Il cammino del mago

Titolo: Saltatempo.
Scrittore: Stefano Benni.
Genere: fantastico, commedia, drammatico.
Editore: Feltrinelli.
Anno: 2001.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Su Libri e Romanzi sono già passati cinque libri di Stefano Benni, ossia  Terra!EliantoIl bar sotto il mareBar sport La compagnia dei Celestini.

Va da sé che si tratta di uno scrittore che apprezzo molto, e che con oggi è giunto alla sua sesta presenza nel blog: arriva difatti la recensione di Saltatempo, romanzo del 2001.

Come sempre, siamo alle prese con una trama avente tre elementi spiccatamente presenti:
- l’elemento immaginifico, anche se meno forte rispetto a Terra!, per citare il primo libro di Benni che ho letto,
- l’elemento umoristico, con Benni che come sempre non risparmia scene e immagini divertenti,
- la grande ricchezza linguistica, e stavolta Benni ha potuto attingere anche all’elemento paesano-popolare, data l’ambientazione campagnola della storia, esibendosi in contorsionismi linguistici mica da ridere (o meglio, proprio da ridere, ma ci siamo capiti).

Ecco in breve la storia di Saltatempo: Saltatempo è un ragazzino che vive in un paese in campagna dell’Italia degli anni "50-60, che un giorno riceve in dote il dono dell’orobilogio, sarebbe a dire un orologio biologico che ogni tanto lo porta avanti nel tempo, di anni o di decenni, e gli mostra come sono finite le persone che in quel momento ha davanti.
O anche cosa stanno facendo in quel momento delle persone lontane cui lui sta pensando, ma il tutto rigorosamente in modo non volontario: ossia l’orobilogio parte quando vuole lui, e Saltatempo – prima di allora detto Lupetto – non può far altro che guardare.

Orobilogio a parte, che alla fine si riduce ad essere un elemento di contorno della storia, il lettore vive la vita del ragazzino, accompagnandolo lungo svariati anni della sua vita, da quando era piccolo fino ai vent’anni, tra speranze, progetti di vita, amori, eventi del paese, amici e conoscenti, compreso ovviamente il periodo di forte cambiamento dell’Italia di allora, dando al tutto un vero e proprio sapore di romanzo di formazione.

Ad aumentare il tasso immaginifico della storia, oltre all’orobilogio abbiamo le varie divinità che il ragazzo vede-incontra ogni tanto, e che fanno da sfondo al narrato… che comunque rimane narrato principale, con le gioie e i dolori della vita del ragazzo.
Un ragazzo normale, tutto sommato (a parte le visioni del futuro e delle divinità, s’intende), un po’ originale ma comunque decisamente più equilibrato di tanti suoi coetanei e compaesani, e che non si fatica affatto a prendere in simpatia…

… tanto che alla fine del libro si ha quella sensazione tipica di quando si finisce un ottimo libro: ti dispiace e già i personaggi ti mancano un po’. Il che è la prova principale di una buona riuscita di un’opera di narrativa.

Certo, Saltatempo non ha la medesima verve e originalità di Terra! o di Elianto, ma in compenso ha un tono più intimo, più dolce se vogliamo, e si fa leggere volentieri… una volta superato un inizio forse non eccelso, tanto che in passato lo avevo preso in mano una volta, leggendo le prime pagine (o decine, non mi ricordo), salvo poi rimetterlo da parte in attesa di tempi più ispirati.

In conclusione, Saltatempo è l’ennesima buona opera di Stefano Benni, uno scrittore che davvero può dire di essere tale, al di là poi del singolo libro, che può piacere di più o di meno al singolo lettore.

Fosco Del Nero


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Titolo: Tartarughe divine (Small gods).
Scrittore: Terry Pratchett.
Genere: fantasy, commedia.
Editore: Mondadori.
Anno: 1992.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


Finora di Terry Pratchett ho recensito tre libri, ossia Il colore della magia, La luce fantasticaA me le guardie!, segno che si tratta di uno scrittore che gradisco.
Difatti, apprezzo molto la commistione tra fantasy e umorismo, connubio in grado di poter offrire divertimento e satira di un certo livello… naturalmente in mano a un autore come si deve.

E Terry Pratchett certamente lo è, e anzi tale connubio porta praticamente la sua firma, essendo il più famoso rappresentante di tale sinergia.

D’altronde, il successo dei suoi romanzi e dei suoi cicli (Il ciclo di Scuotivento, Il ciclo delle streghe, Il ciclo di Morte, Il ciclo delle guardie, senza contare romanzi sparsi come Maledette piramidi) parla da solo e testimonia qualità e gradimento da parte di un largo pubblico.

Diciamo che Terry Pratchett ha fatto per il fantasy quello che Douglas Adams ha fatto per la fantascienza, inserendovi umorismo e ironia in grande quantità.

Tuttavia, devo dire che da Tartarughe divine mi attendevo qualcosa in più, un po’ per la fama dell’autore, un po’ per la fama positiva del romanzo, e un po’ perché l’ambientazione prometteva parecchio: le religioni, Dio, l’inquisizione, etc.
Insomma, sembravano esserci tutte le premesse per un Pratchett scintillante.
E invece vi ho trovato solo un Pratchett discreto.

Per carità, il romanzo è scritto bene, i dialoghi spesso sono ficcanti, e l’ambientazione è discreta…
… però manca qualcosa a livello di qualità e di ispirazione, col libro che sembra un buon lavoro di compilazione, ma non l’opera originale e brillante che avrebbe potuto essere.
Se nei dialoghi abbondano umorismo e ironia, però manca lo scintillio della vera ispirazione. Peccato.

Ad ogni modo, ecco la trama sommaria di Tartarughe divine: siamo ovviamente nel Mondo del Disco, un mondo tondo e orizzontale che si muove nell’universo sopra il dorso di una tartaruga gigante.
Tuttavia, la religione dell’Omnianesimo sostiene invece che il mondo sia tondo e che si muova intorno al Sole, e considera l’idea della tartaruga una bestemmia eretica degna del rogo.
Questo è per l’appunto l’obiettivo della Quisizione, e in particolare del potente diacono Vorbis: uccidere tutti coloro che non credono che il mondo sia sferico.
Brutha, giovane novizio senza particolare intelligenza, e con l’unica dote di una memoria prodigiosa, si troverà suo malgrado in mezzo alle questioni della Quisizione, nonché di eretici e filosofi vari.

Nel complesso Tartarughe divine è vivace e gradevole, e le sue 300 pagine e rotti si leggono abbastanza volentieri… tuttavia come detto mi attendevo una qualità superiore di una o due tacche, e che le suddette 300 pagine sarebbero scivolate via in due o tre giorni, cosa che non è stato.
Comunque, rimane la stima per Terry Pratchett, di cui certamente leggerò qualcos’altro in futuro.

Fosco Del Nero


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Titolo: La canzone di Shannara (The wishsong of Shannara).
Scrittore: Terry Brooks.
Genere: fantasy.
Editore: Mondadori.
Anno: 1985.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Con La canzone di Shannara termino finalmente la trilogia del Ciclo di Shannara.
Dico finalmente perché un po’ mi ero stufato di leggere più o meno sempre le stesse cose, giacché Terry Brooks gira e rigira propone sempre lo stesso schema, che peraltro di base ha preso da Il signore degli anelli, da cui difatti il suo primo libro, La spada di Shannara, ha preso a piene mani (per non dire che è un plagio bello e buono, nonché scritto molto peggio).

