Il cammino del mago

Titolo: L’assassino di corte - Trilogia dell’uomo ambrato 1 (Fool’s errand).
Scrittore: Robin Hobb.
Genere: fantasy, drammatico.
Editore: Fanucci.
Anno: 2001.
Voto: 8.
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Letta la Trilogia dei Lungavista, composta da L’apprendista assassinoL’assassino di corte e Il viaggio dell’assassino, comincio ora la Trilogia dell’uomo ambrato, la quale segue a distanza temporale il trittico precedente (avendo di mezzo, cronologicamente parlando, la Trilogia di Borgomago, che però non ho e che magari leggerò in futuro).

L’essere passato alla trilogia successiva è di per sé una valutazione molto positiva sull’autrice in questione, Robin Hobb, la quale sa scrivere, e molto bene… nonostante una discreta tendenza alla lungaggine.

Veniamo a Il risveglio dell’assassino: Fitz Chevalier, ribattezzatosi Tom lo Striato, si è ritirato in una sorta di eremo volontario, di cui fa parte il suo lupo Occhi di Notte, nonché il giovane Ticcio, ragazzino “consegnatogli” da Stornella, la cantastorie con cui Fitz aveva condiviso l’avventura del terzo romanzo, quella alla ricerca di Re Veritas (insieme al Matto, alla Regina Kettricken e alla vecchia Ciottola).

Fitz/Tom è invecchiato, come è invecchiato anche il lupo, oramai vicino alla morte. Tuttavia, una nuova avventura si affaccia alla porta di casa sua: il suo vecchio mentore Umbra gli chiede prima di educare nell’Arte l’erede al trono Devoto (che sarebbe anche suo figlio, per quanto in modo particolare), proposta a cui Fitz dice di no, e poi gli domanda di trovare lo stesso Devoto, nel mentre sparito. Forse è stato rapito, probabilmente dagli Spiritualisti, dal momento che si ipotizza che il ragazzo possieda lo Spirito… proprio come Fitz.

Il risveglio dell’assassino è un altro volumone targato Robin Hobb: in circa 600 pagine non è che succeda moltissimo, a dire il vero, dal momento che una buona metà se ne va nella descrizione della vita quotidiana di Fitz, nel suo dialogo interno, in qualche visita occasione, nei ricordi che condivide con i suoi pochi amici.
La seconda metà, invece, riguarda l’avventura alla ricerca di Devoto, comprendente recite, diplomazia, inseguimenti, azione, combattimenti… oltre che il solito dialogo interno di Fitz/Tom, nonché i dialoghi mentali col suo vecchio lupo.

Una volta abituatisi ai “tempi lunghi” di Robin Hobb (o ritmi lenti, che dir si voglia), i suoi romanzi scorrono che è un piacere: Il risveglio dell’assassino non fa eccezione, ma sapevo già in anticipo che la Trilogia dell’uomo ambrato avrebbe tenuto onore alla precedente Trilogia dei Lungavista.

Curiosamente, di fantasy non c’è moltissimo: se dal romanzo in questione eliminassimo la questione dello Spirito, ossia della connessione tra un essere umano  un animale, non vi sarebbe praticamente nulla di fantastico (giusto una scena con strane creature, ma dura poco ed è inessenziale al resto del libro).

In effetti, Robin Hobb, più che magia o combattimenti, descrive il mondo interiore del protagonista, nonché gli intrighi in cui egli si trova immerso. In ciò, si nota la mano femminile: anche le relazioni sentimentali sono assai più emotive che fisico-sessuali… un ulteriore medaglia per l’autrice, capace di mantenere ben viva l’attenzione del lettore pur senza il facile ricorso all’adrenalina o all’eccitazione (che distanza col grosso dei film contemporanei, per esempio).

In negativo, si nota il tocco femminile in un certo eccesso di melodramma umorale: la sfortuna, la tristezza, i bei tempi andati, il dovere, il sacrificio, la rassegnazione, etc. Forse un quarto del libro se ne va in ricordi e rimembranze, solitarie o con vecchi amici.

Nota positiva: il Principe Devoto è spiritualmente connesso con un animale chiamato foscogatto: mezzo punto in più solo per questo (un po’ per il “gatto”, un po’ per “fosco”)!

Terminato con Il risveglio dell’assassino, appuntamento con La furia dell’assassino.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il viaggio dell’assassino (Assassin’s quest).
Scrittore: Robin Hobb.
Genere: fantasy, drammatico.
Editore: Fanucci.
Anno: 1997.
Voto: 8.
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Dopo L’apprendista assassino e L’assassino di corte, ecco il terzo e ultimo romanzo della Trilogia dei Lungavista scritta dall'ottima Robin Hobb: Il viaggio dell’assassino

Trilogia in senso stretto: più che di tre romanzi differenti, stiamo parlando di un’unica storia, suddivisa in tre volumi, tanto che i primi due libri si segnalavano, in negativo, per dei finali praticamente assenti.

