Il cammino del mago

Titolo: La vampira di marte (Sabella).
Genere: fantascienza, horror, drammatico, psicologico.
Scrittore: Tanith Lee.
Editore: Newton Compton.
Anno: 1980.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


Da poco ho recensito un libro di Tanith Lee, ossia Il signore delle illusioni.
Si trattava di un libro che avevo in casa da parecchi anni, e che avevo tentato di leggere da adolescente, rimanendone tuttavia deluso e interrompendo la lettura.

Con la maggiore pazienza della maturità sono riuscito a finirlo…
… ma anche stavolta non mi è piaciuto.

Avevo deciso di lasciar perdere Tanith Lee, dunque, considerandola poco affine al mio gusto, benché scrittrice importante e affermata.
Su consiglio di un lettore del blog, tuttavia, mi sono accostato a La vampira di Marte, testo che ugualmente avevo a casa de anni: stavolta il risultato è stato migliore, per quanto non entusiasmante.

Intanto, il genere è cambiato, coerentemente con la grande flessibilità della scrittrice, che spazia tra fantascienza, fantasy e horror.

Se Il signore delle illusioni si situava tra fantasy e drammatico, La vampira di Marte si sistema tra fantascienza e drammatico. Verrebbe quasi da dire horror, dal momento che, come testimonia il titolo italiano (peraltro mediocre), l’argomento centrale del romanzo è il vampirismo, tuttavia il focus dell’opera è più introspettivo-psicologico che orrorifico.

Ma andiamo a vedere in grande sintesi la trama de La vampira di Marte: Sabella Quey è una ragazza che vive su Novo Marte, pianeta colonizzato dall’umanità in un imprecisato futuro, ma che, soprattutto, è una vampira: a un certo punto della sua vita, difatti, ha sentito la necessità di nutrirsi di sangue umano, fatto che abbina immancabilmente al sesso, nel senso che essa attira gli uomini in un rapporto da cui lei si nutrirà e che invece loro dimenticheranno, conservando solo una vaga sensazione di piacere.

Le cose per Sabella si complicano quando uccide per sbaglio il suo amante Sabbia Vincent, che verrà cercato dall’inquietante fratello Jace Vincent.

Il libro è certamente ben scritto, e l’autrice riesce a catturare abbastanza bene l’attenzione del lettore, anche senza la forza trascinante di altri romanzi.
Detto che l’elemento fantascientifico alla fine è ridotto allo sfondo del paesaggio, e che quello orrorifico sta più nel genere vampiresco che non nella narrazione, La vampira di Marte risulta interessante per l’aspetto introspettivo del personaggio di Sabella, a cui poi si uniranno le incerte motivazioni di Jace.

Nel complesso, La vampira di Marte di Tanith Lee non mi è dispiaciuto, anche se non mi ha esaltato.

Fosco Del Nero


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Titolo: Folle estate. Genere: commedia.
Scrittore: Giulio Pinto.
Editore: Gruppo Albatros Il filo.
Anno: 2011.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.


Il libro recensito quest’oggi è il romanzo di un giovane scrittore italiano, Giulio Pinto, che proprio nel 2011 è uscito in libreria, edito dal Gruppo Albatros Il filo, con Folle estate.

Andiamo subito a vedere in grande sintesi la trama del libro.
Folle estate racconta le vicende estive di una coppia, Samuele e Silvia, il primo vicecommissario e la seconda insegnante.
Passioni dei due: la Juventus nel primo caso e l’ippica nel secondo.

Questi quattro campi (questioni di polizia, questioni di scuola, questioni di calcio e questioni di cavalli) sono i principali argomenti del romanzo, che con le sue 360 pagine è piuttosto lungo, anche se affiancati da tutta una serie di episodi minori.

Curiosamente, quasi tutti legati alla delinquenza… con i protagonisti della storia che sono i primi a non rispettare la legge.
Ecco così che si assiste in rapida successione a tutto un repertorio di scorrettezze morali e legali, come: concorsi truccati, commissari d’esame corrotti, scherzi ad personam con l’autovelox, uso di sirene fuori servizio, professori che fanno i compiti d’esame ai ragazzi, spacciatori non arrestati per fare favori ad amici, corruzione di finanzieri, truffa di quadri, trafugamento di beni artistici nazionali, corruzione di presidi, multe non messe a motociclisti amici che andavano a 150 all’ora, etc.
Forse l’apice lo si raggiunge con una sorta di una corruzione-estorsione incrociata tra un medico e un poliziotto.

Insomma, il quadretto etico che ne esce non è proprio dei migliori (per non dire che è squallido), specie perché a fine testo esso viene rafforzato dalla morale per cui c’è sempre qualcuno che la fa più grossa di noi (nella fattispecie i delitti di stato), per cui al confronto le nostre scorrettezze sono meno importanti e non ce ne dobbiamo curare troppo e curarci solo dei nostri interessi.

