Scrittore: Riccardo Bertani, Stefano Dallari.
Genere: epopea, fantastico.
Editore: Verdechiaro Edizioni.
Anno: 2012.
Voto: 6.5
Dove lo trovi: qui.
Lo sciamano ci parla è un libro certamente particolare e raro, dal momento che, grazie alla traduzione di Riccardo Bertani, e al contributo culturale di Stefano Dallari, propone nientemeno che un poema antico della terra dell’Altaj, che sarebbe un territorio della russa asiatica siberiana meridionale vicino a Kazakistan e Mongolia.
Il poema in questione porta il titolo di Maaday Kara, e si basa, in questa sua versione italiana, sulla versione originale di Aleksei Gregorevic Kalkin, poeta locale soprannominato “l’Omero dell’Altaj”, che nel 1979 mise insieme le tradizioni orali antiche di molti secoli, che lui stesso aveva sentito raccontare fin da bambini dagli anziani del posto.
Maaday Kara è peraltro anche il nome del protagonista, o almeno di uno dei protagonisti: il primo, positivo, è lui; il secondo, negativo, è il suo nemico Kara-Kula; il terzo, positivo, è suo figlio Koghjudej-Merghen.
Senza dimenticare anche la presenza femminile: Altyn-Targa, la moglie di Maaday Kara; Kara-Taadi, la moglie di Kara-Kula e perfida sciamana, figlia di Erlik, sorta di re dell’oltretomba; e Altyn-Kjuskyn, la moglie di Koghjudej-Merghen.
Il poema, relativamente breve e di agevole lettura, ha un’evidente valenza metaforica, tanto nei simboli (elementi della natura, animali, numeri, soprattutto il sette e il nove), sia nel suo rappresentare la vita dell’uomo, tra nascita, sviluppo, tentazioni, valori interiori, discesa negli inferi (come una sorta di Divina Commedia ante litteram) e vittoria finale.
Il tutto accompagnato da alcune illustrazioni in bianco e nero e dipinti a colori (di Alfonso Borghi), e tra i due ho preferiti i primi, decisamente più affini all’energia del poema.
Devo dire di aver gradito abbastanza Lo sciamano ci parla, che poi non è altro che il poema Maaday Kara con l’aggiunta di poche pagine di presentazione all’inizio (tanto che vien da chiedersi come mai il libro non sia stato presentato direttamente come la traduzione del Maaday-Kara), che è scivolato via con semplicità e piacevolezza, grazie anche a una traduzione parimenti scorrevole.
E le vicende di Maaday Kara e del figlio Koghjudej-Merghen, che poi sarebbero le guide del popolo dell’Altaj contro le forze del male, si fanno seguire bene.
Anche se, devo dire la verità, mi sarei aspettato qualcosa di più esistenzial-spirituale e di meno epico-letterario.
Viceversa, l’opera si è fatta valere soprattutto su questo secondo versante, ma va bene anche così.
Nel caso vi ispiri un viaggio in un luogo e in un tempo che altrimenti difficilmente visiterete, buona lettura.
Fosco Del Nero
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