Tuttavia, se la storia è unica, i romanzi sono piuttosto differenti tra di loro: L’apprendista assassino è un romanzo di formazione, che mostra il protagonista della saga, Fitz Chevalier, quando è bambino; L’assassino di corte mostra invece complotti, intrighi politici e obiettivi dei vari personaggi; Il viaggio dell’assassino, come suggerisce il titolo (in effetti i tre titoli sono molto “onesti”), descrive il viaggio di Fitz, e in ciò il romanzo è certamente il più fantasy e tradizionale dei tre, con le sue avventure, le sue difficoltà, la sua ricerca… nonché il finale, tanto imponente quanto rapido, che fa succedere nel giro di poche pagine più di quanto non era successo nelle precedenti 750.

Tanto è lungo, difatti, Il viaggio dell’assassino: molto lungo, molto descrittivo, a tratti ripetitivo, molto impattante… tanto che il personaggio di Fitz, ma anche coloro che gli girano intorno, rischiano seriamente di entrare dentro il lettore.

Ecco in breve la trama del libro: Fitz è scampato alla morte, grazie al suo senso dello Spirito, “resuscitato” da Burrich e Umbra, pur se la sua coscienza è ancora lontana e va “richiamata”, essendosi fusa per un certo lasso di tempo con quella del lupo Occhidinotte
Ripristinata la sua umanità, inizia per lui un nuovo percorso: ufficialmente morto, con Regal sul trono e la sua Molly sparita chissà dove, il suo nuovo obiettivo è quello di uccidere lo zio usurpatore, e parallelamente di ritrovare l’altro zio, Veritas, a cui di diritto spetterebbe il trono dei Sei Ducati.

I quali sono stati in buona parte abbandonati, da Regal, al loro destino contro i pirati delle Navi Rosse, le loro incursioni e la successiva forgiatura, che rende gli esseri umani gusci vuoti simili a zombi. 
La missione è doppiamente difficile: sul piano fisico, perché ora Regal ha a disposizione un intero esercito; sul piano invisibile, perché Regal comanda la confraternita creata da Galen e ora capeggiata da Fermo, assai più forte nell’Arte rispetto a Fitz.

Com’era stato per i suoi due predecessori, ho divorato anche Il viaggio dell’assassino, leggendolo d giorno e di notte… segno principale della bontà di un romanzo.

Non che il libro sia esente da qualche difetto: avrebbe potuto essere più snello, in taluni casi è ripetitivo, sia nelle considerazioni emotive del protagonista sia negli eventi esterni (compresi tanti salvataggi all’ultimo secondo), è molto arbitrario in alcuni punti (per esempio, il lupo ha una coscienza e una capacità di ragionamento e di linguaggio praticamente pari a quella umana, mentre tutti gli altri animali sono praticamente snobbati)… e certamente non risparmia al lettore alcuni colpi bassi.

Intendiamoci, se si sono lette le Cronache del ghiaccio e del fuoco si è abituati a ben peggio… anche se qui la sofferenza è più intima, mentre nel caso dei libri di George Martin lo sconvolgimento era più “esteriore”, legato a eventi e morti di taluni personaggi.

A proposito delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, successive di alcuni anni: a quanto pare la Hobb aveva anticipato Martin sul tema della riconquista del potere cavalcando dei draghi al proprio servizio… anche se ne Il viaggio dell’assassino il discorso è assai più ampio.

Ad ogni modo, terminata la Trilogia dei Lungavista, inizierò subito con la Trilogia dell’Uomo Ambrato, una delle tre trilogie della Hobb aventi come protagonista Fitz Chevalier (quella seguente è la Trilogia di Fitz e del Matto).

Al di là delle preferenze individuali per determinate ambientazioni o narrazioni, c’è assolutamente da dire una cosa: Robin Hobb, come scrittrice, sa il fatto suo.

L’editore un po’ meno quando pubblica, a inizio libro, una mappa praticamente illeggibile: sgranata e “mangiata” nella parte centrale che unisce le due pagine di sinistra e di destra. Non hanno controllato prima di stampare?

Fosco Del Nero


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Titolo: L’assassino di corte - Trilogia dei Lungavista 2 (Royal assassin).
Scrittore: Robin Hobb.
Genere: fantasy, drammatico.
Editore: Fanucci.
Anno: 1996.
Voto: 8.5.
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Dopo L’apprendista assassino, era scontato che passassi a L’assassino di corte, secondo romanzo della Trilogia dei Lungavista, a sua volta prima trilogia di altre due trilogie seguenti: la Trilogia dell’Uomo Ambrato e Trilogia di Fitz e del Matto.

Il passare dal primo al secondo romanzo è stato scontato sia perché avevo gradito molto il primo, sia perché avevo già il secondo, che a differenza del primo è assai più lungo: si è passati da 450 a 670 pagine del medesimo formato… e l’opera non ha minimamente risentito dell’aumento di volume, anzi, se possibile se ne è giovata.

