Il cammino del mago

Titolo: Le ali notturne (Wings in the night).
Scrittore: Robert Ervin Howard.
Genere: fantasy, sword and sorcery, horror.
Editore: Newton Compton.
Anno: 1932.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


Breve antologia di uno dei più grandi maestri della narrativa fantastica (di quella con la “F” maiuscola, tanto per intenderci, non la roba commerciale troppo spesso esaltata più del dovuto), cioè Robert E. Howard (dai più ricordato come il padre di Conan il barbaro).

Nel libro di riferimento, troviamo protagonista il secondo dei più famosi personaggi nati dalla penna del triste autore americano (morto suicida a poco più di trenta anni), cioè l’implacabile e itinerante Solomon Kane.

Otto racconti per un viaggio nel regno dell’esoterismo, tra boschi oscuri o piane africane, il tutto raccontato con il talento visionario e truculento di un autore che è specializzato nel catturare l’attenzione del lettore appassionato di occultismo.

Il limite dei racconti, forse, sta in alcuni dialoghi che sembrano più appropriati per un fumetto, piuttosto che per un’opera narrativa, ma questo fa parte di R.E. Howard, quindi prendere o lasciare…

Veniamo ai racconti.
L’antologia si apre con un gioiello che non ho mai visto pubblicato in antologie horror e che, a mio avviso, è tra i più bei racconti che mi sia capitato di leggere: sto parlando di Ali notturne.

La storia si svolge nei territori selvaggi della savana, con Kane che sta fuggendo da una tribù di cannibali. Giunto in una radura, però, il pellegrino dovrà vedersela con creature ben più feroci: sono le arpie, uomini volanti che si cibano di maiali e carne umana.
Ha così inizio una lunga lotta per liberare la zona dalla maledizione dei demoni volanti, una lotta che si colora di sangue.

Di rilievo, seppure qualitativamente inferiore, è Hawk di Basti.
In questo episodio, il nostro paladino sarà chiamato a guidare un vecchio compagno di guerra alla conquista del trono di Basti (l’ambientazione, se non ricordo male, è caraibica).
I due, però, non dovranno solo piegare una tribù dedita al culto della luna, ma un sortilegio che fa assumere agli indigenti delle strane sembianze (niente a che vedere con i licantropi).
Ci vorrà la forza del voodoo per sottometterli e dar loro un re giusto.

È degno di menzione anche il brevissimo Lo scricchiolio delle ossa, ambientato in una bettola isolata nella Foresta Nera (Germania).
Kane, nell’occasione, viene messo a dura prova da un noto delinquente francese, tale "Gaston il macellaio”, e da un locandiere pazzo.
A salvare il pellegrino è lo scheletro di un mago assassinato dal titolare del locale, ritornato d’improvviso alla vita mosso dal desiderio di vendetta.

Tra gli altri testi, tutti comunque affascinanti per stile e scenografie (anche se alcuni troppo brevi per imprimersi nel cervello del lettore), citerei Teschi sulle stelle (conosciuto anche come La palude) e La mano destra del giudizio.

Il primo è una ghost story che vede all’opera, ancora una volta, uno spettro in cerca di vendetta. Chiunque penetra nella brughiera infestata va incontro a morte sicura.
La mattanza avrà termine solo dopo l’intervento di Kane, abile a svelare il mistero per il quale il fantasma uccide chiunque gli capiti a tiro.

Il secondo, invece, è il testo più bizzarro e simpatico del lotto: un negromante, condannato alla pena capitale, come ultimo desiderio chiede che gli sia mozzata una mano. Accontentato dalle guardie, compie un sortilegio e guida la mano fino a compiere la sua ultima missione: una vendetta.

Completano l’opera Ombre rosse (la meno fantastica tra le frecce scoccate da Howard, a parte per le magie ju-ju che impreziosiscono i molti duelli a colpi di spada tra Kane e gli avversari) e i brevissimi, lunghezza di una pagina, Il ritorno di sir Richard Greenville e I neri cavalieri della morte.

In definitiva siamo al cospetto di un libro, e più in generale di un autore, Robert Ervin Howard, la cui lettura è obbligatoria per chi ambisce a divenire uno scrittore di fantastico ed è, invece, caldamente consigliata a chi ama le atmosfere esoteriche.
Il racconto che dà il titolo all’antologia, ripeto, è un’autentica perla.

Matteo Mancini


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