Dopo l’esordio non troppo incoraggiante, tuttavia, il secondo libro, Le pietre magiche di Shannara, sollevava decisamente la qualità media, sia come novità sia come qualità, ma col terzo, La canzone di Shannara per l’appunto, si torna giù.

Stavolta non perché il libro sia stato copiato da qualche precedente romanzo (almeno, non che io sappia), o perché abbia le forti ingenuità del primo romanzo del ciclo, ma semplicemente perché è un po’ noiosetto.

Intanto per via del solito schema: qualche entità malvagia minaccia di distruggere il mondo, allora Allanon si reca dalla famiglia Shea, coinvolge i suoi membri più giovani in un’impresa disperata, alla quale poi si aggiungono vari altri personaggi di tutte le razze (nani, elfi, gnomi, etc), col classico finale a seguire.

Visto una volta, visto due volte, un autore che punta alla qualità non dovrebbe proporlo la terza volta… e forse neanche la seconda… e forse neanche copiare da altri scrittori.

Inoltre, il tutto è privo di mordente, di verve, e peraltro stavolta i personaggi principali mancano del carisma di quelli del secondo libro, caratterizzati molto meglio.

Tra i personaggi secondari c’è qualche figura interessante, ma non basta certamente per sollevare un libro mediocre dalla sua mediocrità.

Non ho ancora accennato alla trama de La canzone di Shannara, anche se dopo quanto detto si sarà intuita, nomi a parte: le Quattro Terre sono ancora una volta in pericolo, e ancora una volta il druido Allanon si reca dagli eredi di Shannara, ossia la famiglia Shea, e più precisamente dalla giovane Brin, per chiederle di opporsi al male che incombe grazie ai suoi poteri magici.
Nell’avventura saranno coinvolti il di lei fratello Jair, il di lei fidanzato-pretendente Rone, ma anche lo gnomo Slanter, il maestro d’armi Garet Jax, il vecchio Cogline, la nipote Kimber, il gatto Baffo (questi ultimi tre forse l’unico elemento vivacizzante della storia), etc.

Forse avrei apprezzato un poco di più Terry Brooks se lo avessi letto da ragazzino, ma proprio da adolescente adolescente, e se lo avessi letto tra i primi romanzi fantasy.
Ma tra i miei primi romanzi fantasy ci sono stati Lo hobbit, La storia infinita, Il signore della magia, il Ciclo di Conan, Lei - La donna eterna, L'ultimo castello, Il serpente Ouroboros… con tanti saluti a Terry Brooks.

Fosco Del Nero


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Titolo: Watson sotto accusa - Sherlock Holmes 4 (The crown vs. dr. Watson).
Scrittore: Gerald Lientz.
Genere: librogame, giallo, investigativo.
Editore: E.L.
Anno: 1988.
Voto: 5.5
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Era da un po’ che non leggevo un librogame, ed eccomi dunque qui con il quarto della serie Sherlock Holmes, dopo che avevo letto e recensito i precedenti Omicidio al Diogenes ClubLo smeraldo del fiume nero e Il caso Milverton.

L’autore del libro era quello del primo e del terzo, due ottimi librigame, ossia Gerald Lientz (viceversa il secondo libro della serie era stato deludente), per cui mi attendevo un buon librogame, come gli altri di genere giallo-investigativo.

Il problema, però, è che è troppo “come gli altri”, tanto che si sente un po’ la pesantezza della scarsa originalità, e inoltre questo Watson sotto accusa sembra anche essere meno ispirato dei precedenti due libri di Gerald Lientz.

Ad ogni modo, vediamo la storia del libro, che peraltro è facile intuire fin dal titolo: c’è stato un omicidio in un club inglese (che poi è l’evento di partenza anche di Omicidio al Diogenes Club, a proposito di scarsa originalità), e stavolta l’indiziato sembra essere proprio il Dottor Watson, il celebre assistente del mitico Sherlock Holmes, che peraltro è morto due anni prima e dunque non figura in questo libro.

Più che indiziato, peraltro, Watson sembra proprio essere il colpevole, da quanto sono schiaccianti le prove ai suoi danni.
Spetterà al giovane investigatore formato proprio da Holmes e Watson risolvere l’inghippo e scovare l’assassino dell’uomo d’affari ucciso con un colpo di attizzatoio in testa.

Lo schema del libro è sempre il solito: tra interrogatori e domande, e ovviamente tirate di dati, il lettore metterà da parte indizi, deduzioni e decisioni, fino alla risoluzione del caso… se ci arriva, ovviamente.

Di mio, dico che da un lato la storia è poco originale (possibile che l’autore non abbia trovato nulla di più originale del ripetere una trama già proposta?), da un altro lato è ugualmente un poco stancante il semplice porre domande e tirare i dadi per vedere cosa esce, e infine è deludente anche il finale… o perlomeno quello che ho letto io.

Insomma, nel complesso da Watson sotto accusa e da Gerald Lientz mi attendevo qualcosa di meglio…

Fosco Del Nero


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Titolo: Le ricette dell'energia.
Scrittore: Laura Fiandra , Marina Pucello.
Genere: saggistica, alimentazione, ricette.
Editore: Ananda Edizioni.
Anno: 2017.
Dove lo trovi: qui.


Il post di oggi va a presentare un libro appena uscito, e dettagliatamente un libro di ricette di cucina: Le ricette dell'energia di Laura Fiandra e Marina Pucello.

Si tratta invece di un argomento piuttosto anomalo per Libri e Romanzi, se non fosse che l’argomento “ricette” va di pari passo con l’argomento “benessere”, cui viceversa son sempre ben attento, e nel dettaglio va nella direzione del crudismo, che già da parecchio tempo è anche la mia.
Veganesimo e crudismo, dunque, col libro che ha questo sottotitolo: “140 proposte vegane crude e cotte per vivere con più vitalità”.

Evidenziamo alcuni estremi del libro: intanto, parliamo di quasi 380 pagine di libro, quindi mica poco. Il formato è un poco più grande della media, e l’editore è Ananda Edizioni: quindi Ananda Assisi e quindi yoga e Paramhansa Yogananda.

Ananda Edizioni peraltro aveva già pubblicato un libro su alimentazione e ricette vegetariane e vegane: Il gusto della gioia… la cui autrice, Mahiya Zoé Matthews (che faceva venir voglia di andare a mangiare ad Ananda Assisi, centro famosoa per la sua buona cucina), non a caso è ospitata a fine testo in un capitolo, intitolato "La dieta yogica".

Le due chef crudiste e autrici de Le ricette dell'energia propongono in esso un po’ di premesse teoriche (perché il veganesimo, perché il crudismo, come tener lontane le malattie, lo stile di vita, etc), ma soprattutto propongono le 140 ricette di cui si è detto sopra, arricchite da un abbondante apparato fotografico… e sottolineo che Ananda Edizioni cura sempre molto bene i suoi libri, che son spesso belli da vedere quanto belli da leggere.

Le ricette di cui sopra spaziano dagli estratti di succhi alle colazioni, dai piatti tradizionali italiani in forma vegana e/o crudista ai dolci… insomma, ce n’è per tutti, soprattutto per chi ha voglia di prendere in mano la propria salute: ciò che vuol dire vita più lunga, meno dolori e drammi, più possibilità di realizzare qualcosa nella vita… non poco, quindi.

