Titolo: La foresta dei mitago (Mitago wood).
Scrittore: Robert Holdstock.
Genere: fantasy, avventura, sentimentale.
Editore: Mondadori.
Anno: 1984.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.
Avevo buone aspettative per La foresta dei mitago, sia per la fama del libro in sé, sia per la buona nomea di Robert Holdstock, colui che lo ha scritto nel 1984, il quale peraltro mi era nuovo come autore, dal momento che non avevo mai letto niente di lui.
Tuttavia, ahimé, le speranze sono andate tutte deluse, e anzi il libro mi ha in buona parte annoiato, tanto che senza una discreta dose di perseveranza non sarei arrivato alla fine delle sue 310 pagine.
Andiamo a tratteggiare la trama de La foresta dei mitago, ma non prima di aver detto che si tratta di un fantasy anomalo, oscillante tra avventura, sentimenti, mitologia: Stephen Huxley torna nella casa di famiglia dopo aver svolto il servizio militare, e vi trova suo fratello Christian; il padre invece, un uomo distante e misterioso, era morto nel frattempo, mentre la madre era deceduta tempo prima. I due dunque si ritrovano da soli, alle prese con i misteri di Ryhope Wood, il bosco che circonda la loro casa: un bosco teoricamente non troppo ampio, ma che si rivela molto più grande di quel che sembra, che pare muoversi come un’entità vivente, da cui escono fuori periodicamente degli esseri mitici, risalenti a tempi immemori, o forse a energie umane di tipo collettivo: archetipi, più che creature viventi normali.
Dopo poco tempo dall’inizio della storia, Christian scompare nel bosco, e Stephen non ne sa più nulla, fino a che, tempo dopo, non decide di partire in esplorazione insieme all’amico Harry Keaton; quel che vi troveranno dentro sarà sorprendente, e anche difficile da affrontare.
È luogo comune che Robert Holdstock, nel redarre il suo La foresta dei mitago, si sia rifatto alla teoria di C.G. Jung sull’inconscio collettivo, accanto al quale ha poi adagiato un’atmosfera boschiva e dal sapore celtico.
Il contenuto della foresta, e del libro stesso, opera certamente sul versante dell’inconscio del genere umano, ma altrettanto certamente vi aggiunge la proiezione delle energie della singola persona: la manifestazione che ne deriva è dunque in parte collettiva e in parte individuale, e il tutto come detto è servito in salsa celtica.
Se tale proiezione psichico-energetica è interessante come idea di fondo, e certamente ha attratto consenso a Holdstock, guadagnandogli i favori dei lettori fantasy più letterari e intellettuali, devo dire che a me, semplicemente, La foresta dei mitago ha annoiato.
Un po’ perché accanto all’originale idea di fondo non c’è nient’altro che il banalissimo cattivo che rapisce la donna col buono che corre a liberare l’amata; un po’ perché lo stile narrativo è pesante e indolente, privo di ritmo; un po’ perché l’autore indugia su personaggi e fatti a mio avviso privi di mordente.
Sembra quasi una trattazione accademia che non un romanzo… e infatti Holdstock era un cattedratico e un ricercatore (zoologia, medicina e altre scienze). Che dire, si vede.
Anzi, se devo essere sincero mi chiedo come possa La foresta dei mitago essere da alcuni inserito tra le fila degli eccellenti romanzi fantasy: forse ad alcuni basta una vocazione intellettuale per gridare al capolavoro, dimenticandosi di bellezza visiva, caratterizzazione dei personaggi, trama, significati interiori ed evoluzioni.
Ma va bene comunque: ad ognuno il suo.
Di mio, credo proprio che non leggerò mai più Robert Holdstock.
Fosco Del Nero
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