (1968), romanzo di Lyon Sprague De Camp che apre la trilogia di Jorian re di Iraz.
Oggi invece propongo il seguito del suddetto libro, ossia Jorian di Iraz (1971).

In altre recensioni ho già espresso il mio gradimento per il genere fantastico umoristico, che, se praticato in modo efficace, rende un romanzo godibile, brillante e profondo.
Parimenti ho già avuto modo di elogiare lo stile narrativo di De Camp, molto spigliato ed esuberante.

Ora, è da dire che questo secondo capitolo della saga si rivela molto simile al precedente libro.

In ambo i testi, difatti, si assiste a un vorticare vivacissimo di personaggi, luoghi, eventi, storie e quant’altro, col baldo Jorian figlio di Evor (che è stato orologiaio, re, operaio, assistente mago, marinaio, soldato e chi più ne ha più ne metta) stavolta alle prese col suo secondo regno, peraltro brevissimo e non desiderato (come non era stato desiderato il primo, peraltro, capitato quando egli, durante una festa popolare a Xylar, si ritrovò tra le braccia la testa del precedente sovrano, col re per usanza popolare decapitato dopo cinque anni e succeduto da chi acchiappa al volo la sue regale testa).
Nel mezzo della trama, in perfetto stile De Camp (autore plurimpremiato nel corso degli ultimi quarant'anni), fughe, magie, duelli, assedi, amore e peripezie di ogni tipo.

E fa sorridere il fatto che, in ogni momento, c’è qualcuno che vuole uccidere Jorian, qualcuno che lo vuole amare, qualcuno che lo vuole imprigionare, qualcuno che lo vuole come aiutante, qualcuno che lo vuole far scappare lontano, qualcuno che lo vuole trattenere, qualcuno che lo vuole fare re e qualcuno che se lo vuole levare dai piedi.

Come precedentemente sottolineato, un particolare spazio è dato a due elementi: l’erotismo, seppur in forma del tutto giocosa e ludica, e la narrazione, con Jorian spesso impegnato in racconti su vecchi re o eroi.

L’eloquio di L.S. De Camp, come peraltro c’era da aspettarsi, si mantiene spigliato e verace, semplice e coinvolgente, tanto che questo secondo capitolo riscuote un gradimento leggermente superiore rispetto a quello del suo predecessore.

In conclusione, Jorian di Iraz è un discreto romanzo d’intrattenimento, anch’esso tuttavia privo dello spunto e della profondità del capolavoro imperdibile.

Fosco Del Nero


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Titolo: Fondazione e Impero - Il crollo della galassia centrale (Foundation and Empire).
Scrittore: Isaac Asimov.
Genere: fantascienza, fantasocietà.
Editore: Mondadori.
Anno: 1952.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.



Fondazione e Impero, altrimenti chiamato Il crollo della galassia centrale, è il secondo romanzo che Isaac Asimov ha dedicato all’immenso Ciclo della Fondazione, da molti lettori e scrittori ritenuto uno dei migliori, se non il miglior ciclo letterario di tutti i tempi.

Ecco in sintesi le premesse del precedente libro di Asimov, ossia Prima Fondazione: Hari Seldon, il più dotato psicostorico dell’Impero Centrale, attraverso una complessissima serie di equazioni matematiche elabora una nuova scienza, definita psicostoria, capace di prevedere i cicli storici e quindi di determinare in anticipo il futuro.

Tramite tale scienza, egli arriva alla conclusione che l’Impero è ormai in decadenza, e che passeranno millenni di barbarie prima che un nuovo ordinamento galattico ne prenda l’eredità.
In attesa di tale momento, sul remoto pianeta di Terminus viene mandato un manipolo di brillanti scienziati, ufficialmente con lo scopo di redigere un’"Enciclopedia galattica", ma di fatto ad affrontare le cosiddette "Crisi Seldon", ossia i momenti di difficoltà previsti in largo anticipo da Seldon tramite la psicostoria e su cui lo stesso Seldon, sotto forma di immagine olografica, si premura di dare consigli.

In questo secondo libro la Fondazione fondata da Seldon, passati i primi 150 anni e superate alcune crisi Seldon, si trova a dovere affrontare l’Impero Galattico, presso il quale gli uomini della Fondazione hanno fama di maghi, dato l'arretrato livello tecnologico detenuto nel decadente Impero.
Tutto sta andando dunque come da previsioni della psicostoria… ma un elemento imprevisto si intromette a scompigliare i calcoli di Hari Seldon: il Mulo, un mutante dotato di importanti poteri psichici…

Il piano millenario di Hari Seldon a questo punto è in serio pericolo.
Toccherà a Bayta Darell cercare di impedirne il fallimento definitivo.