Ultima cosa: il libro propone il bonus di un video omaggio da scaricare, “Video ricette dell’energia”, con delle ricette eseguite dal vivo.
Tutto molto interessante.

Fosco Del Nero


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Titolo: La via della ricchezza.
Scrittore: Salvatore Brizzi.
Genere: saggistica, crescita personale, psicologia.
Editore: Anima Edizioni.
Anno: 2017.
Dove lo trovi: qui.


La via della ricchezza è l’ultimo libro di Salvatore Brizzi, il noto autore-saggista-conferenziere italiano che ha iniziato con la sua trilogia sul risveglio (Officina alkemica, La porta del mago, Risveglio), per poi dedicarsi a testi sempre di genere saggistico-evolutivo, ma più spuri e meno convenzionali, come Il libro di Draco Daatson o La sacra sessualità, senza contare i numerosi video.

Questo ultimo libro, edito da Anima Edizioni (lo stesso editore della trilogia sul risveglio), era particolarmente atteso dai lettori di Brizzi, perché andava a parare su un argomento assai controverso, in generale e soprattutto nel mondo della spiritualità: il denaro e la ricchezza.

In circa 220 pagine di formato medio, Brizzi espone il suo originale punto di vista a riguardo.
Originale, s’intende, dal punto di vista dell’uomo comune, ma scontato per chi ha già fatti suoi certi apprendimenti esistenziali.

Come il percorrere il seguire la propria missione destinica, il portare avanti il proprio percorso evolutivo, andare verso energie elevate, servire l’esistenza, e via discorrendo.

Nel caso specifico del denaro, la ricchezza non è più vista come un obiettivo della personalità, e dunque qualcosa di “egoico”, qualcosa connesso alla paura di morire di fame, di essere da solo, di non essere apprezzato, di non valere abbastanza e quindi di dover dimostrare di “essere qualcuno”, ma come qualcosa di connaturato alla stessa esistenza umana: non più un diritto, ma un dovere, qualcosa che la persona ha il dovere di realizzare e diportare a se stessa.

Anche perché solamente se alle spalle c’è benessere materiale è possibile dedicarsi con pienezza al proprio percorso interiore, così come solo in quel caso è possibile aiutare gli altri e condividere con essi.
Materia e spirito dunque non sono nemici, non sono antipodici, ma, anzi, convivono… come peraltro tante scuole e tanti maestri spirituali hanno sempre affermato.

Con tutto ciò come base, e molto di più, La via della ricchezza si propone come un manuale per andare incontro alla ricchezza intesa come benessere ad ampio raggio, come ricchezza interiore ed esteriore, e in tal senso offre non solo concetti, ma anche suggerimenti ed esercizi.

Ecco perché La via della ricchezza di Salvatore Brizzi è un libro che sta già vendendo molto e che, probabilmente, venderà ancora per un bel po’ di tempo.
Nel caso vi interessi, buona lettura.

Fosco Del Nero


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Titolo: A scuola di magia (Die zauberschule und andere geschichten).
Scrittore: Michael Ende.
Genere: racconti, surreale, fantasy.
Editore: Salani Editore.
Anno: 1994.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


Ormai Michael Ende è un habitué del blog, giacché è già comparso tre volte: con La storia infinita, con Momo e con Lo specchio nello specchio.
I primi due sono romanzi, mentre il terzo è una raccolta di racconti… la quale è seguita dal libro oggetto della recensione odierna: A scuola di magia.

Intanto, confesso di essere rimasto un poco deluso, dal momento che speravo che la raccolta fosse tutta incentrata sul tema oggetto del titolo del libro, dunque la magia… e se ci fosse stata di mezzo una scuola ancora meglio.

Difatti, per esperienza personale so che Ende dà il meglio di sé quando di mezzo vi sono elementi magico-fantasy-surreali-esistenziali, come mostra per esempio il suo capolavoro, La storia infinita, o come mostrano alcuni dei racconti presenti ne Lo specchio nello specchio (titolo che è tutto un programma).

Sfortunatamente, invece, A scuola di magia contiene  racconti assortiti e molto variegati tra di loro, tanto che non c’è il minimo comun denominatore tra di essi…
… eccezion fatta, ovviamente, per l’elemento surreale. E a questo riguardo si ricordi che Michael Ende è figlio di un pittore surreale, e senza dubbio in casa avrà assorbito molto di tale energia e stile.

Ad ogni modo, vediamo più da vicino A scuola di magia: il libro, lungo circa 180 pagine dalla scrittura “comoda”, contiene tredici racconti, davvero diversissimi tra di loro nel genere e nello stile, così come nella qualità.

Alcuni, a dire il vero, non sono nulla di che, e anzi mi sono meravigliato che Ende li abbia inseriti in un suo libro, mentre altri si rivelano davvero graziosi e originali.
Nel dettaglio, quelli che  ho gradito di più sono stati questi, in ordine di apparizione nel testo: A scuola di magia, Niso e Naso, Una storia scioglilingua, La storia della zuppiera e del mestolo, Una lunga strada per Santa Cruz.

Nascosti qua e là, a dire il vero, non mancano degli elementi didattici, diciamo così, anche se l’impressione è che questo libro, più di altri di Ende, sia rivolto a un pubblico giovanissimo, se non addirittura al genitore che legge le fiabe ai suoi cuccioli la notte prima di dormire.

Di mio, come lettura adulta, gli assegno una sufficienza stretta, ma per un uso fiabesco-notturno-genitoriale aumentate pure il voto di un punto intero.

Fosco Del Nero


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Titolo: Le pietre magiche di Shannara (The elfstones of Shannara).
Scrittore: Terry Brooks.
Genere: fantasy, avventura.
Editore: Mondadori.
Anno: 1982.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


Ormai parecchio tempo fa ho recensito La spada di Shannara, il primo romanzo del Ciclo di Shannara scritto da Terry Brooks.
Il quale non è che mi fece impazzire, anche per via dell’evidente plagio (non ispirazione o vaga somiglianza, ma proprio plagio) de Il signore degli anelli
… tuttavia nel mentre mi ero già procurato i suoi due seguiti, ossia Le pietre magiche di Shannara e La canzone di Shannara, per cui così sia.

La recensione odierna è proprio riferita al secondo capitolo della trilogia iniziale, che poi è stata espansa con altri libri e altri cicli correlati.

Devo dire che, tra il primo libro e il secondo, Terry Brooks è migliorato molto.
Intanto, compie la scelta intelligente di staccarsi nettamente dal primo libro, protagonisti compresi e ambientazioni pure (anche perché probabilmente non sapeva come farlo proseguire, non essendoci un seguito de Il signore degli anelli!), e propone uno scenario completamente nuovo.

Quasi completamente, a dire il vero: le uniche conferme sono per il druido Allanon e per le pietre magiche di Shannara, oggetto centrale del primo libro, nel frattempo passate di mano dal precedente proprietario Shea al nipote Wil
… il che, peraltro, volendo continuare le somiglianze con l’universo tolkeniano, ricorda molto il passaggio dell’anello da Bilbo al nipote Frodo (anche se a voler essere precisi nel primo caso la relazione è nonno-nipote, mentre nel secondo è zio-nipote).

Per il resto cambia tutto, e cambia completamente anche la missione: sconfitto il Signore degli Anelli… ehm, volevo dire il Signore degli Inganni, stavolta il nemico sono i demoni che stanno per infrangere il divieto dell’Eterea, un antico albero nato dalla magia elfica che è quasi giunto al termine della sua esistenza, cosa che porterebbe con sé l’invasione di una vera e propria armata demoniaca nelle Terre dell’Ovest degli elfi.

