Il cammino del mago

Titolo: Tradimento a Drakenwood – Unicorno 1 (Treachery in Drakenwood).
Scrittore: Paul Vernon.
Genere: librogame, avventura, fantasy.
Editore: Edizioni E.L.
Anno: 1985.
Voto: 4.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Una regola non scritta del mondo dei librigame, valida nella gran parte dei casi, vuole che le prime serie pubblicate siano le migliori, e quelle giunte al termine delle pubblicazioni dei librigame (parliamo degli anni "90… anche se proprio di recente alcune serie storiche sono state ristampate) fossero le peggiori.
E infatti erano giunte al termine proprio per quello, se la si vuol guardare da quel lato; oppure, se la si vuol guardare dall’altro lato, il fenomeno è terminato proprio dopo le ultime produzioni scadenti.

Ebbene, Unicorno fu una delle ultime serie pubblicate, e contò solamente due volumetti, per poi chiudere i battenti.
Il primo episodio porta il nome di Tradimento a Drakenwood, ed è stato scritto da Paul Vernon.
Andiamo a descriverlo.

Intanto, il genere: siamo nel fantasy più classico, con tanto di  spada e magia, goblin, troll, draghi, castelli e stregoni… anche troppo classico, occorre dire, e pure la sceneggiatura difetta in questo senso. Tutto sa molto di cliché, compresa la camminata verso la montagna e il labirinto per trovare la principessa da salvare.
Unica eccezione al cliché fantasy: la principessa non è una principessa, ma una contessa… beh, siamo lì.

Ed ecco la trama in grandi linee: il protagonista è un avventuriero, bravo sia con la spada che con la magia, che per caso scopre il suddetto rapimento, e, conoscendo che è stata posta una ricca ricompensa a vantaggio di chi riporterà sana e salva la contessa a casa, si accinge alla sfida, dovendo superare una foresta, raggiungere una montagna e penetrarla al fine di sconfiggere i cattivi e salvare la ragazza.

Veniamo ora al commento più tecnico.
Narrativamente il libro è assai semplice e poco coinvolgente. Non è scritto da un bravo scrittore, semplicemente, e le grandi serie di librigame sono davvero lontane.
La storia è ugualmente banalotta, lo abbiamo detto, e, per completare l’opera, persino le illustrazioni sono bruttine.

Neanche lo schema di gioco mi è piaciuto molto, giacché me lo ha reso lento e noioso nell’incedere: è difatti possibile, e anzi è inevitabile, passare e ripassare svariate volte nei medesimi posti-paragrafi, giacché si ha a che fare con un piccolo labirinto al chiuso, e dunque si leggono tante volte le stesse descrizioni… comprese quelle volte in cui il nemico del posto è stato già eliminato e dunque occorre far finta di niente quando il paragrafo lo ripropone.
Scelta deliberata dell’autore, forse per dare un senso di libertà e realismo a chi legge… ma essenzialmente scelta sbagliata, giacché l’atmosfera generale è poco interessante.

Quanto al regolamento, esso è discretamente complesso, anche se funziona discretamente, per cui ok.
Buono anche il mix tra spada e magia.

Ma il problema di Tradimento a Drakenwood non è il regolamento, quanto proprio la qualità bassa che c’è dentro, tanto che non riesco a pensare a qualcuno cui potrebbe piacere: forse agli amanti sfegatati del genere fantasy, o forse a chi piace muoversi nei labirinti come esercizio di orientamento. Anche se va detto che, in talune circostanze, spazi e direzioni non sono ben descritti, e anzi ho avuto la sensazione di qualche errore.

Anche se forse la cosa peggiore di Tradimento a Drakenwood è un’altra: non c’è nessun unicorno, neanche di striscio, il che rende persino il titolo della serie sbagliato!

Fosco Del Nero

Titolo: I figli di Medusa (The cosmic rape).
Scrittore: Theodore Sturgeon.
Genere: fantascienza, drammatico.
Editore: Libra.
Anno: 1958.
Voto: 3.5.
Dove lo trovi: qui.


La fantascienza è uno dei miei primi amori letterari di quando ero adolescente, ed anzi è probabilmente il genere letterario che ha nutrito la mia passione per la lettura quando ero ragazzino… che nell’età matura si è via via spostato verso il fantasy (almeno per la letteratura, la saggistica la considero a parte).

Dunque, ogni tanto mi rileggo un libro di fantascienza, di solito pescando tra i grandi autori degli anni d’oro della fantascienza o del periodo seguente.
Gente come Asimov, Del Rey, Van Vogt, Silverberg, per intenderci.

Stavolta ho pescato un autore che conoscevo di nome da lungo tempo, ma di cui non avevo mai letto un romanzo, ma solo un racconto, inserito da Asimov nel volume Le grandi storie della fantascienza - 1: Theodore Sturgeon.

Devo dire che non mi è andata troppo bene con il libro scelto, e che anzi I figli di Medusa si è rivelato uno dei romanzi che ho letto con più noia e meno piacere.

Ecco in grande sintesi la trama: Medusa è una sorta di entità aliena che ingloba in sé interi pianeti, aggiungendoli alla sua “mente alveare”.
Arrivata sulla Terra, cerca di fare la stessa cosa con l’uomo, ma non tiene conto della natura profondamente individuale della razza umana, e il suo piano di conquista, avviato tramite lo “strumento” Dan Gurlick, un uomo alcolizzato che ingerisce inavvertitamente una spora di Medusa divenendo parte di essa, non va proprio come aveva desiderato.

Il romanzo, pur avendo tale trama unitaria, di fatto pare più una sorta di somma di singoli racconti, giacché affronta l’evento dell’avvento di Medusa narrando le vicende di vari personaggi, per buona parte slegati tra di loro.
Questo è già un primo problema, poiché all’opera manca così una forza unitaria.

Il secondo grande problema del libro è che, semplicemente, non prende: parte in modo lento, continua lento e finisce lento, non decollando mai.
E difatti questo non è considerato, ho letto, uno dei romanzi principali di Sturgeon (spero che gli altri siano decisamente migliori).

Altra cosa, questa personale: non ho gradito affatto lo stile di Sturgeon, che anzi a tratti mi ha indispettito.
Oddio, indispettito no, non esageriamo, però l’ho trovato piuttosto sciatto: né elegante né efficace.

Insomma, I figli di Medusa di Theodore Sturgeon si classifica come uno dei romanzi di fantascienza, ma diciamo pure in assoluto, più noiosi che abbia mai letto… e che ho finito solo perché era breve.

Fosco Del Nero


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