Il cammino del mago

Titolo: La prosivendola (La petite marchande de prose).
Scrittore: Daniel Pennac.
Genere: commedia, giallo.
Editore: Feltrinelli.
Anno: 1990.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Avevo già letto un romanzo di Daniel Pennac, ossia Il paradiso degli orchi, valutandolo discretamente bene. Perciò, oramai molti anni fa, avevo comprato un altro libro dell’autore francese, e della medesima saga, quella dedicata a Benjamin Malaussène: La prosivendola.

Anche se, a onor del vero, questo è il terzo romanzo della saga, mentre il secondo è La fata carabina.
Ogni libro è comunque indipendente, per cui non serve aver letto anche gli altri.

L’impatto con La prosivendola tuttavia non è stato dei migliori: ho provato a iniziarlo due volte, fermandomi entrambe a poche pagine dall’avvio, per riprendere il cimento in tempi recenti, stavolta motivato a terminare il testo.

C’è l’ho fatta, ma con una certa lentezza e poco entusiasmo.

Ecco la trama de La prosivendola: Benjamin Malaussène riceve una notizia poco gradita, ossia il venturo matrimonio della sorella minore Clara con un uomo enormemente più vecchio di lei, Clarence di Sant'Inverno. 58 anni dell’uomo contro i 18 della ragazza: normale che il fratello maggiore non veda la cosa di buon occhio.

La questione sembra esser messa da parte quando l’uomo, direttore di un carcere, viene brutalmente assassinato, nello stesso carcere, ma si riapre nel momento in cui Clara dichiara di essere incinta… e soprattutto quando Benjamin rimane vittima di un attentato, che sembra essergli stato fatale, cosa che farà reagire i suoi numerosi cari in modi diversi.

La fidanzata Julie, in particolare, sembra trasformarsi in una sorta di vendicatore mascherato, che uccide tutti quelli che reputa colpevoli della morte dell’amato.

La prosivendola è certamente un testo vivace: è vivace l’eloquio di Pennac, ricco e colorato, ed è vivace la trama, piena di eventi, più o meno grotteschi e più o meno credibili. Di fatto siamo di fronte a una mistura tra una commedia e un giallo.

Tuttavia, se devo essere onesto, si tratta di una mistura che non mi ha appassionato, che anzi mi ha lasciato indifferente e che ho portato a termine più per dovere che per piacere.

Anche la lettura de Il paradiso per gli orchi, a suo tempo, non mi fu immediata: iniziato, interrotto, ripreso e poi terminato. La differenza con La prosivendola è che, alla fine della fiera, il primo mi è piaciuto più del secondo libro, che a dire il vero per larghi tratti mi ha annoiato, da cui la valutazione mediocre. 

La prosivendola a parte, evidentemente Pennac non mi è molto congeniale come scrittore.

Fosco Del Nero


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Titolo: Lo scrittore mago.
Scrittore: Loretta Sebastianelli.
Genere: saggistica, scrittura.
Editore: Uno Editori.
Anno: 2018.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Sarò sincero: ho acquistato Lo scrittore mago, testo saggistico di Loretta Sebastianelli, esclusivamente perché l’ho visto in vendita a 1 euro in un negozio online presso il quale stavo già effettuando un ordine.

I due motivi aggiuntivi che mi hanno spinto all’acquisto sono stati il titolo, il quale faceva intendere un processo di scrittura originale, e anzi dalla tendenza interiore e profonda (unitamente all’editore, che si occupa di crescita personale) e il fatto che l’argomento della scrittura mi interessa per definizione, essendo io stesso uno scrittore.

Forse quest’ultimo punto è stato quello decisivo per farmi valutare Lo scrittore mago in modo non troppo elogiativo, nel senso che ho trovato scontati quasi tutti i contenuti dell’opera, nonché tendenzialmente mentale-cerebrale lo stile e l’energia di fondo.

Nel dettaglio, le citazioni di cui l’autrice si avvale a completamento del suo discorso confermano questo secondo punto... come dico sempre, parafrasando un noto proverbio: "dimmi chi citi e ti dirò chi sei".

Il sottotitolo, che prometteva una “guida pratica al processo alchemico per trovare la tua vera voce creativa” l’ho trovato piuttosto eccessivo e, in definitiva, il testo non fa che elencare alcuni punti, corredandoli di alcune argomentazioni ed esercizi, spesso banali i primi e i secondi.