Dopo cinquant’anni dalla precedente minaccia (terre pericolose, a quanto pare), Allanon torna dunque in campo, coinvolgendo stavolta Wil Ohmsford, al quale è affidato il compito di proteggere la giovane elfa Amberle nell’improba missione che l’attende, quella di salvare l’Eterea ridandole nuova vita e così salvare anche tutte le terre conosciute, elfiche, umane o naniche che siano.

Le pietre magiche di Shannara come detto fa decisamente un passo avanti.
Il libro non si rivela un capolavoro del fantasy, ma un discreto romanzo sì.
Terry Brooks è riuscito a spurgare, oltre che i riferimenti all’opera di Tolkien, anche l’eccessiva semplicità di molte situazioni, nonché l’ingenuità di molti dialoghi.
Rimane una certa aria un po’ naif, per cui a volte si ha la sensazione di comportamenti, atteggiamenti o parole forzate, utili giusto a far andare la storia come desidera l’autore, senza però che vi sia in essi una coerenza interna, ma comunque la situazione è molto più leggera rispetto al precedente libro, che in questo senso era un po’ pesante.

Per il resto, qualche scenario un po’ scontato, ma un livello globalmente discreto, tanto che le 500 pagine del romanzo scivolano via abbastanza facilmente… impreziosite anche da qualche situazione dal sapore esistenziale, che sia voluta o non voluta dall’autore, e che lascio comunque alla lettura dell’eventuale lettore

Fosco Del Nero


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Titolo: Lo sciamano ci parla.
Scrittore: Riccardo Bertani, Stefano Dallari.
Genere: epopea, fantastico.
Editore: Verdechiaro Edizioni.
Anno: 2012.
Voto: 6.5
Dove lo trovi: qui.


Lo sciamano ci parla è un libro certamente particolare e raro, dal momento che, grazie alla traduzione di Riccardo Bertani, e al contributo culturale di Stefano Dallari, propone nientemeno che un poema antico della terra dell’Altaj, che sarebbe un territorio della russa asiatica siberiana meridionale vicino a Kazakistan e Mongolia.

Il poema in questione porta il titolo di Maaday Kara, e si basa, in questa sua versione italiana, sulla versione originale di Aleksei Gregorevic Kalkin, poeta locale soprannominato “l’Omero dell’Altaj”, che nel 1979 mise insieme le tradizioni orali antiche di molti secoli, che lui stesso aveva sentito raccontare fin da bambini dagli anziani del posto.

Maaday Kara è peraltro anche il nome del protagonista, o almeno di uno dei protagonisti: il primo, positivo, è lui; il secondo, negativo, è il suo nemico Kara-Kula; il terzo, positivo, è suo figlio Koghjudej-Merghen.
Senza dimenticare anche la presenza femminile: Altyn-Targa, la moglie di Maaday Kara; Kara-Taadi, la moglie di Kara-Kula e perfida sciamana, figlia di Erlik, sorta di re dell’oltretomba; e Altyn-Kjuskyn, la moglie di Koghjudej-Merghen.

Il poema, relativamente breve e di agevole lettura, ha un’evidente valenza metaforica, tanto nei simboli (elementi della natura, animali, numeri, soprattutto il sette e il nove), sia nel suo rappresentare la vita dell’uomo, tra nascita, sviluppo, tentazioni, valori interiori, discesa negli inferi (come una sorta di Divina Commedia ante litteram) e vittoria finale.

Il tutto accompagnato da alcune illustrazioni in bianco e nero e dipinti a colori (di Alfonso Borghi), e tra i due ho preferiti i primi, decisamente più affini all’energia del poema.

Devo dire di aver gradito abbastanza Lo sciamano ci parla, che poi non è altro che il poema Maaday Kara con l’aggiunta di poche pagine di presentazione all’inizio (tanto che vien da chiedersi come mai il libro non sia stato presentato direttamente come la traduzione del Maaday-Kara), che è scivolato via con semplicità e piacevolezza, grazie anche a una traduzione parimenti scorrevole.

E le vicende di Maaday Kara e del figlio Koghjudej-Merghen, che poi sarebbero le guide del popolo dell’Altaj contro le forze del male, si fanno seguire bene.
Anche se, devo dire la verità, mi sarei aspettato qualcosa di più esistenzial-spirituale e di meno epico-letterario.
Viceversa, l’opera si è fatta valere soprattutto su questo secondo versante, ma va bene anche così.

Nel caso vi ispiri un viaggio in un luogo e in un tempo che altrimenti difficilmente visiterete, buona lettura.

Fosco Del Nero


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Titolo: Un tocco di gioia.
Scrittore: Nayaswami Jyotish, Devi Novak.
Genere: saggistica, spiritualità, benessere.
Editore: Ananda Edizioni.
Anno: 2017.
Dove lo trovi: qui.


Eccomi di nuovo qui a proporre un libro appena uscito: Un tocco di gioia, scritto dal duo Nayaswami Jyotish-Devi Novak.

Due parole sugli autori, poco noti in Italia.
Nayaswami Jyotish è stato per molti decenni anni allievo e amico di Swami Kriyananda e da egli nominato suo successore spirituale alla guida delle comunità Ananda.
Devi Novak, moglie del primo, è stata anch’essa allieva di Kriyananda, e ha curato l’edizione di alcuni suoi libri (tra cui il buon L’intelligenza intuitiva e la biografia di Kriyananda, La fede è la mia armatura).

La coppia peraltro aveva già pubblicato un libro, dal titolo molto simile a questo: Un tocco di luce.
Dopo la luce la gioia, quindi, con il sottotitolo dei due libri che è il medesimo: “Vivere gli insegnamenti di Paramhansa Yogananda”.

Un tocco di gioia, se è un libro di formato un poco più piccolo del classico 14x21, è invece piuttosto voluminoso come numero di pagine: circa 360, con l’indice, ugualmente ricco, composto da 103 capitoli.
Capitoli agili, quindi, di 3-4 pagine ciascuno, con gli argomenti che son tutti, come ovvio data la pubblicazione di Ananda Edizioni e dato il “lignaggio” degli autori, di genere spirituali, e che spaziano dalla felicità alla pace, dalla divinità all’amore, dai pensieri alle pratiche spirituali.

A certificare “la discendenza”, insieme a Un tocco di gioia vien dato in regalo, immagino fino a esaurimento scorte, un libriccino dello stesso Kriyananda, intitolato I segreti della felicità: gioia e felicità, dunque.
Da sottolineare inoltre che tradizionalmente Ananda Edizioni pone una grande cura nelle sue pubblicazioni, tutte molto belle dal punto di vista editoriale (tra il bello e il bellissimo, a dirla tutta) e molto spesso anche nei contenuti (ok, non tutti sono Yogananda, ma già muoversi in quell'ambito è un buon indizio).

Buona lettura a chi vorrà.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il prossimo passo della tua vita.
Scrittore: Sahaja Mascia Ellero.
Genere: saggistica, esistenza, intuizione.
Editore: Ananda Edizioni.
Anno: 2017.
Dove lo trovi: qui.


L’articolo di oggi è una preview, ossia è la presentazione di un libro appena uscito… che peraltro non è un libro ma un videocorso in dvd: Il prossimo passo della tua vita, videocorso condotto da Sahaja Mascia Ellero.