In svariate altre occasioni ho espresso la mia ammirazione per la fantascienza asimoviana: una fantascienza priva di alieni, di battaglie galattiche, di azione vacua e vuota, ma, al contrario, una fantascienza che diventa fantapolitica, visto che le variabili della formula di Asimov sono la cultura, la società, la religione, l’economia, la politica, la diplomazia.

Fondazione e Impero, dunque, così come il precedente Prima Fondazione, si rivela un romanzo di qualità, godibile da un doppio livello di lettura: da un lato gli eventi puramente narrativi, che coinvolgono visto che Isaac Asimov, grazie a Dio, sa scrivere; dall’altro l’analisi sociologico-culturale, che rende il Ciclo della Fondazione una space opera profonda e importante, interessante ed emozionante come poche.
Consigliatissimo.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il figlio di Bakunin.
Scrittore: Sergio Atzeni.
Genere: drammatico, commedia.
Editore: Sellerio Editore.
Anno: 1991.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


Questo è il secondo volume di Sergio Atzeni che leggo, dopo il precedente Bellas mariposas, che conteneva due racconti dello scrittore sardo: il primo era una sorta di fiaba grottesca ispirata a una leggenda dell’entroterra sardo e il secondo un racconto metropolitano della Cagliari di periferia di questi anni, per quanto anch’esso bizzarro nei suoi contenuti schietti e sarcastici.

In questo altro libro, Il figlio di Bakunin (da cui è stato anche tratto un film), un unico racconto lungo, differente però dai due precedenti.
Differente dai precedenti, e strano in senso assoluto: difatti, in questo romanzo breve non c’è una trama, non c’è un punto di vista narrativo, non ci sono dei personaggi principali, ma, semplicemente e unicamente, una serie di testimonianze di varie persone (circa trenta) su un’unica persona, tale Tullio Saba, la cui vita, testimonianza dopo testimonianza, è così ripercorsa dall’infanzia alla morte.

Gli elementi di interesse sono sostanzialmente due.
Da un lato, il principio per cui “una storia del passato, passando di voce in voce, diviene leggenda e si distorce”; dall’altro lato, la descrizione di un entroterra sardo assai schietto.

Quanto al primo punto, occorre dire che la vita di Tullio Saba, detto Bakunin per le sue tendenze russo-anarchiche, da tale collage di memorie esce del tutto incerta, se non proprio contraddittoria, posto che c’è chi dice una cosa e chi l’esatto opposto, senza che peraltro al lettore vengano dati ulteriori elementi di giudizio.
Anzi, Atzeni vuol proprio rimarcare il fatto che il tempo inevitabilmente tramuta e distorce i ricordi e le storie.

Quanto al secondo punto, invece, è da dire che tale panorama sociale, benché ruvido e rozzo, in qualche modo appassiona e incuriosisce.
Anche perché lo segue da presso il pensiero che, alla fine della fiera, esso riguarda un passato non così lontano, di cui in pratica noi siamo i figli.

Il figlio di Bakunin di Sergio Atzeni è dunque una lettura interessante e agile; il volume difatti è leggero e si finisce presto.

Fosco Del Nero


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Titolo: Colonizzazione fase 1 - Ciclo della Colonizzazione 1 (Second contact).
Scrittore: Harry Turtledove.
Genere: fantascienza, ucronia.
Editore: Fanucci.
Anno: 1998.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Eccoci giunti al primo libro del Ciclo della Colonizzazione, celeberrimo ciclo di fantascienza di Harry Turtledove che ha seguito a sua volta il Ciclo dell'Invasione.
Per chi non conoscesse l’opera in questione, o comunque non se la ricordasse, ecco in breve la trama.

Nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, con le forze dell’Asse che stanno marciando su Mosca e gli Stati Uniti che affrontano la forza giapponese nel Pacifico, una flotta d’invasione aliena attacca tutto il pianeta, letteralmente cancellando numerose importanti città.
La reazione degli uomini consiste in un’alleanza generale, impensabile solo fino a pochi giorni prima.
Il risultato, risultato che viene descritto da tutto il Ciclo dell'Invasione, è quello di una sorta di stallo, con alieni e umani che si sono di fatto divisi il pianeta.

Ora, dopo vent’anni dall’arrivo della flotta di invasione dei Rettili (trattasi infatti di una razza umanoide rettile), arriva la flotta di colonizzazione, che avrebbe dovuto trovare un pianeta già conquistato, ma che tuttavia ne trova uno mezzano.
Le tensioni dunque si riacuiscono…

Il genere letterario, di cui Turtledove è un maestro, per la precisione si chiama ucronia, e consiste nella descrizione di un’evoluzione storica alternativa (in sostanza è un sottoramo della fantascienza).

E la documentazione dello scrittore è rigorosa, tra personaggi storici, inventati ma comunque credibili, culture ed eventi minuziosamente ricostruiti.

