Il cammino del mago

Titolo: Ubik (Ubik).
Scrittore: Philip K. Dick.
Genere: fantascienza, psicologico, surreale.
Editore: Fanucci Editore.
Anno: 1969.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Philip K. Dick è un autore che ho sempre avuto in animo di approfondire, conoscendo la sua ampia fama di scrittore geniale e visionario, i cui libri non a caso sono già stati convertiti in prodotti cinematografici in notevole numero (Blade runnerAtto di forzaMinority report, PaycheckImpostorA scanner darkly - Un oscuro scrutareI guardiani del destino, la serie tv L’uomo nell’alto castello).

Se i film conversioni dei suoi libri li ho visti tutti, di romanzi ne avevo letto giusto un paio, e dei minori: nel dettaglio Noi marziani e La penultima verità, entrambi piaciutimi discretamente.

Per il terzo appuntamento, ho optato per un nome grosso, forse il più famoso dei suoi testi: Ubik, un testo non particolarmente lungo con le sue 180 pagine.

Credo che l’impatto delle storie di Dick sul lettore dipenda molto dallo stato di coscienza del lettore, e non tanto dall’intelligenza o dalla cultura. Una persona poco avvezza alle riflessioni sul dualismo tra realtà e finzione, o mai interessatasi ai temi evolutivo-spirituali, certamente sarà colpita dall’ambiguità esistenziale del narrato, che non risparmia il lettore fino all’ultima pagina del libro, nella quale, al posto degli inserti pubblicitari che avevano caratterizzato tutta l’opera fino a quel momento, compare un assunto di tipo metafisico che ricorda molto il Tao. In effetti, a opera conclusa, vien da pensare che Ubik, Tao ed essenza divina siano la medesima cosa… per quanto il suddetto argomento non venga affrontato direttamente.

L’argomento che invece viene affrontato di petto nel suddetto romanzo è l’ambivalenza tra lo stato di veglia, la cosiddetta realtà, e lo stato di sonno, la cosiddetta finzione. In questo caso, non un sonno vero e proprio, composto da sonno e sogni, ma quella che è definita semi-vita, una condizione tecnologica futuristica in cui, a fronte del decesso del corpo, ossia dell’impossibilità di salvarlo, viene quantomeno salvata la coscienza di determinate persone (almeno, per un certo lasso di tempo), in modo che, saltuariamente, i loro cari potessero andarle a trovare, nei cosiddetti “moratorium”, per parlarci.

È questa la situazione di Glenn Runciter, titolare della Runciter Associates, il quale ogni tanto va a trovare la moglie Ella, scomparsa tempo prima, ma ancora semi-viva.
Non è la cosa più bizzarra della storia: la Runciter Associates è un’"agenzia di neutralizzazione", ossia un’organizzazione che assume persone che hanno la capacità di neutralizzare i poteri esp di taluni individui, ampiamente utilizzati nel mercato dello spionaggio industriale. Dunque per farla breve: qualcuno assume gli individui con un talento psichico, e qualcun altro assume individui con un anti-talento al fine di neutralizzare il suo avversario.
Nemmeno questa è la cosa più bizzarra della storia: dopo un’esplosione, probabilmente di natura dolosa organizzata dai principali rivali della Runciter Associates, il suo fondatore muore, mentre i suoi dipendenti, a cominciare dal protagonista Joe Chip, il miglior selezionatore di anti-talenti, si salvano miracolosamente… ma il loro mondo comincia a essere strano, parecchio strano: gli oggetti regrediscono, la società torna gradualmente indietro nel tempo fino agli anni “30, qualche membro del gruppo muore in modo inquietante. Tanto che un dubbio atroce si affaccia alla mente di Joe…

L’ho già detto: sullo sfondo delle tante trovate originali di Ubik, il suo tema di fondo è la questione della realtà-finzione, tanto che in molti per commentarlo hanno tirato in ballo il mito della caverna di Platone o altri concetti filosofici. Tuttavia, si va anche oltre: non a caso, Philip Dick era studioso di argomenti esistenziali-spirituali, e aveva anche avuto visioni mistiche (non indotte dalle droghe come si pensava al tempo in cui era vivo).
La questione di fondo, dunque, non è la fantascienza o la tecnologia, ma la coscienza, come provano le seguenti frasi tratte dal libro:

“Io sono vivo, voi siete morti.”

“Ciò che crediamo sia un incidente è un’ulteriore dimostrazione dell’operato di Dio.
In un certo senso, tutta la vita può definirsi “un incidente”.”

“Prima che l'universo fosse, io ero. 
Ho creato i soli. Ho creato i mondi. Ho creato le forme di vita e i luoghi che esse abitano; io le muovo nel luogo che più mi aggrada. Vanno dove dico io, fanno ciò che io comando. Io sono il verbo e il mio nome non è mai pronunciato, il nome che nessuno conosce. 
Mi chiamo Ubik, ma non è il mio nome. Io sono e sarò in eterno.”

Se dovessi associare Ubik a due film, utilizzerei Existenz per il dualismo tra realtà e finzione e Dark City per la questione esistenziale più ampia (gnosticismo e dintorni).

Detto questo, mi leggerò altre opere di Dick, a cominciare dalla Trilogia di Valis, che ha fama di essere la sua opera più simbolico-esistenziale.

Fosco Del Nero


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Titolo: L’orrore sotto il tumulo (The mound, The horror in the museum).
Scrittore: Howard Phillips Lovecraft.
Genere: orrore.
Editore: Newton Compton.
Anno: 1930-1939.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui


Non mi sono letto il libro L’orrore sotto il tumulo per una sorta di revival delle mie vecchie letture da adolescente, le quali avevano compreso tutti i volumetti pubblicati dalla Newton Compton nella collana “Il fantastico economico classico”, che conteneva generi tra la fantascienza e il fantasy, tra l’horror e l’avventura.

Nel dettaglio, il volumetto in questione, breve come tutti quelli della suddetta collana, includeva due racconti scritti da Howard Phillips Lovecraft: il primo è L’orrore sotto il tumulo, il secondo è L’orrore nel museo… il genere degli scritti è dunque facile da identificare.

Il racconto principale non fa parte del corpus classico lovecraftiano, anzi fu scritto su commissione come “scrittore fantasma” intorno al 1930 e pubblicato col nome di Lovecraft solo dopo la morte di quest’ultimo.
Pur trattandosi di un lavoro su commissione, ed evidentemente spurio dal momento che di mezzo vi sono indios americani, la penna del Maestro di Providence è facilmente riconoscibile, con tutti i suoi orrori visti e non visti.

Il secondo racconto, assai più breve, cita apertamente alcuni dei mostri del pantheon lovecraftiano, Cthulhu e Yog-Sothoth, e si dimostra assai più diretto nell’orrore, mentre il primo racconto era più mediato, avvalendosi tra l’altro dell’espediente letterario, ai tempi piuttosto in voga, del manoscritto ritrovato che racconta cose incredibili.

Nel complesso, siamo sotto la media della produzione di Lovecraft… che tuttavia non ho voglia di riprendere: questa lettura era dovuta al fatto di aver trovato in rete un articolo che suggeriva la lettura de L’orrore sotto il tumulo come parallelismo alla situazione mondiale attuale.
Ma  magari in futuro riprenderò qualche altro testo di H. P. Lovecraft, e magari qualcuno dei più quotati.

Fosco Del Nero


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