Il nome in questione non mi dice niente, ma mi dice molto la casa editrice di riferimento, Ananda Assisi, la quale pubblica opere di Paramhansa Yogananda, di Swami Kriyananda e di discepoli vari usciti proprio da Ananda Assisi, la comunità spirituale-yogico-meditativa fondata da Kriyananda in Italia e basata sugli insegnamenti di vita di Yogananda.

Detto del “curriculum”, veniamo al prodotto in questione, un dvd della durata totale di tre ore che porta in sottotitolo in questione: “Il metodo supercosciente per fare scelte felici”. L’ambito in cui va a inserirsi è chiaro, dunque, e riguarda una domanda che viene spesso posta in ambito spirituale: come fare le scelte migliori nella vita.

Il prossimo passo della tua vita si pone esattamente l’obiettivo di insegnare a chi guarda a porsi in maggior contatto con la propria intuizione, o ancor meglio con il proprio Sé Superiore, in modo da ricevere guida e consiglio.

Di più: il "Prossimo Passo" si presenta come un vero e proprio metodo di life-coaching spirituale, elaborato anni fa da Sahaja Mascia Ellero, conduttrice di tanti corsi dal vivo su questo tema e con questa metodologia nonché insegnante e counselor spirituale della comunità Ananda… mica poco come presentazione.

Il dvd peraltro non si esaurisce con queste tematiche, ma propone dell’altro: degli esercizi di genere spirituale, degli esercizi di ricarica fisica, delle pratiche guidate da Jayadev Jaerschky (autore di vari libri, tra cui Respira che ti passa! e Risveglia i chakra), un libriccino d'accompagnamento di un centinaio di pagine… e inoltre per chi lo acquista c’è in regalo il cd Supercoscienza, che contiene numerose meditazioni guidate elaborate e musicate da Swami Kriyananda.

Il cd già lo ho ed è un buon prodotto…
… ora vediamo com’è il dvd Il prossimo passo della tua vita.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il patto col fantasma (The haunted man and the ghost’s bargain).
Scrittore: Charles Dickens.
Genere: drammatico, fantastico.
Editore: Newton Compton.
Anno: 1848.
Voto: 5.5
Dove lo trovi: qui.


Ho un rapporto un po’ altalenante con i classici, nel senso che non mi sono mai letto un autore “perché è un classico”, ma sono sempre andato a intuizione personale… ovviamente a parte le letture cui mi obbligarono a scuola.

Charles Dickens non è rientrato né in una categoria né nell’altra, cosicché non avevo mai letto niente di lui, limitando la mia conoscenza al famoso Canto di Natale, da cui sono stati tratti svariati film, più o meno letterali (A Christmas carol, SOS fantasmi, etc).

La mia prima lettura di Dickens, famoso soprattutto per i romanzi Oliver Twist, David Copperfield Nicholas Nickleby, è caduta su un racconto lungo parente stretto di Canto di Natale, ossia Il patto col fantasma, non a caso incluso in una medesima raccolta (Canti di Natale), con la parentela che sarà presto ovvia nel raccontare la trama sommaria.

Eccola: Redlaw è un uomo abbiente, cui non manca nulla, ma che tuttavia è tormentato da due cose: alcuni vecchi dolorosi ricordi e un inquietante fantasma che ogni notte viene a fargli visita.
Nell’ennesima visita, il fantasma gli propone un patto: cancellerà da lui la tristezza dei suddetti ricordi. Redlaw accetta, ma poi si rende conto che insieme alla tristezza è scomparsa qualunque emozione positiva, come la compassione, la gentilezza, etc.
E c’è di più: egli va a trasferire il cosiddetto “dono” a tutti coloro che vengono in contatto con lui, persino le anime più buone e sensibili, come una sorta di maledizione…

Il racconto, lungo un’ottantina di pagine fitte, è suddiviso in tre parti (Il dono concesso, Il dono distribuito, Il dono revocato), le quali peraltro anticipano l’evoluzione della storia, nonché il percorso interiore del protagonista, che poi è lo stesso di quello del più famoso Canto di Natale, fatto che rende evidente con chiarezza che il tema della redenzione era particolarmente caro a Charles Dickens

Nel mezzo del racconto, tristezza, dramma, ambientazioni cupe, esteriori ed interiori.
Ed una prosa elegante e ricercata, che alla fine è uno dei due motivi di valore della storia (l’altro è il percorso salvifico del protagonista)… i quali però non sono forse materia sufficiente per immergersi in tale dramma e pesantezza, che difatti mi ha per larghi tratti lasciato distante, se non annoiato.

Come sempre, vedete voi.

Fosco Del Nero


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Titolo: La dodicesima illuminazione (The twelfth insight).
Autore: James Redfield.
Genere: narrativa, spiritualità.
Editore: Corbaccio.
Anno: 2011.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.


Ormai parecchio tempo fa avevo recensito due romanzi di James Redfield: il celebre e fortunatissimo La profezia di Celestino, poi divenuto anche film, e il primo dei suoi seguito, La decima illuminazione.

Il primo mi era piaciuto: originale e ispirato, univa l’utile di qualche insegnamento esistenziale con il dilettevole di una lettura godibile e appassionante, con la caccia al documento delle illuminazioni in Perù e la controcaccia di chi invece cercava di bloccare chi cercava il documento.

La decima illuminazione non era altro che la stessa minestra ambientata però in un diverso luogo del mondo…

… e per tale motivo non ho letto L’undicesima illuminazione, il cui titolo peraltro non prometteva nulla di buono in questo senso (e di cui so solo che anch’esso era ambientato in un altro luogo del mondo, l’Asia centrale).

La dodicesima illuminazione mi è stato regalato e perciò l’ho letto, sperando di aver intuito male.
Ma, a proposito di intuizione, ci avevo preso: La dodicesima illuminazione è la stessa solfa, solo peggiore…
… e ovviamente ambientata in un altro posto ancora della Terra, stavolta tra Stati Uniti ed Egitto.

Non essendo stato in grado di alzare il livello interiore del narrato, Redfield ha sparato alto (oltre ad aver cambiato ambientazione), tra fine del mondo e armageddon, tra scontri con militari e dialoghi inter-religiosi, al contempo portando avanti le solite ricerche di documenti antichi (stavolta non “illuminazioni”, ma “estensioni”).

Situazioni e dialoghi sono spesso banalotti e davvero poco credibili, tanto che il lettore finisce facilmente per annoiarsi (beh, almeno questo lettore).

Quanto esce fuori da La dodicesima illuminazione, alla fine della fiera, è un libretto innocuo, che non va oltre quanto proposto in precedenza (sincronicità ed energie): non c’è dunque contenuto esistenziale di valore, né valore letterario.

Insomma, per conto mio basta James Redfield.

Fosco Del Nero


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Titolo: Magico viaggio in Africa nera.
Scrittore: Lucia Santarelli, Fatou Dieng.
Genere: fiaba, illustrazioni, racconti.
Editore: La Cassandra Edizioni.
Anno: 2014.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


La scorsa estate, mentre ero in spiaggia, si è avvicinato un uomo africano il quale, in luogo dei soliti oggetti (bigiotteria, vestiti, giochi, etc), vendeva libri.
E, per rendere la cosa più etnica, libri di cultura africana.

Non interessandomi l’aspetto politico, di denuncia o altro, avevo optato per un libro illustrato contenente una fiaba africana riportata sotto forma di illustrazioni, oltre che come testo.
Il libro in questione era Le furbizie di Lepre, edito da La Cassandra Edizioni.

