Il cammino del mago

Titolo: Le spire dell’odio - Realtà virtuale 3 (Virtual reality adventure – The coils of Hate).
Scrittore: Dave Morris, Marc Smith.
Genere: librogame, avventura, fantastico.
Editore: E.L.
Anno: 1993.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Nuovo librogame recensito su Libri e Romanzi: questa volta abbiamo il terzo libro della serie Realtà virtuale, ossia Le spire dell’odio.
Gli autori sono gli stessi due autori del precedente libro della collana Realtà Virtuale recensito, L’abisso dei morti viventi: Dave Morris e Marc Smith.

Tuttavia, devo dire che la qualità non è la stessa, e purtroppo è peggiorata. Ciò in corrispondenza con quanto avevo letto da qualche parte in rete per cui i migliori libri di Realtà Virtuale fossero il secondo, il quinto e il sesto.
Il secondo l’ho recensito ed era bello. Gli altri due non li ho, così come non ho il primo, per cui son passato a leggere e recensire questo terzo libro della collana, cui seguirà poi il quarto, Il collare dei teschi, di cui però ho ugualmente sentito parlare male.

Ma veniamo a noi: mentre L’abisso dei morti viventi era ambientato in mare, e dettagliatamente nei mari caraibici, tra pirati, isole, selvaggi ed elementi sovrannaturali, Le spire dell’odio è ambientato in una città, Godorno, che è oppressa da un malvagio tiranno. La situazione in particolare è rischiosa per i Judain, popolo in minoranza e mal visto dagli autoctoni, che lo maltrattano e lo accusano di ogni problema. La situazione peggiora ancora quando il tiranno dichiara i Judain fuorilegge e meritevoli di esecuzione immediata o di arresto e consegna alle guardie cittadine.
Il protagonista della storia è per l’appunto un judain, il quale si vede per l’appunto diventare un criminale ricercato da un momento all’altro. Dapprima pensa di scappare dalla città, ma poi decide di combattere per la salvezza del suo popolo e della città intera, divenendo addirittura capo della rivolta.

Ci sono altre tre cose da dire su Le spire dell’odio: la prima è che il regolamento di gioco è lo stesso del precedente capitolo, e immagino sia comune a tutta la collana Realtà virtuale. Niente dadi o fortuna, dunque, ma la scelta a inizio avventura di un personaggio con certe caratteristiche, con tutto ciò che ne consegue dopo.

La seconda cosa è che il parallelismo tra "judain" e "giudei" è fin troppo chiaro, e direi anche fin troppo retorico… e, curiosamente, non è la prima volta che mi capita in un librogame. I Judain sono una minoranza, sono mal visti, sono discriminati, sono accusati di essere ladri, usurai e mercanti senza scrupoli, sono condannati e uccisi. Ma sono i buoni, chiaramente, contrapposti a tiranni e uomini corrotti e malvagi.

La terza e ultima cosa è che, pur mantenendo lo stesso schema di gioco, ne Le spire dell’odio esso funziona peggio. Forse perché la storia è molto sfilacciata: ci sono svariati elementi (la popolazione della città, il tiranno e le guardie, la creatura sovrannaturale chiamate Hate, gli oggetti magici, etc), ma il tutto è assemblato male, risultando non spontaneo e artificioso.
Inoltre ci son un po’ troppi luoghi comuni, e non solo quello del popolo ebreo.

Insomma, ciò che ne L’abisso dei morti viventi era fluido e vivace ne Le spire dell’odio è male amalgamato e poco scorrevole. Altra nota di demerito: le illustrazioni, mediocri anch’esse, e forse meno (parlo delle illustrazioni durante l’avventura; fa eccezione la bella mappa della città che apre il volume). Peccato per tutto quanto, anche perché, proprio come nel libro precedente, pure questo si presterebbe a una buona rigiocabilità, con tante possibilità, parole d’ordine, etc… ammesso che si abbia voglia di rigiocarlo.

Fosco Del Nero


 Per rimanere aggiornato con le recensioni di Libri e Romanzi, iscriviti al feed!