Non c’è molto da dire, in verità: Robin Hobb sa scrivere maledettamente bene, sia nel senso della qualità narrativa, sia nel senso della sceneggiatura, diciamo così.

Ecco per l’appunto la trama sommaria de L’assassino di corte: Fitz, sopravvissuto al tentato assassinio da parte di Regal, torna a Castelcervo, pur se in ritardo rispetto al resto della spedizione salita nel Regno delle Montagne, e recupera le forze, riprendendo i suoi vari addestramenti: armi, piante, veleni, arte, etc.

Più degli addestramenti, tuttavia, lo tengono occupato i continui complotti dello zio, cui si aggiungono varie altre difficoltà: le varie spie sparse nel palazzo, gli adepti dell’arte fedeli al loro istruttore Galen, i problemi legati sia all’arte che allo “spirito”, ossia il legame con gli animali che il ragazzo ha e che è mal visto ovunque, la decisione di Veritas di intraprendere una missione alla ricerca degli Antichi, fatto che lascia Castelcervo inevitabilmente sguarnito… sia all’esterno, verso le Navi Rosse e le loro “forgiature”, sia all’interno, verso Regal e gli altri traditori.

Ormai ho letto moltissimi libri in vita mia; non so se per il numero, o per una soglia di qualità richiesta sempre più alta, sono pochi oramai quelli che mi “tengono incollato allo schermo”, e che magari mi fanno andare avanti a leggere sino alle due o alle tre di notte.
L’assassino di corte è stato uno di quei pochi, cosa che spiega la sua valutazione assai elogiativa.

Unico neo, com’era stato anche per il primo romanzo: il finale non è un finale quasi per niente, e anzi lascia praticamente tutto in sospeso. Personalmente, non amo molto questo tipo di “operazione psicologica”, ma tant’è.

Seguirà ora Il viaggio dell’assassino, un altro volumone enorme.

Fosco Del Nero


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Titolo: L’apprendista assassino (Assassin’s apprentice).
Scrittore: Robin Hobb.
Genere: fantasy, drammatico.
Editore: Fanucci.
Anno: 1995.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


Oggi recensisco L’apprendista assassino,  romanzo di Robin Hobb… ma prima, è necessaria una premessa.

Tempo fa mi era stato regalato un romanzo fantasy: L’assassino - Il ritorno. Lo lessi nonostante fosse il settimo, in ordine di lettura, di una lunga saga, suddivisa  in tre trilogie: la prima è la Trilogia dei Lungavista, la seconda la Trilogia dell’Uomo Ambrato, la terza la Trilogia di Fitz e del Matto.

Lo lessi per la buona fama dell’autrice e mi piacque talmente tanto che decisi seduta stante di leggermi tutti i libri precedenti, che quindi mi procurai.
L’apprendista assassino è per l’appunto il primo romanzo della prima trilogia, la Trilogia dei Lungavista.

È un testo lungo circa 450 pagine, molto denso, con molti personaggi, molti eventi e molta “passione”.
In effetti, credo sia un libro difficile da ignorare, nel senso che per forza suscita qualcosa dentro in lettore, per un verso o per l’altro.

Eccone la trama sommaria: Chevalier è l’erede al trono, primo di tre fratelli (gli altri sono Veritas e Regal), del Regno dei Sei Ducati, ma un dì abdica e si ritira con la moglie, Dama Pazienza, nell’eremo di Giuncheto.
Subito dopo, un bambino viene condotto a Castelcervo, la capitale del regno, e presentato come figlio illegittimo di Chevalier; il bambino viene allevato dallo stalliere ed ex braccio destro dell’ex erede al trono, Burrich, ma da tutti viene considerato una sorta di vergogna pubblica, a causa della quale l’erede al trono, nonché il più portato per la reggenza, ha dovuto/voluto abdicare (per la vergogna? Per proteggere il bambino? Per qualche altro motivo?).

Il piccolo, più tardi chiamato Fitz (anche se i più continuano a chiamarlo “il bastardo”), viene addestrato alla cura degli animali, e poi anche all’uso delle armi, alla lettura e alla scrittura… e infine anche nella cosiddetta “arte”, una sorta di dono psichico che Fitz dimostra di avere (con il quale si può sia manipolare la volontà altrui, che connettersi con gli animali), ma che l’insegnante Galen, che lo ha in sommo odio, fa in modo che venga mal direzionato.

L’altro insegnante del ragazzo, Umbra, lo stima assai di più e lo educa, su volere del Re Sagace, al lavoro di spia-assassino-avvelenatore, il cui primo incarico si dimostrerà alquanto problematico, imbattendosi anche in un tentativo di tradimento.

Non c’è molto da dire: Robin Hobb scrive molto, molto bene, e il suo intreccio è appassionante e ben ragionato. Non stupisce che L’apprendista assassino abbia così ben indirizzato la Trilogia dei Lungavista e la successiva carriera della scrittrice statunitense.

Detto questo, appuntamento col secondo romanzo: L'assassino di corte.

Fosco Del Nero


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