Questa estate, pochi giorni fa, ho preso un altro libro dello stesso genere: Magico viaggio in Africa nera, sottotitolo Una fiaba per scoprire l’Africa.

Curiosamente, pur senza saperlo, in ambo i casi sono andato a finire in tematiche a me molto vicini, giacché nel primo libro si affrontava tra gli altri il tema del vegetarianesimo, mentre in questo Magico viaggio in Africa nera si va a parlare addirittura di animali totem e di magia.
Non potevo chiedere di meglio, in effetti…

Neanche dalla illustrazioni, davvero molto carine: coloratissime, creative, dai vivaci color pastello e dai toni un po’ infantili e un po’ fantasy, ma senza eccedere in nessuna di codeste direzioni.

Il libro è relativamente breve, con le sue circa 70 pagine, di cui una pagina di testi e una pagina di disegni illustrati, a turno.

Il target è l’infanzia, ma il racconto, suddiviso in vari capitoli, è godibilissimo da ogni fascia d’età, tanto che, come detto, a me è piaciuto molto, sia come storia, sia come illustrazioni.
Il tutto ha un sapore fortemente didattico-educativo, e peraltro va un poco oltre l’educazione tipica dei bambini italiani, giacché contiene l’elemento degli animali totem, comune peraltro a più culture (si pensi agli indiani d’America).

In conclusione, Magico viaggio in Africa nera è stato un buon acquisto, che vi consiglio a mia volta, sia per il prodotto in sé, sia per la natura benefica della casa editrice in questione.

Fosco Del Nero


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Titolo: I segreti di Taverner, dottore dell’occulto (The secrets of Dr. Taverner).
Scrittore: Dion Fortune.
Genere: narrativa, occultismo.
Editore: Venexia Edizioni.
Anno: 1926.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



Da poco mi è caduto l’occhio su un personaggio interessantissimo, che tuttavia prima di adesso non avevo nemmeno mai sentito nominare: parlo di Dion Fortune, autrice della prima metà del secolo scorso, che si è occupata essenzialmente di spiritualità ed occultismo…

… diffondendoli sia a livello di saggistica che tramite la narrativa, ciò che ci porta al libro odierno: I segreti di Taverner, dottore dell’occulto.

Esso è un testo scritto nel 1926 e riguardante un brillante medico e investigatore dell’occulto. 
Diciamo che è un po’ una sorta di Sherlock Holmes delle energie sottili… e difatti è anch’egli assistito da un dottore meno dotato e di grande buon senso, che poi è la voce narrante del testo, il dottor Rhodes.

La cosa curiosa è che il personaggio di Taverner è realmente esistito, pur se non con questo nome, ed è colui che ha “salvato” la stessa Dion Fortune (il cui nome alle anagrafe è in realtà Violet Mary Firth) dal manicomio e dai farmaci a vita, giacché trattavasi di persona con visioni particolari, poco consone al pubblico perbenista e scientista di quell’epoca (beh, ma anche al pubblico odierno a dire il vero, anche se si sta andando sempre più nella direzione di un ritorno ai mondi spirituali).

Dunque, tale dottore dei mondi psichici, energetici e occulti ha salvato Violet, che in seguito ha cambiato nome in Dion Fortune, e ha scritto numerosi testi di saggistica esoterica, tra cui racconti e romanzi di narrativa spiritual-esoterica, tra cui quello recensito oggi.

Il quale in realtà è la somma di dodici racconti, ognuno dedicato a un tema energetico differente, dalla possessione demoniaca alla visione delle energie sottili, dai poteri psichici alle logge segrete. Il tutto col processo dell’evoluzione spirituale sullo sfondo, reso enormemente evidente dalla conclusione dell’ultimo racconto, e quindi dell’intero volume.

I racconti sono scritti davvero bene, cosa che denota capacità da scrittrice vera e propria al di là dell’aspetto divulgativo, e sono tutti interessanti e godibili, e questo al di là dell’interesse del lettore per le tematiche spirituali trattate.

Tanto che , devo essere onesto, pur aspettandomi un buon libro, ne sono rimasto piacevolmente colpito, e anzi in futuro certamente mi procurerò qualcos’altro di Dion Fortune.

Per ora, vi raccomando questo I segreti di Taverner, dottore dell’occulto, davvero una bella raccolta di racconti.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il ribelle di Veritas (City of truth).
Scrittore: James Morrow.
Genere: fantascienza, distopia, drammatico.
Editore: Editrice Nord.
Anno: 1990.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.


Di James Morrow avevo già letto e recensito due libri, sarebbe a dire L’ultimo viaggio di Dio e Abaddon, due romanzi davvero spuri con elementi fantastici, religiosi, politici, drammatici, umoristici… insomma, un po’ di tutto, e a farla da padrone era il senso di surreale dell’autore.

Il terzo candidato è Il ribelle di Veritas, libro che li aveva preceduti di alcuni anni (è datato 1990), e che ha un’ambientazione e uno stile del tutto differenti… pur partendo anch’esso da un elemento di tipo fantastico.

Il fantastico stavolta è però meno fantasy (il corpo di Dio che un bel giorno crolla sulla Terra e finisce nell’oceano, premessa de L’ultimo viaggio di Dio) e più fantascientifico, e precisamente si inserisce in quel sottogenere della fantascienza che è la distopia, la quale ha avuto i suoi esponenti più brillanti e acclamati in libri come 1984Il mondo nuovo, La fattoria degli animaliFahrenheit 451.

Siamo dunque in una società del futuro di tipo dittatoriale o quasi, nella quale tutti gli abitanti sono condizionati in modo forzoso a dire la verità, tramite un processo violento subito nell’infanzia, che rende la menzogna impossibile, odiosa e persino fisicamente dolorosa.

Se ciò ha dei vantaggi in termini di ordine sociale, ha tuttavia altrettanti svantaggi in termini di libertà e di felicità individuale… per non parlare del fatto che ogni arte viene eliminata, i libri bruciati, etc.

Il protagonista della storia è Jack Sperry (il cui suono è molto simile a quello del più recente Jack Sparrow), un uomo che vive nella città di Veritas e che di lavoro fa il censore: ossia, si occupa di stabilire quali libri vadano bruciati perché menzogneri… ossia praticamente tutti i libri del passato (vengono citati tra gli altri Il mago di Oz, Via col vento e Quarto potere).

Lui e la moglie Helen sono praticamente due cittadini modello di Veritas, ma le sue solide convinzioni un giorno vanno a sbattere contro una malattia diagnosticata al figlio, condannato a rapida morte secondo la medicina ufficiale.

Non volendosi arrendere a tale prognosi infausta, Jack cerca conforto nella cultura alternativa (c’è addirittura qualcuno che pensa che pensieri ed emozioni abbiano un impatto sulla salute!), finendo per avvicinarsi, grazie alla conoscenza di Martina, al gruppo dei Dissimulatori, persone che sono riuscite a superare il condizionamento infantile alla verità forzosa, e che ora hanno nuovamente la libertà di dire e provare quello che vogliono.
Essi vivono in una Veritas al contrario, non a caso chiamata Satirev, sorta di enclave nascosta, in attesa di riuscire a restaurare la libertà.
Se le premesse de Il ribelle di Veritas sono di tipo distopico, va detto che il romanzo di Morrow si propone nettamente più come romanzo di intrattenimento che non come romanzo politologico-filosofico, per così dire, risultando di valore assai inferiore ai già citati 1984, Il mondo nuovo, La fattoria degli animali, etc. Anzi, non è nemmeno sullo stesso piano.