In effetti, se i vari Sam Yaeger, Johannes Drucker, Kassquit, Mordechai Anielewicz, etc, si muovono in un contesto per noi decisamente fantascientifico, il tutto è comunque credibile e realistico, compreso l’apparato diplomatico e l’aspetto culturale delle varie zone del mondo.

Il risultato finale è un bellissimo libro: ben scritto, originale, ispirato.
E con molti spunti di varia natura: storici, psicologici, sociologici, linguistici, culturali e geografici.
Harry Turtledove, difatti, sa come intrattenere il suo lettore.

Consigliato.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il segno dei due mondi (A trace of memory).
Scrittore: Keith Laumer.
Genere: fantastico, fantascienza, grottesco.
Editore: Mondadori.
Anno: 1963.
Voto: 6.
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A trace of memory, da noi noto con il titolo Il segno dei due mondi, è la prima delle moltissime opere, tra racconti e romanzi, di Keith Laumer pubblicate sulla mitica collana Urania.

Terminato nel 1963, il romanzo esce appena un anno dopo proprio su Urania (numero 337), per poi esser riproposto nel 1976 (numero 691, con l’indicazione “Capolavori”) e ancora nel 1985 (numero 102 degli “Urania Classici”).

L’intreccio ruota attorno a un soggetto ben delineato, contraddistinto da una prima parte infarcita di mistero e da una seconda meno affascinante, ma più ricca di azione.

Keith Laumer non perde tempo a “sparare” il lettore nella storia, grazie alla scelta di narrare la vicenda dal punto di vista del protagonista, ovvero un brillante vagabondo prossimo a commettere una rapina. Il fato, tuttavia, mette in contatto l’uomo con un facoltoso anziano e con una storia ai limiti del paranormale.
Al centro di tutto, infatti, vi sono un amuleto, costituito da due cerchi concentrici, e un libro, dalle pagine indistruttibili, vergato, per metà, in un linguaggio sconosciuto e, per l’altra metà, dalla grafia dello stesso anziano che, tuttavia, non ricorda di averlo mai scritto.

I due uomini, attratti dal desiderio di conoscenza, iniziano a interpretare le scritte fino a sciogliere un indovinello che li fa giungere tra i monoliti di Stonehenge. Qui, i due scopriranno una postazione aliena, sotterrata sotto le pietre ciclopiche, e saliranno su un disco volante manovrato da un pilota automatico.

Tutto sembra lasciar presagire a un gustoso elaborato di "sci-fi archeologica", quand’ecco che l’opera piega nel fantasy. Avventura e ironia iniziano ad acquisire un ruolo, via via, sempre più importante, mentre l’azione si sposta da Salisbury allo spazio profondo e da qui su di un pianeta lontano anni luce dalla Terra.

Le ambientazioni terrestri (si va dall’America, all’Inghilterra e infine in Sud America) vengono sostituite dalle distese di un mondo baciato da due stelle, in cui uomini pressoché immortali sono caduti in un’epoca dominata da sciocche superstizioni e da oziosi tiranni.
In altre parole, si potrebbe dire che il contesto sociale è piombato in quella sorta di medioevo di nostra conoscenza.
Ed è qui entra in gioco la componente principale dell’opera: la memoria.

La caratteristica di questi “uomini”, difatti, sta nella loro capacità, una volta raggiunta una certa età, di rigenerare le proprie cellule e di evitare il declino della vecchiaia. Il processo, però, comporta, oltre il ringiovanimento della pelle e degli organi, la perdita della memoria.

L’inconveniente viene ovviato con dei congegni “salva memoria” fino a quando, però, qualcuno, migliaia di anni prima dello svolgimento dei fatti narrati, riesce a spargere strane dicerie su tali macchinari fino a farli mettere al bando.
La decisione determina un enorme pregiudizio per la cultura dell’intera popolazione, ma agevola il benessere di una ristretta casta di politici.

In questo contesto vengono a operare i due protagonisti che, grazie all’esperienza acquisita durante il viaggio sull’astronave, sfidano i vari leader politici in duelli all’ultimo sangue con l’intenzione di ripristinare gli antichi usi locali.

Come si può intuire dalla breve sinossi, siamo al cospetto di un'avventura d'intrattenimento che soddisferà maggiormente chi privilegia l’ironia e il grottesco alle atmosfere paranormali. Occorre comunque dare atto a Keith Laumer di aver inserito un velato messaggio di critica alle classi dirigenziali (sia politiche che religiose) e alla sciocche superstizioni di cui si rende spesso protagonista l’uomo.

Lineare lo stile; scorrevole la narrazione, sebbene alcuni dettagli non siano ben spiegati.
Nel complesso, Il segno dei due mondi è meno eccezionale di quel che si dice, ma piacevole.

Matteo Mancini


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