Titolo: I segreti delle antiche carte geografiche.
Autore: Claudio Piani, Diego Baratono.
Genere: saggistica, cartografia, geografia, storia.
Editore: Albatros.
Anno: 2011.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.
Il libro recensito quest’oggi è decisamente particolare, visto il suo genere.
Punto primo: è un testo di saggistica, e fin qui nulla di strano.
Punto secondo: è un testo sulla cartografia, e in particolare sulla cartografia del periodo a cavallo tra la fine del XV° secolo e l’inizio del XVI° secolo.
Dunque, il periodo della scoperta delle Americhe.
Il cui anno ufficiale è il 1492 e con il nome delle Americhe che riecheggia quello di Amerigo Vespucci, uno dei primi viaggiatori ad arrivare nel Nuovo Mondo.
Uno dei primi, ma non il primo, secondo la storiografia ufficiale; laddove il primo sarebbe stato ovviamente Cristoforo Colombo.
Ma allora, perché le Americhe non portano il suo nome, ma quello di Amerigo Vespucci?
E perché molte carte di pochi anni dopo (tra cui quella del 1507 di Martin Wandseemuller) sembrano essere già così incredibilmente precise riguardo alcuni tratti costieri, come se alle spalle vi fosse una precisa e lunga mappatura… o come se vi fossero precedenti conoscenze geografiche?
Ma poi, il nome delle Americhe deriva davvero da Amerigo Vespucci, o da qualche altra assonanza?
Queste sono le domande che si pongono i due autori de I segreti delle antiche carte geografiche, Claudio Piani e Diego Baratono, col libro che è il frutto di una ricerca di molti anni su questi temi.
Sarò sincero come sempre: mi attendevo che il libro mi annoiasse parecchio (preciso, per chi se lo chiedesse, che non lo ho comprato io), o almeno in parte in certi tratti, e così è stato… anche se molto meno di quanto mi sarei atteso.
La prima parte del testo, in particolare, rispecchia in pieno la passione dei due autori per gli argomenti in questione, che in parte si riflette nel lettore, coinvolto come forse di più non si sarebbe potuto senza essere appassionati dell’argomento (sul quale, si viene a scoprire, esistono anche forum in cui scrivono i vari ricercatori).
Ok, è una passione bizzarra, ma in fin dei conti c’è chi è appassionato di calcio, chi di cinema, chi di francobolli… e chi di antiche carte geografiche.
Il parere che riporto è dunque un parere da lettore “semplice”, non addentro dunque alla tematica in questione.
Alle tematiche, meglio, visto che abbiamo visto che sono essenzialmente due: il perché di alcune mappe e la loro datazione, e il nome delle Americhe.
A mio avviso, il primo dilemma è più importante e decisivo, laddove il secondo (la tesi di fondo è che il nome America non derivi da Amerigo, ma da Maria) non lo è affatto (in fin dei conti, cosa cambia per noialtri da dove derivi il nome di un continente, di un’isola o di un fiume?), se non, forse, nella ricerca delle conoscenze già disponibili in ambienti religioso-esoterici (con la figura stessa di Maria che è ricollegata a culture e culti ben precedenti al cristianesimo, fino all'Iside babilonese, effige da cui peraltro è stata tratta tra le altre cose la statua della libertà franco-newyorkese citata nello stesso testo; e questa non è una ricerca portata avanti dal libro, ma un mio commento).
Ad ogni modo, I segreti delle antiche carte geografiche va avanti per 250 pagine, arricchite peraltro da numerose immagini di antiche carte, mappamondi, dipinti, foto, etc (che sarebbe stato il caso di stampare a colori piuttosto che in bianco e nero, cosa che non è stata fatta suppongo per questione di costi).
La prima parte del libro è quella che mi ha interessato maggiormente, mentre la seconda, oltre che avermi annoiato un po’, mi è parsa anche meno convincente come tesi di fondo e indizi a sostegno.
Curiosamente, anche lo stile di scrittura del testo mi è parso difforme nelle sue parti, forse perché i due autori si sono dati il cambio alla macchina da scrivere, tanto che una parte del libro mi è sembrata linguisticamente più brillante dell’altra (ma comunque il libro è scritto bene in generale, altra cosa che lo sostiene nonostante l’argomento un po’ ostico).
In definitiva, il giudizio finale è una mediana sufficienza, dovuta al fatto che, al di là del parere personale sulle due tesi di fondo, Claudio Piani e Diego Baratono sono riusciti nel difficile intento di interessare almeno in parte un lettore qualunque e non avvezzo a tali élitarie tematiche.
Gli appassionati della cartografia o di quel periodo storico avranno dunque un libro che li interesserà… mentre per gli altri probabilmente non si poteva fare di più.
Fosco Del Nero
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