E devo dire purtroppo che manca anche quella brillantezza che perlomeno a tratti si intravedeva negli altri due libri di James Morrow che ho letto, risultando in fin dei conti un’opera monca: buono spunto iniziale, ma non affrontato in modo ampio, col tutto che come detto risulta un’opera di mero intrattenimento, che peraltro non è né lunga né convincente.

Insomma, peccato.

Fosco Del Nero


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Titolo: Shadrach nella fornace (Shadrach in the furnace).
Scrittore: Robert Silverberg.
Genere: fantascienza, distopia.
Editore: Mondadori.
Anno: 1976.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Ecco, ora ragioniamo: dopo due romanzi inizialmente promettenti ma non troppo convincenti nel loro pieno svolgimento (= si sarebbe potuto fare qualcosa in più e la conclusione è insoddisfacente), ossia Gli anni alieni e Base Hawksbill, finalmente Robert Silverberg mi mostra qualcosa di buon livello in tutto il suo svolgimento: è Shadrach nella fornace, il secondo romanzo presente nel volume Base Hawksbill-Shadrach nella fornace (ma che si trova in commercio anche in volume singolo).

Entrambi i romanzi, il primo del 1968 e il secondo del 1976, il primo lungo circa 150 pagine e il secondo circa 240, sono romanzi di fantascienza, entrambi ambientati in un futuro discretamente seppur non troppo lontano, ed entrambi ipotizzano degli scenari politici di tipo semidittatoriale, tanto da poter essere iscritti nel filone della distopia…
… per quanto non si concentrino proprio sull’aspetto socio-politico, come i grandi romanzi di questo genere (1984Fahrenheit 451Il mondo nuovo), bensì sulla storia di vita dei protagonisti.

Nel caso di Base Hawksbill, il tema concerne i viaggio nel tempo, ed alcuni dissidenti politici inviati nel lontanissimo periodo cambriano, là dove non possono più cercare di destabilizzare lo stato.
Nel caso di Shadrach nella fornace, invece, il tema concerne gli equilibri sociali e politici di un futuro non troppo distante in cui una guerra batteriologica ha decimato la popolazione mondiale, spostando il centro del potere e dell’equilibrio del mondo verso est, e precisamente verso la Mongolia: Ulan Bator è la città più importante del mondo, e il dittatore mondiale è un mongolo chiamatosi Gengis II Mao IV, in onore sia di Gengis Khan che di Mao Tse Tung.

Egli è un uomo già molto anziano, la cui età stessa è dubbia (85? 90? 95?), e che è tenuto sempre in buona forma dai dottori più competenti del mondo, nonché dalla tecnologia avanzata di quel tempo, capace di innestargli un fegato o uno stomaco all’abbisogna, e in modo perfetto.

Il suo dottore personale è il protagonista del libro, Shadrach Mordechai, un americano di colore (dal nome di impronta ebrea) allontanatosi presto degli Usa ormai in decadenza e arrivato ad essere il cerusico di fiducia del dittatore Gengis Mao, con tanto di sofisticati apparecchi installati nel suo corpo e collegati al corpo di Gengis, che gli rivelano in tempo reale il suo stato di salute e tutti i dati del corpo del dittatore: sangue, pressione, reazioni chimiche, etc.

Il romanzo si muove su più livelli: il lavoro di Shadrach, la sua vita sentimentale, la situazione mondiale, le questioni etiche e politiche (in realtà un po’ trascurate a favore dell’elemento individuale del protagonista), riuscendo a dare una visione d’insieme convincente (come peraltro era stato anche per gli altri romanzi di Silberberg che ho letto), e finalmente anche un dipanarsi degli eventi convincente ed efficace, senza le chiusure affrettate e pressapochiste viste altrove.

Tanto che Shadrach nella fornace finisce dritto dritto tra i più convincenti scritti di Silverberg che ho letto (L’uomo stocastico, Pianeta senza scampo, e ora per l’appunto Shadrach nella fornace), lasciandosi alle spalle quelli meno convincenti (Gli anni alieni, Base Hawksbill)...

… i quali comunque erano sufficienti, segno, casomai servisse una prova, del fatto che Robert Silverberg è uno scrittore che sa scrivere.

Fosco Del Nero


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Titolo: Base Hawksbill (Hawksbill Station).
Scrittore: Robert Silverberg.
Genere: fantascienza.
Editore: Mondadori.
Anno: 1968.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


Avevo da anni a casa alcuni romanzi di Robert Silverberg che non avevo mai letto e che ho pensato di leggere ora.
Dopo Gli anni alieni, recensito di recente, è oggi il turno di Base Hawksbill, romanzo del 1968.

Il genere è la fantascienza, giacché di mezzo ci sono i viaggi nel tempo, anche se è forte la contaminazione con argomenti politici e sociali.

Ecco in grande sintesi la trama di Base Hawksbill: siamo in un prossimo futuro, nelle prime decadi del XXI secolo (ossia tra una decina d’anni da ora, ma circa sessant’anni da quanto fu scritto il romanzo), allorquando una rivoluzione abbatte i precedenti poteri degli Stati Uniti, portando al governo i cosiddetti sindacalisti, i quali tuttavia, nonostante gli iniziali proclami di libertà, divengono dei dittatori di stampo piuttosto totalitaristico, tanto che le dissidenze non sono tollerate.

Si forma così un gruppo di controrivoluzionari, che attende il momento di passare all’azione: tra di essi, Jim Barrett e Jack Bernstein, due ragazzi-giovani uomini che praticamente crescono all’interno del movimento, seppur prendendo in seguito direzioni del tutto opposte.
All’interno del movimento sta anche lo scienziato Edmond Hawksbill, impegnato in una ricerca sulla possibilità dei viaggi nel tempo.

Questo quanto alla premesse cronologiche dei fatti… che in realtà non vengono narrati in ordine cronologico, ma avendo come riferimento di partenza i tempi futuri in cui il viaggio nel tempo è già stato inventato e in cui molti dissidenti politici sono stati spediti nel periodo Cambriano, ancora prima che esistessero i dinosauri, come sorta di detenzione punitiva a vita, senza possibilità di ritorno al presente, giacché la teorizzazione dei viaggi nel tempo prevede solo che si possa andare indietro, e non avanti.

È proprio qua che conosciamo Barrett, ormai avanti con gli anni, mentre lo conosceremo da ragazzo in seguito, grazie a dei flashback che si alterneranno al “momento presente”.

Silverberg sa scrivere, questo già si sa, eppure, dal mio punto di vista, gli manca sempre qualcosa: vi è sempre un’idea interessante di fondo, nonché la capacità di tratteggiare personaggi credibili e appassionanti, però spesso manca qualcosa, o come profondità dello sfondo narrativo (per cui si vive quegli eventi e basta, senza una visione generale corposa dall’aria epica) o come conclusione degli eventi (per cui tutti finisce in una bolla di sapone, spesso in modo frettoloso e magari non troppo convincente, come se avesse fretta di terminare o non sapesse come sciogliere tutti i nodi creati). 