Sfortunatamente la bassezza morale dei contenuti nonché la grande noia degli argomenti principali (ippica e Juventus su tutti) non sono gli unici difetti di Folle estate, che purtroppo si distingue anche per una punteggiatura assai zoppicante tipica degli scrittori esordienti (e degli editori senza editing), per un uso eccessivo dei punti esclamativi, per numerosi errori sulle maiuscole, per una gestione del tempo assolutamente poco efficace (paragrafi lunghi decine e decine di pagine senza interruzioni, neanche di una sola riga di separazione, e pur in presenza di salti temporali netti), per un narratore onnisciente, invasivo e spesso inopportuno…

… ma soprattutto, e questo a mio avviso è il principale punto dolente dell’opera, per un senso dell’umorismo assai scarso nonché per dei dialoghi assolutamente balbettanti e poco credibili in un duplice senso: il primo è un altro tipico errore degli esordienti, ossia il far dire ai personaggi le cose che il lettore deve sapere, senza tenere conto del fatto che il dialogo in quel contesto è insensato (perché magari il personaggio che ascolta dovrebbe già sapere quelle cose o perché comunque una persona che parla normalmente non si esprime in toni informativi tipo un telegiornale o un’enciclopedia).

Il secondo è che essi sono sovente improbabili anche per la saccenteria mostrata in essi, con discorsi lunghissimi, arzigogolati e davvero inverosimili sui più dotti argomenti: geografia, zoologia, medicina, storia, etimologie greche e latine, col tutto che dà l’idea di un autore che cerca di impressionare il lettore con qualche sprazzo di conoscenza.

Si noti peraltro che nel testo capita spesso che tali dialoghi “enciclopedici” siano affiancati a discorsi al contrario decisamente terra terra, per non dire rozzi, fatto che acuisce ulteriormente il senso di inverosimiglianza.

Forse l’unica cosa che si salva di Folle estate è una discreta padronanza della lingua di chi scrive, nonostante le ingenuità stilistiche di cui si è detto.

La conclusione della recensione è semplice: non vi consiglio di leggere Folle estate. A meno che, magari, non siate appassionati di ippica o di immoralità miste.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il signore delle illusioni (Delusion’s master).
Scrittore: Tanith Lee.
Genere: fantastico, drammatico.
Editore: Newton Compton.
Anno: 1980.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Proseguiamo l’alternanza tra romanzi classici e romanzi fantastici: dopo I Malavoglia di Giovanni Verga, Hyperion di Dan Simmons e Il piacere di Gabriele D’Annunzio, arriva sul sito Il signore delle illusioni di Tanith Lee.

Si tratta di un libro che ho in casa da moltissimi anni, ormai, e che parecchi anni fa avevo iniziato a leggere, salvo poi desistere per manifesta noia.

Ci ho riprovato ora, sperando che la maggiore età avesse prodotto un cambiamento netto…

… speranza vana, visto che anche stavolta Il signore delle illusioni mi è risultato di difficile digestione, con la differenza che codesta volta perlomeno sono riuscito a terminarlo.

E dire che Tanith Lee è una scrittrice molto apprezzata (spazia tra fantasy, fantascienza e horror), e che proprio questo Ciclo de I signori delle Tenebre le ha assicurato un successo su scala internazionale.
Tuttavia, a quanto pare non è l’autrice adatta a me.

Ma vediamo la trama de Il signore delle illusioni, piuttosto sfilacciata a dire il vero: ci troviamo agli albori del pianeta Terra, abitato sia dagli uomini che da deità tanto potenti quanto malvagie, peraltro in lotta tra di loro.

Mi riferisco soprattutto a Azharn, Signore della Morte, e a Chuz, Signore delle Illusioni, nonché a tutte le persone prese di mira dai loro giochi di potere (la parola gioco non è usata a caso, visto che concepiscono la Terra e gli uomini come un campo da gioco in cui divertirsi a spese della sofferenza altrui): Nemdur, Jasrin, Zharet, Dunizel, etc.

Lo stile di scrittura è adeguato, evocativo e dal tono solenne, tuttavia è proprio la trama a sembrare debole: la storie si susseguono l’una dopo l’altra, a tratti noiose e a rari tratti interessanti, ma tutte prive di quella forza trascinante che hanno le grandi opere della letteratura.

I dialoghi non si distinguono per acume o originalità, e lo stesso i personaggi.
Come detto, ho fatto fatica a terminare il libro, nonostante esso non sia certamente lunghissimo.

Insomma, Il signore delle illusioni di Tanith Lee non mi ha convinto affatto, da cui la valutazione insufficiente.

Fosco Del Nero


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