Ma forse, sarò sincero anche qui, sono eccessivamente critico nei confronti dell’opera recensita, dal momento che probabilmente essa si rivolge a chi non hai mai scritto, o lo ha fatto in modo incerto, e non a chi di libri ne ha già scritto una ventina… e che non ha alcun problema di struttura o di blocco creativo (almeno, finora).

In effetti, molti dei punti esposti li osservo anche io (compreso il principio della “creatività all’interno di una struttura”)… il che vuol dire che li apprezzo e li ritengo validi.

Diciamo che dai suddetti titolo e sottotitolo, nonché dalla pubblicazione dell’editore in questione, mi attendevo un’opera davvero “magico-alchemica”, cosa che Lo scrittore mago assolutamente non è… pur essendo probabilmente utile a livello di consigli e di sprone per i neofiti della scrittura.

In questo caso, l’autrice mi perdoni di aver valutato il testo dal mio punto di vista.

Fosco Del Nero


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Titolo: Asutra - Ciclo di Durdane 3 (The asutra).
Scrittore: Jack Vance.
Genere: fantascienza, avventura.
Editore: Euroclub.
Anno: 1973.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Dopo aver letto Il mondo di Durdane e Il popolo di Durdane, era scontato che giungesse anche la recensione di Asutra, il terzo e conclusivo romanzo del Ciclo di Durdane, scritto da Jack Vance all’inizio degli anni “70.

Purtroppo, se i primi due romanzi, pur se privi della profondità (interiore, coscienziale, spirituale) che personalmente vorrei vedere in qualunque testo, quale che sia il suo genere letterario, erano risultati dinamici e gradevoli, Asutra risulta solo dinamico e perde la freschezza dei primi due libri.

In verità, sembra più che altro una conclusione un po’ raffazzonata di quello che viceversa era cominciato come un ciclo avente una sua integrità e un suo fascino: in Asutra, invece, si perde praticamente tutto, con le cose che si fanno dispersive e davvero poco convincenti.

Ecco la trama sommaria di Asutra: dopo aver spodestato l’Anome (primo libro) e dopo aver scongiurato la minaccia dei Roguskhoi (secondo libro), Gastel Etzwane decide di andare alla fonte del problema, cercando di scoprire chi minaccia l’umanità di Durdane. Scopre che sono gli Asutra, una razza aliena capace di connettersi con un “ospite” orientandone il comportamento. Ci ha provato con l’umanità, e ancora prima ci aveva provato con la razza dei Ka, vivente in un altro pianeta.

Se il primo romanzo aveva come elemento centrale gli intrighi di palazzo e la strategia operativa, mentre il secondo la strategia bellica contro i barbari invasori, il terzo si dedica ad astronavi, viaggi spaziali e combattimenti… un calo netto di qualità che onestamente non mi sarei atteso.

Ma forse, banalmente, Vance non sapeva come far proseguire il ciclo oppure era intenzionato a chiuderlo il prima possibile. Lo stesso finale di Asutra lascia il tempo che trova, col personaggio che, ancora una volta, sembra non sapere cosa fare della propria vita.

Insomma: bene il primo, bene il secondo, male il terzo.
Questo potrebbe essere il giudizio sintetico sul Ciclo di Durdane di Jack Vance, il quale è un buon autore quando indaga l’aspetto psicologico e sociologico dei personaggi e dei mondi che crea, ma che scivola nella mediocrità più assoluta quando si dedica all’azione e al mero dinamismo.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il popolo di Durdane - Ciclo di Durdane 2 (The brave free man).
Scrittore: Jack Vance.
Genere: fantascienza, avventura.
Editore: Euroclub.
Anno: 1972.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui


Il popolo di Durdane è il secondo romanzo del Ciclo di Durdane, di Jack Vance.
Se ho letto anche il secondo libro è stato per due motivi: il primo è che il primo romanzo, Il mondo di Durdane, mi è piaciuto; il secondo è che avevo la trilogia completa in un unico tomo… 

… una cosa molto comoda quando il primo libro ti piace, ma decisamente meno intelligente se l’acquisto non è stato azzeccato.

Con Jack Vance non dico che si va sul sicuro, ma quasi, per cui l’acquisto è andato in porto con buon esito.

Veniamo a Il popolo di Durdane: Gastel Etzwane, messo da parte l’Anome e acquisito in qualche modo un potere quasi assoluto, si dedica anima e corpo alla ristrutturazione delle forze di Shant al fine di debellare la pericolosa minaccia dei Roguskhoi, una misteriosa popolazione fisicamente molto dotata e caratterialmente molto distruttiva, che devasta, uccide e stupra in ogni luogo.