Anche Base Hawksbill rispetta questa mia sensazione, col romanzo che, non troppo lungo (circa 160 pagine) inizia bene, procede bene e, nel momento in cui dovrebbe culminare in qualcosa di risolutivo e/o brillante, si scioglie banalmente… proprio come era stato per Gli anni alieni.
Peraltro, devo dire che neanche il suo romanzo di fantascienza più famoso, L’uomo stocastico, mi aveva convinto in pieno, per cui credo che sia una cosa proprio strutturale dello scrittore (o del mio modo di percepirlo), piuttosto che eventi isolati.

Ad ogni modo, a breve avrò una conferma o una smentita, leggendomi Shadrach nella fornace, l’altro romanzo incluso nel volume dedicato a Robert Silverberg.

Fosco Del Nero


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Titolo: Vedopolis.
Autore: Maurizia Mancini.
Genere: gioco da tavolo.
Editore: Macro C'arte.
Anno: 2017.
Dove lo trovi: qui.


Normalmente su Libri e Romanzi capitano… beh, libri e romanzi, per l’appunto, ma già in passato è giunto anche qualcosa di diverso, come cd audio, o tarocchi.
Oggi è la volta di qualcos’altro ancora: un gioco di carte/gioco da tavolo intitolato Vedopolis, autrice Maurizia Mancini.

Il sottotitolo del gioco è il seguente: “Cambia visione. Trova la soluzione”. E poi anche: “Il gioco delle abilità visive che ti aiuta a cambiare prospettiva”. E se mi ci sono imbattuto è perché il gioco in questione si inserisce nel filone della crescita personale, filone come noto di mio interesse.

Il gioco è stato progettato per migliorare apprendimento, capacità d’osservazione, concentrazione, immaginazione, gestione spaziale, nonché le relazioni, e in questo senso si presta molto bene ad essere tanto un gioco per bambini quanto un gioco per adulti… e infatti l’età indicata va dai 4 ai 99 anni.
In tale direzione, esso presenta tre diversi livelli di difficoltà, cosa utile a tararsi alle diverse fasce d’età dei giocatori.

Non a caso l’autrice, Maurizia Mancini, si occupa professionalmente proprio di vista, di gestione dello spazio, di percezione e di creatività.
E il gioco si ispira alla metodologia del “ parquetry blocks”, uno strumento per il training visivo, l’analisi dei problemi, il miglioramento delle capacità motorie.

Insomma, mica poco, e anzi abbastanza per essere incuriositi da questo Vedopolis, gioco per due giocatori che già nella sua “trama” di fondo è ispirante, e ha anzi un che di esistenziale (e non a caso di mezzo c’è Macro Edizioni, la nota casa editrice che pubblica testi di crescita personale): la città di Vedopolis è in difficoltà. I sindaci dei due rioni, quello degli Spostati di Sopra e quello degli Spostati di Sotto, non sanno come reagire al fatto che gli abitanti dei loro rioni hanno smesso all'improvviso di capirsi. Addirittura un giorno, al mattino, una nebbia magica s’è levata sul fiume che divide i due rioni e ha fatto sparire il ponte che li univa. Da quel momento, gli Spostati di sopra e gli Spostati di sotto parlano due lingue diverse e vedono le cose in modo totalmente opposto, da cui l’esigenza di ritrovare armonia e serenità.

Non male come storia di partenza di un gioco da tavolo… 

Fosco Del Nero


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Titolo: Gli anni alieni (The alien years).
Scrittore: Robert Silverberg.
Genere: fantascienza.
Editore: Mondadori.
Anno: 1998.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.


Gli anni alieni è il terzo romanzo che recensisco di Robert Silverberg, autore assai noto e prolifico, ancora vivente, che ha iniziato a scrivere nel 1955, quando aveva 20 anni, e non ha mai smesso, anche se negli ultimi anni ha diradato le sue produzioni.

Tra i suoi romanzi più famosi, abbiamo L’uomo stocasticoShadrach nella fornaceAli della notte, ma va citato anche il Ciclo di Majipor, sua incursione nel fantasy… che poi è ciò cui si è dedicato di più nell’ultima fase della sua vita, nonostante altre opere sporadiche, come il recensito Pianeta senza scampo.

Anche Gli anni alieni ha goduto di una discreta fama, vediamo subito se meritata.
Intanto, preciso che, seppur lo recensisco come un unico romanzo, nell’edizione italiana è stato diviso in due libri dalla Mondadori… che evidentemente stava facendo pratica di suddivisione di romanzi prima di farlo in “grande” stile con Le cronache del ghiaccio e del fuoco di Martin.

Nel complesso, il romanzo è lungo circa 500 pagine di formato ridotto, e propone una sorta di epopea lunga cinquantacinque anni: sarebbe a dire la resistenza umana di fronte all’invasione aliena.

E andiamo dunque alla trama de Gli anni alieni: un bel giorno numerose astronavi aliene scendono sulla Terra, non viste e non attese, e si piazzano sulle maggiori città (diciamo che l’incipit non è dei più originali). Gli alieni, chiamati Entità, sono tuttavia imperscrutabili: non dicono niente, non comunicano con l’uomo, non iniziano alcuna guerra, ma si limitano a portare avanti un loro disegno misterioso, utilizzando dapprima dei volontari umani come intermediari e come manodopera, e poi, sulla scia di alcuni attentati umani ai loro danni, costringendo con la forza sempre più numerose persone.
Ma sempre in modo misterioso, tanto che persino gli uomini a loro più vicini non hanno la minima idea dei loro scopi.

Ad ogni modo, dopo un po’ di tempo diviene chiaro che, per via della loro potenza enormemente più avanzata di quella umana, sono loro i nuovi padroni della Terra, e persino le varie resistenze dovranno far buon viso a cattivo gioco, e magari semplicemente attendere tempi migliori.

La resistenza che il romanzo segue è quella dei Carmichael, una famiglia di militari con a capo il Colonnello, uomo di grande forza e tempra morale, che, a seguito dell’invasione, organizza tutta la sua famiglia intorno a un ranch nel sud della California, non troppo lontano da Los Angeles, che peraltro è una delle sedi mondiali principali delle Entità.

Il romanzo segue così la storia della famiglia e dei suoi vari membri, generazione dopo generazione, generando un affresco piuttosto lungo e corposo tanto dei Carmichael quanto della situazione della Terra post-invasione.

Il tutto, devo dire, è piuttosto convincente e per larghi tratti interessante.
Ma non del tutto, e il romanzo non è privo di difetti: intanto, i personaggi sono molti, e spesso ci si perde nei loro nomi, anche perché le varie generazioni utilizzano spesso nomi di genitori e nonni, rendendo le cose a volte poco chiare per chi legge; in secondo luogo, non tutto convince a livello di scelte narrative (collaborazionisti, hacker, la stessa resistenza, etc); ma soprattutto, il finale dell’opera è ridicolo, e sembra una chiusura facile per carenza di voglia di andare avanti.

Raramente ho letto un libro con una distanza temporale tanto grande tra l'inizio della storia e la sua conclusione, e certamente l’epopea descritta nelle 500 pagine precedenti meritava qualcosa di meglio di un semplice colpo di spugna… così pure il lettore che si era letto quelle 500 pagine.

Certo, quelle centinaia di pagine sono scritte bene, e d’altronde Robert Silverberg non è il primo arrivato, ma un po’ la poca originalità della storia, un po’ la conclusione pacchiana e non credibile, un po’ una certa stanchezza che si trascina nelle pagine, generazione di Carmichael dopo generazione di Carmichael, impediscono a Gli anni alieni di ottenere una valutazione lusinghiera.

Fosco Del Nero


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