Il cammino del mago

Titolo: Il figlio dell’uomo (Son of man).
Scrittore: Robert Silverberg.
Genere: fantascienza, esistenziale.
Editore: Mondadori.
Anno: 1971.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Il figlio dell’uomo è il sesto libro di Robert Silverberg che recensisco nel blog... e questo nonostante a dire il vero lo scrittore statunitense non mi abbia mai fatto impazzire.
Nel senso che lo trovo, generalmente parlando, un discreto scrittore di fantascienza, che però per quanto mi riguarda non ha mai fatto il salto verso produzioni significative e importanti, rimanendo soprattutto uno scrittore di intrattenimento.

Ad ogni modo, tra i suoi libri recensiti mi son piaciuti discretamente Pianeta senza scampo,  Shadrach nella fornace e L’uomo stocastico (probabilmente il suo romanzo più famoso); sufficienza stretta per Base Hawksbill; insufficienza per Gli anni alieni… e per il Il figlio dell’uomo.

Questo peraltro è lo scritto più sperimentale di Silverberg, tanto che si stenta a riconoscerlo: tecnicamente è fantascienza, e anche piuttosto estrema, ma in realtà il testo ha una natura più psicologica ed esistenziale, e non mancano in esso riferimenti a questioni spirituali.

In tal senso, non mi ha sorpreso, alla fine del testo, trovarvi una citazione di Gesù, e precisamente un passo del Vangelo di Marco in cui si invita alla veglia… citazione che è essa stessa un invito al percorso esistenziale.

Ecco la trama sommaria de Il figlio dell’uomo: Clay si sveglia in un futuro remoto a dir poco, portatovi dal “flusso del tempo”. In tale futuro, l’umanità si è evoluta in tante forme, tante e non tutte esclusivamente umane. Anche quelle umane o umanoidi, comunque, hanno caratteristiche talmente strane che l’uomo fa fatica a riconoscere la parentela con l’umanità da lui conosciuta: abbiamo così gli Sfioratori, i Mangiatori, gli Intercessori, ossia umanoidi capaci di mutare forma e sessualità a piacimento, esseri dalle forme di rettili, e poi ancora uomini-capri e tanto altro ancora, in una sorta di fiera della bizzarria.
E anche della paura e dell’orrore, per il protagonista, il quale tuttavia può dedicarsi anche a qualche piacere, come le numerose unioni sessuali con i vari esseri mutasesso, che lo prendono in simpatia.

Queste in effetti sono le tre anime de Il figlio dell’uomo: una è fantascientifica, una è erotica, l’altra è psicologico-esistenziale.

Il tutto però è mal amalgamato, non eccelle in niente e, anzi, personalmente ci ho messo davvero tanto a terminare quello che in realtà è un romanzo di dimensioni medio-piccole, segno che evidentemente non mi ha catturato.

In effetti, questo tra i romanzi di Robert Silverberg che ho letto è quello che mi è piaciuto di meno, nonostante come tematiche proposte è quello che avrebbe potuto interessarmi di più.
Ma è tutto davvero troppo fumoso e sconclusionato per risultare efficace.
Peccato. 

Fosco Del Nero


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