Egli sarà così alle prese sia con le periferie dello stato, spesso poco inclini a partecipare all’azione militare, sia con i giochi di palazzo, tra tradimenti e presunti tali.

Il romanzo è lungo come il suo predecessore, appena una decina di pagine in più, e la cosa non probabilmente casuale. Vance è dinamico e caratterizza bene… ma senza esagerare.
Anche i suoi contenuti sono interessanti… ma senza esagerare.

Il pubblico cui si rivolge è un pubblico curioso, discretamente colto e di ampie vedute… ma nulla di più.

Anche i suoi romanzi, o quantomeno quello che ho letto finora, compreso il Il popolo di Durdane, si presentano di buon valore, pur senza arrivare allo stato dell’arte o all’opera particolarmente profonda.

Vance, come autore, sa comunque il fatto suo.

Chiuderò la trilogia con Asutra, il terzo e ultimo libro del Ciclo di Durdane.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il mondo di Durdane - Ciclo di Durdane 1 (Anome).
Scrittore: Jack Vance.
Genere: fantascienza, avventura.
Editore: Euroclub.
Anno: 1971.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Era da molto che non leggevo nulla di Jack Vance, scritto di fantascienza/fantasy che ho apprezzato molto da ragazzo, soprattutto per via di due romanzi L'ultimo castello e La fiamma della notte.
Di lui ho recensito anche Fuga nei mondi perduti e Naufragio su Tschai (il primo romanzo del Ciclo di Tschai), ma con minor entusiasmo.

Ho interrotto il digiuno con Il mondo di Durdane, primo libro del Ciclo di Durdane, trilogia composta anche da Il popolo di Durdane e Asutra.

Il genere si muove tra fantascienza e fantasy: tecnicamente rientreremmo in tutto nella fantascienza, tra vecchia Terra, nuovi pianeti, varie tecnologie, però l’atmosfera generale ha qualcosa del fantasy.

Ecco la trama: lo stato di Shant è retto dall’Anome, altrimenti chiamato Uomo senza volto, dal momento che non se ne conosce l’identità e governa tutto quanto dall’anonimato, con una serie di collaboratori che ne eseguono ciecamente gli ordini.

Il protagonista della storia è Gastel Etzwane, che prende questo nome all’interno del popolo dei Chiliti, una delle tante micro culture di Shant. Figlio di una sorta di prostituta e di un famoso musico itinerante, il quale tuttavia ne ignora l’esistenza, egli rifiuta il suo “destino” tra i Chiliti e fugge… divenendo prima egli stesso un musicante e poi finendo per acquisire più potere di quanto avrebbe mai pensato, o desiderato.
Di mezzo, la grave minaccia dei Roguskhoi, un’etnia umana barbara e crudele che devasta, uccide e violenta tutto quel che trova.

Il romanzo, pur non particolarmente lungo con le sue circa 170 pagine, copre un ampio arco temporale, visto che si parte col protagonista bambino e si termina col protagonista giovane uomo… un giovane uomo ambizioso, a modo suo.

L’ambientazione è credibile e accattivante, per quanto non eccessivamente descritta e strutturata, e gli eventi interessanti.
I personaggi forse non sono caratterizzati al meglio, ma se la cavano, e la valutazione generale de Il mondo di Durdane è positiva…

… tanto che certamente mi leggerò anche il secondo libro del Ciclo di Durdane, ossia Il popolo di Durdane (cosa che non feci per il Ciclo di Tschai, che non mi interessò a sufficienza nel primo libro).

Fosco Del Nero


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Titolo: L’erede scomparso – Sherlock Holmes 8 (The lost heir – Sherlock Holmes Solo Mysteries).
Scrittore: Gerald Lientz.
Genere: librogame, giallo.
Editore: E.L.
Anno: 1988.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Gli ultimi due librogame della serie Sherlock Holmes sono tra i più belli della collana: il settimo è Intrigo a Buckingham Palace, mentre l’ottavo e ultimo è L’erede scomparso, scritto da Gerald Lientz, il “boss” della collana Sherlock Holmes, l’autore che non a caso ha aperto e chiuso la collana.

L’aveva aperta, per la memoria, con Omicidio al Diogenes Club, e l’ha chiusa per l’appunto con L’erede scomparso, un librogame che somiglia al primo nel suo proporre due scenari investigativi e non solo uno, proprio come era capitato al primo esponente della collana.

