Il cammino del mago

Titolo: Il viaggio del veliero - Le cronache di Narnia 5 (The voyage of the Dawn Treader).
Scrittore: Clive Staples Lewis.
Genere: fantasy, avventura.
Editore: Mondadori.
Anno: 1952.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


Il viaggio del veliero è il quinto romanzo dell’eptalogia che Clive Staples Lewis ha dedicato a Le cronache di Narnia, dopo Il nipote del magoIl leone, la strega e l’armadioIl cavallo e il ragazzo e Il principe Caspian.
L’anno di scrittura è l’ormai lontano 1952.

Lewis, e lo stesso Ciclo di Narnia, sono ufficialmente riferiti all’infanzia, o se non all’infanzia all’adolescenza. Ciò è evidente in una certa linearità di fondo, in alcuni simboli piuttosto semplici, dai toni morbidi del narrato, negli stessi dialoghi molto “puliti”.

Nonostante quel che affermava Lewis riguardo alla duplice bontà della letteratura per ragazzi e per adulti, concetto che condivido in pieno, di fatto i romanzi di Narnia pendono decisamente più sul primo versante che sul secondo, riguardo al quale risultano piuttosto semplicistici e non adatti a un pubblico abituato ai grandi capolavori della letteratura o ai grandi romanzi fantasy.

Ciononostante, i vari libri componenti le Le cronache di Narnia si difendono sufficientemente bene, per quanto la qualità e l’interesse, almeno dal mio punto di vista, calino di testo in testo.

Ne Il viaggio del veliero del ciclo narrativo, in quanto storia pregressa, non c’è quasi niente, se non il duo Edmond e Lucy e la comparsata del leone Aslan alla fine, e il tutto si riassume in un viaggio per mare verso oriente, alla ricerca della Fine del Mondo.
In effetti, è più interessante il simbolo che non la narrazione in sé.

Ecco la trama sommaria de Il viaggio del veliero: Edmond e Lucy, i più piccoli dei quattro fratelli e sorelle Pevensie, vengono mandati in vacanza presso il cugino Eustachio, noto per essere lamentoso e fastidioso. Come al solito, si finirà a Narnia (stavolta tramite un dipinto), là dove i tre incontrano Caspian, attuale Re di Narnia, il quale s’impegna nella missione di ritrovare, vivi o morti, i sette nobili che il malvagio zio Miraz, precedente usurpatore del trono, aveva mandato in esilio.
Così, Caspian lascia la reggenza del regno al nano Briscola, e si imbarca con i suoi amici nel Veliero dell'Alba diretti verso oriente e verso l’ignoto.

A parte alcuni eventi didattici, come quando Eustachio si trasforma in un orribile drago (per la sua cupidigia), o quando il gruppo s’imbatte in una sorgente che trasforma tutto in oro, compresi gli esseri umani in statue (altro monito contro l’avidità), o quando si trovano alcuni nobili addormentati (simbolo di addormentamento della coscienza), l’unica cosa rilevante della storia è il finale, allorquando ri-compare il leone Aslan, ch’è a sua volta un simbolo di Cristo (infatti giunge sotto forma di agnello), nel luogo oltre il mondo che rappresenta il Regno dei Cieli. Giacché c’è, rivela che in ogni mondo egli è conosciuto in una forma diversa: più che badare alla singola forma, quindi, occorre badare a quello che sta dietro alla forma.

A livello di simbolo, interessante anche il fatto che i protagonisti vengono fatti schiavi per essere oggetto di mercimonio, per poi essere liberati: anche in tale circostanza siamo sul versante inconsapevolezza-addormentamento-schiavitù.

Che Lewis ponesse nei suoi testi dei simboli religioso-spirituali, e di chiaramente d’impronta cristiana, è cosa ben nota, e personalmente apprezzata… il punto, molto semplicemente, è che i suoi romanzi sono rivolti soprattutto a un pubblico giovanissimo e che, a livello narrativo, valgono probabilmente meno dei loro contenuti. Questo è anche il caso de Il viaggio del veliero.

Fosco Del Nero


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Titolo: La notte di Valpurga (Walpurgisnacht).
Scrittore: Gustav Meyrink.
Genere: grottesco, drammatico.
Editore: Edizioni Studio Tesi.
Anno: 1917.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


La notte di Valpurga è il quarto testo di Gustav Meyrink che recensisco, dopo Il golem, Il volto verde e Racconti agghiaccianti.
L’ultimo titolo consisteva in una raccolta di racconti, genere che non amo molto e nel quale peraltro emerge più la vena grottesco-surreale di Meyrink che non quella esoterico-esistenziale, viceversa assai netta nei due romanzi Il golem e Il volto verde.

Quanto a La notte di Valpurga?

Purtroppo anche in questo caso prevale il primo elemento, per me poco interessante, mentre il secondo, così vivido negli altri due libri, tanto da caratterizzarne l’essenza persino oltre la trama, in questo caso risulta un po’ in ombra.

Cominciamo con la trama sommaria dell’opera: siamo nel 1887 a Praga, in un periodo di notevoli sommovimenti. Tra il popolo si stanno diffondendo ideologie sovversive, tra il socialismo e l’anarchia, ma sulle prime la cosa non pare turbare la classe dominante nobiliare. La storia inizia nel palazzo del Barone Konstantin Elsenwanger, in un convivio dove son presenti anche la Contessa Zahradka, il Consigliere Kaspar von Schirnding  e il medico di corte Thaddaus Flugbeil, oltre alla domestica Bozena… la quale riconosce lo strano uomo che viene visto prima camminare sul muro di cinta e poi svenire: è Zrcadlo, un attore che vive presso Lisa la Boema, ex prostituta e antica amante di Flugbeil.
Di seguito entreranno in scena anche il giovane violinista Ottokar Vandrejc, sospettato d’essere il suo figlio segreto, Polyxena, nipote della Contessa e figlia del Barone, il tartaro Molla Osman, che rivela a Polyxena l’esistenza della possessione spirituale. Zrcadlo è presto sospettato di una tale possessione.

Tutto ciò, e anche altro, accade sullo sfondo di una Praga decadente, in cui si ha la sensazione che, tra possessioni e umori popolari, possa accadere veramente di tutto.
La parte più importante de La notte di Valpurga è probabilmente proprio il tratteggio della città ceca, ambigua, melliflua e dall’aria magica… una magia però più oscura che luminosa.

Quel che a me premeva maggiormente, tuttavia, erano i contenuti di tipo esoterico, largamente presenti ne Il golem e ne Il volto verde, tanto presenti da costituirne l’asse portante, e viceversa meno importanti La notte di Valpurga.
Qualcosa c’è, invero, giacché  a scrivere è pur sempre Meyrink, ma vi è meno di quanto avrei desiderato, ciò che rende La notte di Valpurga un buon romanzo in senso generico, ma deludente in quanto ad elementi esistenziali… anche se ho il dubbio che in tal senso abbia influito anche una traduzione non all’altezza da parte di un “profano”: in tale ipotesi, i contenuti ci sarebbero ma sarebbero nascosti da una traduzione poco efficace dal punto di vista dei principi esistenziali.

Leggerò comunque qualcos’altro di Meyrink, anche perché in fin dei conti non ha prodotto molti romanzi: La casa dell’alchimista, per esempio, o Il domenicano bianco… 

Fosco Del Nero


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