Titolo: Cinque settimane in pallone (Cinq semaines en ballon).
Scrittore: Jules Verne.
Genere: avventura, storia.
Editore: RBA.
Anno: 1863.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Da poco mi sono comprato un blocco di libri di Jules Verne, il famoso scrittore dell’Ottocento autore di alcuni importati romanzi d’avventura ed esplorazione, quando realistica e quando immaginifica.
Dei quattro avevo già recensito Il giro del mondo in ottanta giorni e Viaggio al centro della Terra, due classici della narrativa da cui sono stati tratti anche dei film. In attesa del terzo e ultimo classico, ossia Ventimila leghe sotto i mari, mi sono letto il romanzo meno famoso del gruppo, ossia Cinque settimane in pallone.

Si tratta di un altro romanzo di avventura, giacché a quanto pare Verne non sapeva scrivere altro, o forse scriveva ciò che era redditizio scrivere al tempo, ma al contrario di altri casi si tratta di avventura realistica, col solo mezzo di un pallone aerostatico (mezzo comunque all’avanguardia all’epoca) e ambientata nell’Africa centrale, quindi senza mostri sotto la terra o sotto il mare.

Ecco la trama sommaria di Cinque settimane in pallone: nel maggio del 1862 lo studioso Dottor Samuel Ferguson decide di attraversare l’Africa da est ad ovest in sella a un pallone aerostatico di sua invenzione, capace di sfruttare non solo i venti propizi, come era stato fino a quel momento, ma anche di muoversi per virtù propria grazie all’idrogeno di cui era caricato. Egli coinvolgerà nell’impresa, mai riuscita fino a quel momento, il suo servitore Joseph Wilson, detto Joe, e l’amico Richard Kennedy, detto Dick, il primo giovane assai sveglio e il secondo provetto cacciatore.
Teoricamente i tre partono ragionevolmente sicuri della buona riuscita dell’impresa, data la tecnologia superiore di cui dispongono rispetto ai precedenti avventurieri, molti dei quali avevano non a caso fatto una brutta fine, tuttavia non tutto fila per il verso giusto, e i tre se la vedranno con differenti pericoli…

I singoli romanzi di Jules Verne sono piacevoli: l’autore sa scrivere bene, in modo pulito ed evocativo, il ritmo è discretamente serrato pur mantenendo l’eleganza di quei tempi, e i personaggi sono sempre ben caratterizzati.
Tuttavia, dopo aver letto uno o due suoi romanzi, il tutto sa di già visto o comunque di molto simile, e inizia a venire a noia.

Nel caso di Cinque settimane in pallone, poi, c’è davvero poco in più rispetto alle descrizioni delle varie zone dell’Africa, con i loro abitanti, i loro climi e i loro animali selvaggi; giusto qualche disavventura per vivacizzare un minimo la cosa, e qualche descrizione storica reale di precedenti esploratori.
Se questo basta, il romanzo sarà apprezzato, altrimenti no.

Come ulteriore zavorra (termine particolarmente corretto per questo caso), il libro sconta qualcosa a livello culturale: animali ora rispettati e anzi protetti in quanto a rischio estinzione qua sono tranquillamente uccisi per il semplice gusto di ucciderli, e d’altronde uno dei tre protagonisti è dichiaratamente un cacciatore provetto.
Inoltre in generale c’è un certo europeismo di fondo che sa di razzismo (i tempi e la cultura, d’altronde, erano quelli: l’Europa di metà Ottocento, che vedeva il resto del pianeta come barbaro e degno di essere sfruttato senza ritegno; peraltro è ancora così, figuriamoci a quei tempi)… visibile in modo ancora più netto nel racconto di accompagnamento affiancato a Cinque settimane in pallone, ossia Martino Paz, in cui il classismo si sposta in ambito religioso e in cui gli ebrei sono cattivi e avidi, mentre i cristiani sono i buoni.

In conclusione: Jules Verne era un ottimo romanziere, con discreta vocazione anche da saggista, ma era un po’ di parte in vari sensi.
Mi rimane ora solamente Ventimila leghe sotto i mari, che non mi pare abbia mai letto da bambino, e che spero, fama alla mano, che sia il migliore del lotto dei quattro libri.

Fosco Del Nero


Per rimanere aggiornato con le recensioni di Libri e Romanzi, iscriviti al feed!

Argomenti