Il primo è una partita a golf per capire se uno dei due giocatori bara; il secondo scenario è una misteriosa eredità, misteriosa nel senso che l’identità del beneficiario è in dubbio e si son presentati all’appello ben cinque individui, di cui ovviamente quattro impostori.
Spetta a noi, amico e collaboratore di Sherlock Holmes, portare luce nel doppio mistero, con la solita consulenza a distanza del noto investigatore inglese.

Se la struttura di gioco è simile a quella degli altri libri, con indizi, deduzioni e decisioni, ne L’erede scomparso c’è una novità: la presenza della tabella investigativa, utile a interrogare i cinque pretendenti all’eredità. Una novità piacevole, devo dire, e ben studiata.

Per il resto il libro è ben scritto, ben congeniato e anche piuttosto realistico.
Nel complesso, L’erede scomparso di Gerald Lientz è una più che degna chiusura per la serie Sherlock Holmes. Ma in generale tutti i libri scritti da Lientz per la suddetta collana sono buoni, con l’eccezione del solo Watson sotto accusa, sotto tono rispetto ai suoi dirimpettai. Tra gli altri, da evitare invece Lo smeraldo del fiume nero; escluso quello, tutti gli altri meritano la lettura.

Fosco Del Nero


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Titolo: L’ultima battaglia - Le cronache di Narnia 7 (The last battle).
Scrittore: Clive Staples Lewis.
Genere: fantasy, avventura.
Editore: Mondadori.
Anno: 1956.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Con L’ultima battaglia ho concluso la letture de Le cronache di Narnia di Clive Staples Lewis, saga composta da sette romanzi, scritti in un arco temporale piuttosto ristretto (dal 1950 al 1956).
Li riporto nell’ordine di lettura generalmente consigliato, ch’è differente dall’ordine di scrittura:
7. L’ultima battaglia.

Personalmente, il mio gradimento è stato piuttosto altalenante: maggiore nei primi romanzi e inferiore nei seguenti. Fortunatamente, l’ultimissimo rappresentante, almeno dal mio pounto di vista, è tornato su livelli buoni, sia a livello della narrazione sia al livello del simbolismo.

Ecco la trama sommaria: a Narnia regna il Re Tirian, pronipote di Caspian, ma presto egli è costretto ad affrontare una fortissima crisi: la scimmia Cambio convince l’ingenuo asino Enigma a indossare una pelle di leone che i due avevano rinvenuto casualmente. Di seguito, lo convince a impersonare Aslan, il leone-dio, e a comandare sugli animali di Narnia con l’inganno.
Egli giunge a stringere un accordo con gli abitanti di Calormen, allo scopo di soggiogare l’intera Narnia spartendosi potere e guadagni… fino a che Tirian non invoca gli “aiutanti terrestri”: stavolta giungono in soccorso Jill ed Eustachio, i quali s’adopereranno per aggiustare le cose… cosa alquanto difficile poiché nel mentre è intervenuto anche Tash, una sorta di demone contrapposto ad Aslan.

L’ultima battaglia è altamente simbolico, e certamente Lewis non lo ha scelto a caso come conclusione della saga: lo scimmione Cambio è una sorta di falso profeta-anticristo, capace di ingannare i più (tra l'altro la figura della scimmia pare accennare alla mente e quindi all'ego); la lotta tra narniani e calormeniani è una sorta di armageddon finale; segue poi la distruzione della Terra e una sorta di giudizio universale, secondo il quale “uno viene preso e l’altro lasciato”; viene infine rivelato che la Terra e la materia non erano altro che una copia sbiadita del vero reame, quello spirituale-celeste-paradisiaco, al quale possono accedere per l’appunto solamente quelli che son pronti e adatti.

In pratica, L’ultima battaglia è una sorta di rivisitazione fantasy e narrata dell’Apocalisse di Giovanni… il che non mi è dispiaciuto affatto, anche perché l’aspetto simbolico, ben presente nei primi romanzi del ciclo, si era poi andato dileguando, tanto che i romanzi centrali della saga risultavano discretamente trascurabili (e come concetti e a volte anche come narrazione).

Son dunque contento di aver concluso Le cronache di Narnia di Clive Staples Lewis, e di averlo fatto con un testo degno della saga; una saga non irrinunciabile, ma valida, soprattutto in riferimento all’infanzia (per gli adulti, per larghi tratti è molto semplicistica).

Fosco Del Nero


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